La Stampa, 21 ottobre 2023
La strage dei pedoni
La strage di pedoni sulle strade italiane – al 15 ottobre siamo già a 341 morti -, nei suoi numeri impressionanti non riesce a rendere la vastità di un dramma nazionale. Forse può servire, con tutti i distinguo del caso ma con occhio al diverso impatto delle due tragedie, metterla a confronto con stragi propriamente dette, come quelle neofasciste fra il 1969 e l’80: 135 vittime da piazza Fontana alla stazione di Bologna, 350 mettendoci anche quelle del terrorismo rosso, numeri comunque lontanissimi dall’ecatombe silenziosa di passanti che fatica a far notizia e contro la quale nulla si fa. Uno stillicidio quotidiano di gente inerme ammazzata sulle strade, ma percepito come tributo inevitabile alla civiltà dell’auto.Invece questi dati elaborati dall’Associazione sostenitori polizia stradale (Asaps) sono terribili, oltre che per la frequenza di un decesso ogni venti ore, anche perché evidenziano una netta progressione negli ultimi quattro anni: c’è un rialzo costante e sensibile, dai 409 del 2020 ai 471 dell’anno successivo, fino ai 485 dell’anno scorso; 62 vittime in più nel primo intervallo che diventano addirittura 114 fra il 2021 e il 2022. La tendenza negativa arriva dopo che, nel periodo immediatamente precedente, si era assistito a un calo sensibile: dalle 612 vittime del 2018 alle 534 del 2019, fino alle 409 del 2020. Poi la nuova impennata, che non sembra destinata ad esaurirsi: le 341 vittime accertate a metà ottobre lasciano chiaramente intendere che a fine anno saremo di fronte a un nuovo incremento. Tanto più che l’anno scorso, dicembre si era rivelato il mese più mortifero, con quaranta croci fra gente che si muoveva a piedi, indifesa. Dicembre 2023 è ancora da venire, ma i segnali sono tutti scoraggianti.Quanto alla geografia dell’eccidio di pedoni, il primato quest’anno spetta al Lazio, con 57 morti. A seguire la Campania con 40, la Lombardia con 39, il Veneto e l’Emilia-Romagna con 31. Difficile rinvenire un motivo per cui nel Lazio si muoia due volte di più che in Sicilia, dove le vittime sono 25, fatto sta che la zona bassa della classifica è occupata dalle regioni più piccole (e anche meno popolate), con una singolare abbondanza di quelle a statuto speciale: in Friuli Venezia Giulia “solo” cinque morti, nella provincia autonoma di Trento tre, in quella di Bolzano due, fino all’unica morte registrata in Val d’Aosta (dato che accomuna anche Molise e Basilicata).C’è poi l’età delle persone decedute, per cui il rapporto Asaps individua negli anziani i soggetti più indifesi fra chi viene ammazzato a piedi: ben 172 vittime avevano più di 65 anni, quasi la metà del totale. In sedici casi poi i passanti investiti avevano meno di 17 anni, fra adolescenti e bambini piccoli. Il capitolo delle cause vede sempre al centro i soliti motivi: la distrazione di chi guida, spesso causata dall’uso del cellulare, e l’uso di alcolici, di stupefacenti o di entrambi. Nell’analisi dei dati del 2022, Asaps si era soffermata su 22 casi di ubriachezza e su dieci di assunzione di droghe da parte del conducente. Se non bastasse, c’è anche un buon numero di episodi, 42, in cui il responsabile della morte si è dato alla fuga senza prestare soccorso. Fra le cause, come si diceva, molto ricorrente la distrazione provocata dal nostro compagno più inseparabile, lo smartphone: il 25% dei decessi è conseguenza, sempre secondo Asaps, «dell’uso indiscriminato del cellulare alla guida, soprattutto nella messaggistica istantanea e nelle dirette sui social network».Percentuale tanto più incredibile se si pensa che tutti i veicoli prodotti da diversi anni a questa parte sono muniti della tecnologia necessaria per comunicare premendo sullo schermo acceso sul cruscotto. Ma se entrambe le mani del guidatore sono impegnate a mandare messaggi dal telefonino, si capisce bene come l’incidente sia dietro l’angolo.Il nuovo codice della strada ha stabilito sanzioni severe, da quelle pecuniarie – da un minimo di 165 euro a un massimo di 661 -, alla sospensione della patente da uno a tre mesi in caso di recidiva entro due anni dalla prima ingfrazione. Non proprio un deterrente spaventoso, e infatti i morti continuano a crescere. —