La Lettura, 21 ottobre 2023
Sulla dipendenza dal digitale
L’«immobilismo», fisico ed emotivo, è la piaga dei nostri giovani, che vivono in uno stato di apparente quiescenza pronta a sfociare in manifestazioni depressive o violente dietro alle quali si cela l’incapacità di immaginare il futuro e di costruire relazioni.
A parlare di «pensiero corto» e «sterilizzazione emozionale» è Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze al Fatebenefratelli di Milano, che vede nell’avvento preponderante del digitale, conseguente alla pandemia, un acceleratore sia dello svuotamento emozionale sia dell’impoverimento di interrelazioni, con ripercussioni serie soprattutto nei ragazzi. Secondo uno studio condotto dall’Irccs Stella Maris di Pisa e Ausl di Bologna, promosso dal Consiglio dei ministri e dall’Istituto superiore di Sanità, si stima che in Italia siano almeno 700 mila gli adolescenti che rischiano di sostituire il reale con l’irreale virtuale perché dipendenti da internet, social e videogame.
«Il mondo digitale è per molti l’unico luogo dove esserci, lo spazio per alleviare sofferenze e incertezze; ma così i ragazzi, inconsapevolmente, rischiano di diventarne dipendenti. La progressiva riduzione della socializzazione, associata alla diminuzione delle relazioni affettive e di esperienze tipiche del percorso di crescita, sono fenomeni in continuo aumento, come la ricerca narcisistica della notorietà virtuale, che poi non è altro che il tentativo, disperato e profondamente sbagliato, di abbattere la solitudine», spiega Emi Bondi, presidente della Società italiana di Psichiatria. La «dipendenza da digitale» genera effetti simili a quella delle droghe: «Sono coinvolte le stesse aree cerebrali e gli stessi neurotrasmettitori, dopamina e serotonina. Tra i sintomi più diffusi ci sono forme di stress e astinenza associate all’utilizzo (e non) dei dispositivi, l’abitudine a mentire, la perdita di controllo e di altri interessi e, in alcuni casi, anche disturbi ossessivo-compulsivi o da deficit di attenzione e iperattività», conclude la psichiatra.