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 2023  ottobre 19 Giovedì calendario

Intervista a Barbara Palombelli

Auguri a Barbara Palombelli, che aveva 15 anni nel ’68 e che oggi compie 70 anni. Giornalista di carta stampata (L’Europeo, Panorama, Corriere, Repubblica, di nuovo Corriere), di radio e di televisione in Rai e in Mediaset, oggi su Canale 5 e Rete 4 con Forum, testimone di un’Italia che è cambiata, ma non abbastanza. Con lei ripercorriamo le tappe di una generazione.
Emozionata, si festeggia?
«Mai festeggiato, mai spento le candele, neppure a 18 anni e neppure questa volta, mai fatto per me; poi per gli altri, i figli, si fa».

Scaramanzia?
«Non credo, è che la festa obbligata mi mette malinconia. Anche quando ci siamo sposati con Rutelli eravamo in 4, alle 8 del mattino: non dipende dall’età».
Partiamo dal ’68, che faceva?
«Lavoravo, ho iniziato a 15 anni, in seconda liceo scientifico. Il pomeriggio facevo la segretaria di una scuola di danza: volevo essere autonoma, mio padre diceva: “Se vuoi la libertà, te la devi conquistare”».
Ma intanto intorno a lei c’era un mondo in tumulto.
«Certo, intorno a me c’erano Giuliano Ferrara e Paolo Mieli che non erano ancora direttori di giornali, erano ragazzini che giocavano a fare la rivoluzione al liceo come me. Io ero sempre quella più piccola, quella che li inseguiva. Una volta ricordo che proprio inseguendo Giuliano Ferrara a Valle Giulia sono capitata in una delle aule dove il fratello di mia nonna, che era architetto, stava facendo lezione. Io mi buttai dalla finestra, sempre seguendo Giuliano. Un salto di due metri. Ci siamo anche divertiti».
Un ’68 allegro e leggero.
«I primi anni era così. Però i grandi ci dicevano: se volete parlare, documentatevi...».
Non un ’68 da 6 politico?
«No, quello viene dopo. All’inizio era il Movimento degli studenti. Ecco, la cosa più bella per me è scoprire che le persone con cui ho passato quel periodo sono ancora le persone che amo. Non ci sono fratture ma una continuità che mi tiene compagnia, mi conferma anche che ho vissuto una bella vita».
E all’università?
«Anche lì lavoravo, facevo ricerche per la Rai: facevamo il lavoro che oggi fai con un clic su Google. Poi quando è morto mio padre, che era un agente di cambio, e ci siamo ritrovate senza una lira, il marito di Ida Magli, Adriano, che era professore ma anche vice direttore di Radio 2, mi ha segnalato insieme ad altri per un contrattino Rai».
Poi arrivò il giornalismo.
«Quello c’è sempre stato, a sei anni facevo giornaletti e li vendevo ai familiari. Poi da ragazza sono andata a bussare a tutti i giornali, Espresso, Repubblica, Corriere, mi sono presentata dicendo: “Mi piacerebbe scrivere”».

Comunque, a fine anni ’70 la carta stampata.
«Nel ’79 sono arrivata all’Europeo. Ma il giorno più bello della mia vita professionale è stato quando sono entrata in via Solferino per firmare il contratto di inviata al Corriere con Ugo Stille. Ho portato a Milano anche mia madre: mi aspettava al bar sotto. Gli anni ’90 invece li ho fatti a Repubblica, mi sono molto divertita, con Di Pietro, Berlusconi: andavano fatti lì, era come stare al cinema».
Tanta tv e tanti giornali. Qual è la differenza?
«La tv mi è sempre sembrata una cosa molto facile. La carta stampata richiede più fatica. Quando Gianni Letta mi invitò la prima volta a Italia domanda a intervistare Andreotti, mi sono detta: fai una domanda e via. Pensavo che la tv fosse un modo per accendere la luce sulla tua firma».
Una domanda e via, però deve essere quella azzeccata!
«Sì, e siccome arrivai in ritardo feci la domanda suggerita dal tassista: “Onorevole, dove lo trova il tempo pe fa’ i libri?”. E mentre i colleghi facevano tutti quei pipponi, io chiesi quello che si domandava la gente a cena».

Amori pochi ma buoni, ha scritto nel suo libro «Mai fermarsi». Ricorda il primo?
«Me lo ricordo benissimo anche perché mi ha insegnato un sacco di cose, è funzionario della Camera, un cervello brillantissimo: con lui ho imparato i segreti delle leggi. Anche Francesco, mio marito, l’ho conosciuto per caso, un amico comune mi chiese di dargli una mano per Radio radicale: dopo una settimana eravamo a vivere insieme, lui allora era senza casa... stasera dormo qui, e poi è rimasto, sono quasi 44 anni».
Un fulmine durato una vita.
«Non so come mai. Eravamo persone diverse, lo siamo ancora. Forse il segreto è rimanere se stessi. Anche se l’equilibrio è difficile, la sensazione, se vuoi tirare una riga, è che io mi sono fatta un grande c... Però nei momenti in cui non ero in prima linea ho fatto anche passi indietro. Penso sempre che c’è anche un’altra cosa che puoi fare. Bisogna avere piani A, B, C... io ho piani fino alla Z. Adesso per esempio sto lavorando a un canale tematico su Salute e Benessere, sarà il mio prossimo step».
Come vede le donne oggi?
«Benissimo quelle di 20-25 anni; un po’ meno quelle sui 40-45 perché molte hanno fatto delle rinunce grosse per la carriera e quindi avrei voluto dire a ognuna di loro: “Non vale la pena, occupatevi anche della vita privata”. Faccio una grande campagna per la crioconservazione degli ovuli: penso che sia una cosa importante far nascere i bambini, a me piacciono molto, quest’estate sono arrivati due nuovi nipotini. È una società fatta di singoli. Io continuo a pensare che quello che ci unisce, con Francesco, è il fatto di pensare che insieme possiamo cambiare le cose».
Rimpianti?
«Rifarei tutto. Io me la sono proprio costruita la mia vita, perché da ragazzina cercavo di leggere, di fare, di andare al cinema, di stare a sentire: ho sempre avuto il culto delle persone grandi quindi a 18 anni frequentavo Edda Ciano, Paolo Stoppa, Eduardo De Filippo, Moravia».

Un privilegio avere Roma come scenario...
«La mia famiglia è qui da 500 anni, io non riesco a immaginarmi da un’altra parte».