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 2023  ottobre 19 Giovedì calendario

Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto di It’s Only Rock ’n’ Roll – Le mie avventure on the road con i Rolling Stones di Chet Flippo (Caissa Italia Editore, 208 pagine, 22) che ruota intorno alla controversa tournèe americana del 1975


Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto di It’s Only Rock ’n’ Roll – Le mie avventure on the road con i Rolling Stones di Chet Flippo (Caissa Italia Editore, 208 pagine, 22) che ruota intorno alla controversa tournèe americana del 1975. Il volume esce oggi 20 ottobre, lo stesso giorno di «Hackney Diamonds», l’atteso nuovo album dei Rolling Stones

22 settembre, 1977 Quel giorno andai a cena con Mick. L’oaccasione fu data dall’imminente uscita del doppio album Love You Live e dal desiderio degli Stones di pubblicizzare la cosa. Su richiesta di Mick, andammo al Davide K’s, un ristorante cinese alla moda nella zona più lussuosa di 3rd Avenue nell’Upper East Side di Manhattan. Mick fu puntuale e di piacevole compagnia. Durante la cena parlammo dell’album e poi ordinammo delle birre e ci intrattenemmo a chiacchierare del più e del meno. Quando gli feci la domanda d’obbligo se quello fosse l’ultimo album degli Stones a causa dell’arresto di Keith e tutto il resto, Mick rise sollevato. «Ah, cazzate – rispose – vedi, potrei dirti: Sì, è l’ultimo, faresti meglio a comprarlo. Non ce ne saranno più. Ricordo di aver detto la stessa cosa a mio padre quando Little Richard si ritirò dalla musica. Cercai di farmi dare i soldi dal mio vecchio per prendere il disco... gli dissi: Richard si è ritirato. Questo è l’ultimo disco. Devo prendere questo disco. Dammi sette scellini e sei pence perché non farà più dischi. Al che mio padre disse: Sono proprio contento che si sia ritirato. Non te li do i soldi per comprare quella robaccia!». Mick rise con affetto a quel ricordo. «Ricordi quando Richard gettò i suoi anelli nel fiume? Fu allora, fu quello il momento in cui cercai di farmi dare i soldi per comprare il suo ultimo singolo». «Beh – dissi – per quanto riguarda lo status degli Stones, sembra che abbiate raggiunto un pianoro di alta montagna, e che da lì possiate guardare in lontananza e decidere cosa fare dopo. Non ci sono pressioni e...» Mick mi interruppe. «No, no, ci sono un sacco di pressioni.» «Interne o esterne?» «Su entrambi i fronti» disse, facendo segno al cameriere di portarci altra birra. «Come ben sai, questa è una domanda provocatoria. Ci sono pressioni all’interno della band perché vogliamo lavorare e fare la miglior musica possibile. Poi ci sono pressioni dall’esterno perché abbiamo promesso che avremmo fatto sicuramente altri album quattro nuovi album e li faremo. Li farò, sai. Gli inglesi sono fatti così, sono gente bizzarra. Quando un inglese dà la sua parola è quella, e così via. Ed è così che funziona. Non è una battuta. Non ha niente a che vedere con i soldi. O meglio, alla fine tutto si traduce in soldi, però nessuno di noi si preoccupa principalmente di fare soldi». «Perciò non morireste di fame se il disco non dovesse vendere?». Mick scosse insofferente la testa. «No, non hai capito cosa intendo dire. Nessuna delle pressioni ha a che fare con i soldi». «Con l’immagine, allora?». Si fece ancora più insofferente. «No, quella non mi interessa. La mia immagine pubblica non mi interessa. Non so cosa la gente si aspetti da me. Come posso saperlo? Cerco soltanto di fare la miglior musica possibile. Senza voler essere scortese nei confronti di chi acquista dischi, non sono loro che mi spingono a scrivere canzoni. Faccio del mio meglio, ma non lo faccio pensando consciamente: Wow, lo faccio per il mio pubblico. So che c’è chi lo fa. È un concetto dello show-business ormai superato. Sono sul palco. Faccio del mio meglio per il mio pubblico. Non credo, a torto o a ragione, senza voler essere scortese, di avere l’obbligo di fare del mio meglio nei confronti del pubblico. Il primo obbligo è ovviamente verso me stesso o la mia integrità e deve essere così perché altrimenti come posso valutare ciò che il pubblico vuole veramente? Non posso sapere del mio pubblico più di ciò che quel cameriere laggiù sa di quegli stupidi americani che continuano a urlare per avere dei cucchiai. Cucchiai!». Mick sorseggiò la sua birra e lanciò un’occhiataccia agli americani. «No – continuò – il primo obbligo è verso sé stessi, verso la propria coscienza o come la si voglia chiamare. Non deludere te stesso. Puoi essere una delusione agli occhi degli altri, sai, dei tuoi colleghi, dei tuoi amici, dei musicisti e via discorrendo, così come puoi deludere anche in altri contesti. Ma non puoi mai sapere cosa gli altri si aspettano da te. E le loro aspettative cambiano continuamente. È una scopata in continua evoluzione, la gente, non trovi?». «Ti preoccupi minimamente di ciò che i gruppi punk dicono di te?». Mick si rallegrò. «Ho le mie risposte punk. Ne ho a centinaia». «Beh, Johnny Rotten dice che avresti dovuto ritirarti nel 1965». «Beh, allora lui dovrebbe ritirarsi di certo l’anno prossimo. In Inghilterra è stato a Top of the Pops che per i Sex Pistols è una marchetta. È difficile per gli americani sapere cosa significhi Top of the Pops, ma è l’unico programma tv musicale pop e sottolineo pop e l’unico posto per i dischi da Top Twenty ed è anche il più banale... punta a un tipico mercato fighetto, gente con i capelli puliti e tutto il resto». «Gente che compra dischi». «Sì, che compra singoli. E quando i Sex Pistols sono andati a Top of the Pops, si sono svenduti. Adesso sono sulla copertina di Rolling Stone. Il che è una vera marchetta. Se io fossi Johnny Rotten, direi di no a tutti e due. Non farei Top of the Pops e direi a quelli di Rolling Stone di andare affanculo... Non mi interessa cosa dice Johnny Rotten. Tutto quello che dice Johnny Rotten di me lo dice soltanto perché mi adora perché sono troppo bravo. È vero». Mick ghignò come solo una rockstar inglese egocentrica di un metro e settantotto con tredici centimetri di labbra di gomma può ghignare.