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 2023  ottobre 19 Giovedì calendario

Periscopio


Al Jazeera: «Bombe israeliane su ospedale a Gaza, 200 morti». Tel Aviv replica: «Lancio fallito di Hamas». [O peggio: riuscito]. HuffPost.
In un breve video, il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) ha dichiarato che «un’analisi dei sistemi operativi dell’IDF indica che una raffica di razzi, sparata da Hamas a Gaza, è passata in prossimità dell’ospedale Ahli a Gaza nel momento in cui è stato colpito». timesofisrael.com
Abdesalem Lassoued, l’attentatore di Bruxelles, era già noto per attività terroristiche alle autorità tunisine e a quelle del Belgio. Nel 2020 la sua domanda d’asilo era stata respinta, e lui «era sparito dai radar». Non è più stato possibile rintracciarlo. Solo alle 8.00 di martedì mattina (13 ore dopo l’attentato) i poliziotti belgi lo hanno «neutralizzato» dopo che aveva scorrazzato tutta la notte con un kalashnikov. Dagospia.

Ogni attacco terroristico ha le sue radici. Perché Hamas è arrivato al punto di perpetrare queste azioni? Bisogna capire le ragioni del terrorismo. Serve un lavoro di ricerca. Patrick Zaki, neolaureato in «women’s and gender studies» all’Università di Bologna.

Hamas è come l’Isis. Joe Biden, oggi a Tel Aviv.
Intere famiglie uccise a sangue freddo, corpi decapitati anche di bambini: la differenza con Isis è che con Isis uccisioni e decapitazioni avvenivano in diretta, ma in questo caso non era possibile. (…) Donne violentate, portate in giro seminude col sangue che scorreva sulle loro gambe a testimoniare la violenza subita. Considerate come «sex slaves», schiave sessuali, com’è tipico dell’Isis. Chi conosce quel mondo capisce che questi atti abominevoli derivano da una comune interpretazione violenta dell’Islam che ritiene legittimo uccidere gl’«infedeli». (…)Hamas è come Isis anche per le sue ambizioni che non sono soltanto quelle di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana ma di «governare il pianeta» come ha detto in questi giorni uno dei comandanti di Hamas. Roger Abravanel, Corriere della Sera.

Mentre i terroristi di Hamas massacravano civili ebrei alle feste e nei kibbutz, a Teheran gli ayatollah dipingevano bandiere israeliane a terra perché chiunque potesse calpestarle, ma [senza sempre ottenere] l’effetto sperato. Allo stadio, i tifosi del Persepolis hanno invitato un addetto alla sicurezza che provava a srotolare sulla loro testa una gigantesca bandiera palestinese a «infilarsela dove non batte il sole». Cecilia Sala, il Foglio.
Durante la Guerra dei sei giorni (1967) l’Urss di Leonid Breznev dichiarò Israele nemico del progresso e braccio esecutivo dell’imperialismo americano. I polacchi la interpretarono per quel che era: la riduzione d’Israele a nemico dell’umanità e, più precisamente, la riduzione del sionismo alla più nociva delle ideologie, equiparabile soltanto al nazismo. Potete immaginare come se la passarono gli ebrei polacchi in quei mesi. Mattia Feltri, La Stampa.

Durante il nostro soggiorno a Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa, mentre percorrevamo le vie principali o origliavamo le conversazioni ai caffè, era ovunque evidente il piacere che gli ebrei della Diaspora traevano dall’esistenza d’uno Stato ebraico. Mordecai Richler, Quest’anno a Gerusalemme, Adelphi 2002.
«In questi giorni l’unica polizza assicurativa per Israele sono gli Stati Uniti». Lo scrive Haaretz in un durissimo articolo contro Netanyahu, in cui si sottolinea come ci siano voluti ben cinque giorni per formare un governo d’emergenza, mentre ancora non è stato cacciato l’estremista Itamar Ben Gvir. Il governo «ha ignorato gli avvertimenti dell’establishment della difesa» mentre «portava avanti il suo golpe», incalza Haaretz riferendosi alla contestata riforma della giustizia. iltempo.it
Se in Polonia finirà con l’uscita di scena dei sovranisti, per Giorgia Meloni sarà un colpo duro. Molto duro: il secondo dopo quello spagnolo dove i suoi amici di Vox alle ultime elezioni iberiche si sono sgonfiati, passando la mano al premier socialista Sanchez. La stessa identica scena molto probabilmente si ripeterà a Varsavia. Roma guarda a queste due esperienze come a un presagio di sventura. Amedeo La Mattina, Linkiesta.

La posta in gioco, nell’Europa dei risorgenti autoritarismi come negli Stati Uniti in cui il golpista mancato Donald Trump è deciso a prendersi la sua rivincita, non è ormai niente di meno che il futuro della democrazia, e in ultima analisi la pace stessa. Francesco Cundari, Linkiesta.
Pessimo giocatore di poker, ogni volta che «l’Occidente collettivo», come lo chiama lui, mugugnava di fronte ai suoi colpi di mano – annessione della Crimea e occupazione del Donbass nel 2014, massiccio intervento in Siria nel 2015, intervento dei mercenari della Wagner nella Repubblica Centrafricana, in Libia e in Mali – Putin rilanciava, e i nostri governanti mollavano, dopo vaghe proteste o sanzioni di poco conto, continuando a rimpinzarsi del suo gas e del suo petrolio e finanziando cosí in modo diretto le campagne di destabilizzazione contro se stessi. Ma a Putin manca la principale qualità del bravo giocatore di poker: saper valutare l’avversario, decifrarlo. Incapace persino di comprendere gli spiriti liberi del proprio Paese, non ha mai capito niente degli occidentali. Jonathan Littell, L’aggressione russa, Einaudi 2023.
È iniziato un nuovo capitolo della guerra, ha detto il consigliere presidenziale ucraino Podolyak parlando dell’uso dei missili a lungo raggio Atacms forniti all’Ucraina dagli Stati Uniti. repubblica.it
Accade, nel gioco [televisivo] delle parti, che Elena Basile [ex ambasciatrice o forse no] menta: «Io credo in un giornalismo che non fa spettacolo», e che Formigli dica la verità: «Lo spettacolo stasera lo sta facendo lei... Speriamo ci aiuti negli ascolti». [Ma] non è allora, che Basile se ne va. [Basile lascia lo studio, indignata,] solo dopo che Formigli ha detto «Voglio chiudere con Mario Calabresi», cioè solo quando capisce che stanno chiudendo quel pezzo di trasmissione, che manca un minuto e il gran gesto ora o mai più. (…) Se ne va, come gli amanti crudeli, quando non ha più niente da perdere. Formigli le urla «è stato un piacere», come gli amanti che si scoprono usati. Guia Soncini, Linkiesta.
La Finanziaria. Meloni: «Ogni promessa...» Giorgetti: «... è a debito». Emilio Giannelli, Corriere della Sera.
Se non siete nessuno e volete sentirvi qualcuno, fate politica. Roberto Gervaso.