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 2023  ottobre 19 Giovedì calendario

Fellini e l’intelligenza naturale

Come verrebbe accolto Federico Fellini dalla cultura che ha creato il metaverso, e si serve sempre di più dell’intelligenza (e della fantasia) artificiale, e più in generale ha sdoganato la virtualità del vivere a scapito delle imprevedibilità della vita? L’abbiamo chiesto a numerosi protagonisti della filiera cinematografica a ridosso dei 30 anni dalla scomparsa del maestro riminese, che ricorreranno il 31 ottobre, perché crediamo che di Fellini ci sia sempre bisogno: anche della sua assenza, in quanto l’unicità di quella poetica non è mai stata sufficientemente circoscritta da altre categorie (la dimensione onirica, il grottesco, la surrealtà) fino a generare l’aggettivo “felliniano”.ALGORITMI«Oggi per fare un film s’interrogano gli algoritmi, ancorché il progetto sia stato proposto da un artista affermato: in tal modo tutti siamo qualcuno e nessuno, contemporaneamente», dice Gianmarco Tognazzi. «In questo contesto anche i grandi artisti del passato faticherebbero a fare dei film, Fellini in testa: se una volta l’industria del cinema era composta da produttori veri che, investendo il proprio denaro, si concedevano il lusso di promuovere i geni, oggi si pensa solo ai risultati immediati». In effetti anche Fellini aveva interrogato gli “algoritmi” dei suoi tempi, cioè sensitivi e cartomanti che gli avevano consigliato di abbandonare Il viaggio di G. Mastorna (il film in cui Ugo Tognazzi sarebbe stato protagonista) perché “portava male”, ma secondo Gianmarco, oggi, il maestro riminese non sarebbe più tutelato per colpa della mancanza di una vera politica culturale. «Mio padre per anni ha continuato a esprimere il rammarico per quell’occasione perduta, ma perlomeno si era trattato di un no fra persone reali, mentre se i nostri tempi non riescono più a riconoscere i Fellini, e il pubblico è meno disposto a vedere certi film, la responsabilità è di chi non mette in atto delle politiche culturali capaci di tutelare i maestri del passato, e quelli che verranno. A livello produttivo, ma anche di formazione del pubblico».
«L’artista vero ce la fa sempre», sostiene Andrea Occhipinti, produttore dal 1987 con la sua Lucky Red, «uno come Fellini sarebbe capace di usare l’intelligenza artificiale come fosse un alchimista, asservendola alla propria poetica. E gli algoritmi li manderebbe in tilt». In effetti Fellini aveva già accolto senza pregiudizi le rivoluzioni del suo tempo, realizzando alcuni spot pubblicitari «un po’ come facevano gli artisti del Rinascimento che non avevano paura di dover rispondere a una committenza: i grandi riescono sempre a superare gli ostacoli, come i registi iraniani bypassano costantemente la censura interna, realizzando dei film comunque politici». Secondo Occhipinti, tuttavia, «bisogna anche dire che oggi, a volte, i produttori danno troppa libertà agli autori affermati perché c’è l’abitudine a rincorrere i modelli che hanno già avuto successo, mentre il successo arriva quasi sempre dal nuovo: questo per dire che il Fellini affermato potrebbe farsi produrre qualsiasi cosa, mentre il Fellini giovane probabilmente rimarrebbe sconosciuto».
Anna Falchi, che nel 1992 lavorò a fianco di Paolo Villaggio in uno spot della Banca di Roma diretto da Fellini, pensa addirittura che «oggi gli algoritmi s’ispirerebbero a lui, per andare a scuola di fantasia: Federico, infatti, non scriveva, improvvisava e modellava il mondo. Con lui avevo girato a Bracciano in una location tutta fiorita che solo dopo una settimana avevo scoperto essere finta. Fellini è stato il mio pigmalione, e di tanti altri giovani. All’estero, per fortuna, ci conoscono non solo per la pizza e il mandolino, ma soprattutto per il genio del Maestro», aggiunge ridendo.
INCOMPRESO«Ho conosciuto Fellini a Cinecittà mentre stava girando Ginger e Fred, e io ero assistente volontario di Mario Monicelli per il film Le due vite di Mattia Pascal», ci racconta il regista Riccardo Milani. «Allora le salette di montaggio erano confinanti, in barba alla privacy: in quei lunghi corridoi ci s’incontrava tutti. Sull’onda di momenti di euforia o di rabbia, ci si faceva delle confidenze, un po’ come i clienti di un bar finiscono per raccontare la propria vita al barman. Un giorno, scambiando due parole con Fellini, avevo percepito tutte le pressioni che doveva subire anche in quegli anni. Insomma, Fellini doveva lottare per fare un film, esattamente come succederebbe oggi: del resto chi cerca di esprimere i propri sogni con onestà ha sempre fatto e sempre farà fatica ad imporsi».
I BAMBINIIl 19 agosto 2021, nella sua Rimini, è stato inaugurato il Museo Fellini. «Siamo aperti da soli due anni, ma chi ci viene a trovare spesso esce dal percorso museale con l’aria stupita, talora sentendo il bisogno di condividere le proprie emozioni con le maschere, o in biglietteria, a dimostrazione che Fellini, tutt’oggi, ha una capacità evocativa molto forte», ci dice il direttore Marco Leonetti. Oltre alle varie mostre temporanee (il 21 ottobre sarà inaugurata una rassegna di scatti inediti attraverso cui il fotografo Marco Pesaresi è riuscito a cogliere tutto l’amore della città di Rimini durante il funerale di Fellini), il museo lavora con le scuole primarie e secondarie: «Con i ragazzi più grandi approfondiamo la dimensione del sogno e dell’inconscio, mentre i più piccoli vengono coinvolti su quella ludico-circense. L’interesse è diffuso, ma sono proprio i più piccoli a dimostrare un grande entusiasmo, il che ci fa dire che il cinema di Fellini continua ad avere un futuro».