il Fatto Quotidiano, 16 ottobre 2023
Cosa mangiano le rock star
Il piatto era desolatamente vuoto. Altro che dolce. E il piccolo Adelmo, cucciolo della famiglia di salumieri Fornaciari, capiva che il nome del dessert, Chocabeck, era solo la beffa onomatopeica di un becco che picchia sulla stoviglia. Zucchero ci intitolerà un disco, dopo aver messo su una fattoria dalle parti di Pontremoli, dove si produce ogni ben di Dio: vino incluso. Il vitigno metafora del pentagramma: come ben sanno Sting a Figline Valdarno, Mick Hucknall dei Simply Red alle pendici dell’Etna, Gianna Nannini (la sua famiglia si adopera nella Certosa di Belriguardo sin dal 1348), ovviamente Al Bano e Andrea Bocelli. Più Dave Mustaine dei Megadeth, che si è dedicato all’enologia nelle Marche (stessa zona in cui si è stabilito Jonny Greenwood dei Radiohead, ma lui si concentra su olio e frantoi).
Bere bene per alzare la qualità della vita, per non dire del buon cibo. Ma come si fa quando passi l’esistenza sballottato da un albergo via l’altro, tra fusi orari che ti strapazzano l’intestino e le insensatezze gastronomiche del Paese in cui fa tappa il tour?
La stella del rock e del pop è un viaggiatore dentro un moulinex, se non ti metti al riparo cercando sicurezze – i rider, le richieste alimentari per il camerino – finirai con stomaco frullato e fegato spappolato. Però girare il mondo per concerti offre opportunità culinarie intriganti, e magari scopri che dall’altra parte del pianeta la tua gola trova casa. O, al contrario, una volta che rientri alla base e riponi la chitarra nel fodero, riscopri le tue radici, il Dna di una stirpe che, se italiana, ti garantisce delizie del palato. L’agile volumetto scritto dal giornalista musicale Luca Fassina (Spaghetti, Le rockstar a tavola: dagli AC/DC a Zucchero, Piccola Biblioteca Oligo) offre riflessioni “gustose”. I miti del r’n’r si dividono in due categorie: quelli che si strafogano fino al tilt gastronomico, e quelli che oscillano tra dieta salutista e hobby per la buona cucina. Tra i primi, spiccava Elvis, ghiotto di un paninaccio, il Fool’s Gold Loaf (burro d’arachidi, pancetta, confettura d’uva), da 8.000 calorie. I presleyani non ignorano che il Re fosse solito salire su uno dei suoi jet privati per farsi portare in giro per gli States a caccia dell’hamburger più saporito. Ancora, come dimenticare David Bowie, che durante le registrazioni di Station to Station, strafatto di coca ed ero, si nutriva solo con peperoni e latte freddo, due volte al giorno? Lasciarsi andare o tutelare spirito e corpo: se Freddie Mercury prediligeva pietanze speziate, ghiotto come era di pollo Dhansak, Brian May ha optato per la scelta vegana dopo il Covid. Alla carne hanno notoriamente rinunciato Morrissey, Brian Adams, Thom Yorke, Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers. E tra gli italiani Jovanotti, Red Canzian, Celentano, Anna Oxa e Franco Battiato, che sul tema scrisse perfino una canzone, Sarcofagia. Il compianto Stefano D’Orazio ricordava invece nella sua autobiografia di quando decise di emulare il produttore Tony Randazzo, che aveva intrapreso un digiuno biblico di 40 giorni e 40 notti. Il batterista dei Pooh si arrese dopo otto giorni, prostrato dai malesseri. Meglio contentarsi di quel che offre la strada.
John Corabi dei Motley Crue si sente in paradiso se vede l’insegna di un Autogrill: “In America sarebbero ristoranti a cinque stelle”. L’Italia patria e radice del gusto: Wolfgang Van Halen, leader dei Mammoth VHW e figlio del virtuoso della chitarra Eddie, sostiene che sua mamma Valerie Bertinelli lo esorti con un italianissimo “mangia!” prima di scodellare il tacchino della ricetta Arizona Gumbo. Di cui era goloso anche il papà, che si divertiva a far impazzire i promoter con lo scherzo leggendario delle M&M’s: nel suo camerino ne accettava di quasi tutti i colori, ma guai a trovarne una marrone! Bizzarrie da backstage? Chiedete a Mick Jagger: la prima fetta di una Sheperd’s Pie spetta senza eccezioni a Keith Richards, altrimenti il chitarrista va su tutte le furie. La Torta del Pastore (pasticcio d’agnello con verdure e puré) irrinunciabile per molti rockettari di punta: Ronnie James Dio si era costruito un pub casalingo per prepararla. Ma chi fra i big ha sangue tricolore parte avvantaggiato: Brian Johnson degli AC/DC conserva il ricordo struggente della pasta fatta in casa da mamma Esther, di Rocca di Papa. Vinny e Carmine Appice trovano la ricetta della felicità nei manicotti ripieni di ricotta della tradizione meridionale, Francis Rossi degli Status Quo non nasconde di quanto fosse complicato essere di un bambino di origini italiane in Inghilterra, con il prete irlandese che lo cacciava perché puzzava troppo d’aglio. Umiliazioni, certo, ma l’orgoglio dell’appartenenza resta. E se non diventi un masterchef, non è male vendicarsi da masterrock.