Corriere della Sera, 16 ottobre 2023
Il mercato delle polizze
Partiamo da questo dato: il territorio italiano per le sue caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche è uno dei più fragili d’Europa. Il 50% è esposto al rischio sismico, il 20% a frane e alluvioni. Su questa vulnerabilità di base si scatena pure la crisi climatica: i rilevamenti del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici mostrano che la probabilità di eventi estremi è aumentata in Italia del 9% in vent’anni. Ma il nostro Paese sembra sottovalutare i rischi che da un momento all’altro potrebbero mandare le famiglie in rovina. Vediamo perché.
Il rischio bancarotta
Banca d’Italia ha stimato il valore del patrimonio abitativo esposto a rischio alluvioni: quasi mille miliardi di euro, circa un quarto del totale. E il valore di un singolo immobile, quando si allaga, scende del 60%. «Considerando solo i danni subiti dalle abitazioni al piano terra – scrivono i ricercatori – la perdita annua attesa potrebbe arrivare a 3 miliardi di euro». L’area più a rischio è il Distretto del Po. La regione con la maggiore perdita annua attesa è l’Emilia-Romagna (0,71% del totale della ricchezza abitativa), seguita da Toscana e Liguria (0,5%). Le meno esposte sono Molise e Basilicata (0,05%). Se consideriamo che «la casa» costituisce il 50% del patrimonio lordo degli italiani, si fa presto a capire che un evento naturale estremo può spazzare via la sicurezza economica di chi quella casa la abita. All’alto rischio di frane e alluvioni va poi aggiunto quello – non legato direttamente al cambiamento climatico – del terremoto. Secondo lo studio di Antonio Coviello per il Cnr, il 78% delle abitazioni è edificato in zone a rischio idrogeologico o sismico. Tra il 2011 e il 2021, i danni subiti dal patrimonio immobiliare (privato e pubblico) ammontano a circa 50 miliardi. Con ricadute economiche che si scaricano sull’intero sistema Paese.
I più esposti e meno assicurati
Per ridurre i rischi sarebbe necessario assicurarsi. Ma quanto costa? Le polizze sulla casa sono generalmente «componibili», lasciano cioè all’assicurato la possibilità di aggiungere pacchetti. Il prezzo ovviamente varia a seconda del grado di rischio. Se volessimo proteggere contro terremoti e alluvioni un appartamento di 100 metri quadri del valore di 200 mila euro, incluso l’arredamento, stando a una simulazione realizzata per Dataroom dallo staff di Facile.it si parte dai 312 euro annui nell’hinterland milanese, ai 624 a Bari e 636 a Modena. Mentre a Belluno per esempio il prezzo della polizza può quasi raddoppiare a seconda della posizione della casa rispetto alla montagna. In pochi, però, scelgono di stipularla. Dalla ricerca di Swiss Re emerge che in Europa abbiamo il più ampio gap di protezione del valore dopo la Grecia. Su 35,3 milioni di unità abitative esistenti, appena il 5,3% è coperta contro le calamità. Oggi sul mercato italiano le polizze con «estensione alle catastrofi naturali» sono 1,7 milioni (erano 400 mila nel 2016). Se però andiamo a vedere, solo la metà copre tutti i rischi, mentre 579 mila fanno riferimento alla sola eventualità di un terremoto, e 291 mila sono per le alluvioni.
L’illusione del risarcimento
Negli ultimi anni il governo ha adottato qualche iniziativa per incentivare la popolazione ad assicurarsi contro le calamità. La più rilevante riguarda la norma che a partire dal 2018 elimina l’imposta fiscale sulle polizze e introduce la detrazione del costo del 19% ai fini Irpef. Ma allora perché le famiglie che possiedono una casa si espongono a un simile rischio? Pesa la convinzione, ampiamente diffusa, di avere diritto ad un risarcimento totale a carico delle istituzioni. In realtà non esiste alcuna legge che obbliga lo Stato a finanziare la ricostruzione delle proprietà danneggiate: gli stanziamenti non sono prestabiliti ma decisi di volta in volta, a calamità avvenuta e a distanza di anni. E comunque sempre minimi rispetto ai danni. Da un rapporto di Greenpeace stilato sui dati della Protezione civile, emerge che «tra il 2013 e il 2019 le Regioni hanno segnalato 20,3 miliardi di euro di danni causati da alluvioni e frane». Nello stesso periodo i fondi utili a tamponare l’emergenza stanziati dal governo in favore delle Regioni «ammontano a 1,8 miliardi, ai quali si devono aggiungere 561 milioni chiesti al Fondo di solidarietà europeo». In tutto, circa 2,4 miliardi. Un decimo dei danni totali.
Come funziona all’estero
In Italia l’unica assicurazione effettivamente obbligatoria è per chi accende un mutuo, e garantisce solo incendio e scoppio. Nel resto d’Europa le esperienze sono diverse e spesso coinvolgono lo Stato che, a seconda dei casi, assume iniziative che consentono di calmierare i prezzi. In Francia se si sottoscrive una copertura per incendio, la polizza tutela anche dalle c atastro phes naturelle s, comprese inondazioni, frane, terremoti, valanghe, ma le compagnie pagano solo dopo che il governo ha dichiarato lo stato di calamità. In ultima istanza, però, a difendere la sostenibilità del sistema sono gli stessi francesi: le compagnie hanno infatti il diritto di riassicurare il proprio portafoglio con la Caisse Centrale de Réassurance, garantita dallo Stato. In Spagna le assicurazioni finanziano il Consorcio, organizzazione statale che paga risarcimenti in caso di calamità naturali come inondazioni e incendi boschivi non coperti. In Svizzera, dove tutelarsi contro i danni da eventi naturali, escluso il terremoto, è obbligatorio in quasi tutti i Cantoni, le società sono riunite in un pool che applica tariffe uniformi, almeno per i principali danni di sua competenza.
Le soluzioni
Difficile prendere uno di questi modelli e applicarlo da noi. La Francia, ad esempio, non deve misurarsi con la frequenza di eventi sismici dell’Italia. E poi c’è il fattore «italianità», che incide. In un intervento di qualche anno fa, l’allora condirettore generale di Swiss Re, Gianfranco De Giusti, disse: «La Francia è un Paese più ordinato e centralizzato del nostro, dove le cose si fanno perché si obbedisce alle direttive. In Italia non obbedisce nessuno e pertanto è molto più adatta una soluzione a strati come quella della California, dove le compagnie si sono consorziate». Un paio di settimane fa il ministro Giancarlo Giorgetti ha lanciato l’idea di polizze che ricomprendano i rischi naturali assieme a quello di incendi, e di coinvolgere come garante Sace, la società controllata dal Mef. Non c’è dubbio che una regolamentazione vada trovata anche perché più persone si tutelano e meno costerebbe assicurarsi. Bisognerà tuttavia fare i conti con due ulteriori complessità. La prima: «I metodi tradizionali di valutazione del rischio idrogeologico – dice Roberto Passino, fondatore dell’Istituto Ricerca sulle Acque del Cnr, tra i massimi esperti del settore – non possono dare le stesse “semicertezze” del passato se applicati ai nuovi fenomeni causati dal cambiamento climatico. La variabilità delle aree interessate e della loro estensione, dell’intensità e durata dei fenomeni meteo, e l’insufficienza di significativi dati statistici finora raccolti, aggiungono ulteriore incertezza. Per superarla occorrono coraggiose scelte di cambiamenti metodologici e organizzativi, che privilegino la multidisciplinarietà, aiutando così gli italiani a ottenere una adeguata copertura assicurativa». Il secondo problema: in Italia il 15% delle costruzioni sono abusive, con picchi al Sud, dove fino a due anni fa la maglia nera spettava alla Campania (49 nuove case abusive ogni cento autorizzate), ma dall’ultimo rilevamento Istat ora in testa ci sono Calabria e Basilicata addirittura col 54%, mentre la Campania è salita al 50. È evidente che per arrivare a un accordo con le compagnie di assicurazione, dove lo Stato è il garante di ultima istanza, ci vorrà il coraggio politico di escludere dagli indennizzi gli immobili abusivi.