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 2023  ottobre 15 Domenica calendario

La lunga vita delle cicale

E se alla fine avesse ragione la cicala? A metà ottobre, passeggiando in città, la si sente ancora frinire. Di chiedere aiuto alla formica, in questa estate senza fine, sembra non sentire alcun bisogno. «No, non è normale» conferma Valerio Sbordoni, entomologo dell’Accademia dei XL e dell’Accademia nazionale di entomologia. «Anch’io ho sentito frinire una cicala stamattina, accanto a una strada trafficata di Roma. Mi sono chiesto a chi rivolgesse il suo canto, visto che in teoria la stagione degli accoppiamenti si è conclusa da tempo».
Il tempo, per gli insetti, ha in realtà un unico significato. Loro non seguono i mesi del calendario, sentono solo il meteo e la temperatura. Finché c’è caldo – e le temperature non scenderanno molto neanche dopo i temporali della prossima settimana – vanno avanti a nutrirsi, accoppiarsi, riprodursi. Quest’anno, frinendo e svolazzando, la giostra dei cicli vitali sta proseguendo più a lungo del solito.
Di questo passo, in realtà, la giostra finirà per non fermarsi neanche nei mesi invernali, anticipa Sbordoni: «Nelle città, dove la temperatura è più alta rispetto alla campagna, abbiamo insetti che riducono il loro periodo di latenza invernale a pochissimi mesi. La zanzara culex pipiens, quella tradizionale del nostro paese, sembra addirittura avviata verso la divisione in due specie, una cittadina e l’altra rurale. La zanzara di città può trascorrere l’inverno in cantine o altri luoghi riparati dal freddo a partire da novembre per poi tornare a deporre le uova con i primi tepori della primavera. La zanzara di campagna non riuscirebbe mai a sopravvivere senza andare in letargo». Anziché incontrarsi come i topi della favola, le due hanno iniziato a divergere lungo la linea evolutiva.
Come le simpatiche cicale, anche le vespe e i calabroni però si stanno godendo l’ottobrata. Gli avvistamenti e gli interventi dei vigili del fuoco restano all’ordine del giorno e il proliferare di varietà esotiche fa aumentare la paura. «Oltre ai calabroni che conosciamo da tempo, di recente sono arrivate altre due specie aliene dall’oriente» spiega l’entomologo romano, ex docente all’università di Tor Vergata. Il debordare degli insetti al di là dei mesi canonici del loro calendario sta diventando un problema sanitario. Le zecche per sfuggire al caldo si estendono in montagna. Portatrici di infezioni in alcuni casi serie, a questo punto dell’anno sono ancora diffuse nei prati. Se prima a quote superiori a 1.500 metri cisi sentiva al sicuro, ora sono arrivate anche lì, tanto che la Regione Veneto ha lanciato la campagna “Attenzione, animali pericolosi” rivolta a zecche e zanzare. Contro queste ultime ci ha messo in guardia anche l’Ecdc (European Centre for Disease Control), sulla scia di un aumento di infezioni tropicali come febbre West Nile, Dengue e Chikungunya trasmesse dalle punture di zanzara.
«Gli insetti che vivono a contatto con l’uomo in generale se la passano bene» spiega Sbordoni. Questo vale per mosche, zanzare, scarafaggi. «Ma gli altri si ritrovano in difficoltà». La siccità che indurisce i terreni, alternata a piogge improvvise che dilavano uova e larve nel suolo sono l’altra faccia del cambiamentoclimatico, che coccola e fa proliferare alcuni insetti mentre ne stermina altri.
Il declino delle api è l’emblema di questa situazione e uno studio uscito giovedì scorso su Science Advances individua nel caldo e nella distruzione dell’habitat campestre alcune cause della loro riduzione ai tropici, fatale per l’impollinazione di colture come caffè e cacao. L’Unione Europea nel frattempo non riesce a trovare un accordo né per bandire né per rinnovare l’autorizzazione di un erbicida diffuso come il glifosato, potenzialmente nocivo per le api. Sbordoni pensa che sia soprattutto la distruzione delle campagne a mettere sotto scacco gli insetti. «Gli agglomerati urbani sono ormai ovunque. Sembra che il declino degli insetti sia associato anche a quello di alcuni tipi di piante caratteristiche di boschi e campagne».
Il professore romano è una memoria storica soprattutto per quanto riguarda le farfalle. «Le osservo dai tempi del liceo. Tante specie che allora erano abbondanti oggi non si trovano più. Da due anni per esempio si sono ridotte drasticamente le zigene, piccole farfalle con le ali rosse che un tempo si raccoglievano a grappoli sui fiori. Le amo molto e sono andato a cercarle nei luoghi in cui usualmente le trovavo, ma senza successo». Anche da app come iNaturalist, in cui chiunque può condividere l’avvistamento di una specie vegetale o animale, si nota il declino di molte specie di insetti campestri. «Le misurazioni scientifiche sono difficili» conferma Sbordoni. «Ma il fenomeno è sotto agli occhi di tutti. È stato chiamato effetto parabrezza. Ognuno di noi ricorda di quando era ragazzino e percorrendo una strada di campagna il parabrezza si riempiva di moscerini. Oggi non accade più. Il declino degli insetti in campagna è un’esperienza comune».
Oltre agli insetti opportunisti, che approfittano della vita accanto all’uomo, restano dunque in auge le spensierate cicale. «A loro basta un po’ di verde e un fazzoletto di terreno. Non hanno bisogno di altro» racconta l’entomologo. «E se si tiene conto della fase larvale della loro vita, che dura in media 3 o 4 anni, ma può arrivare a 17 per alcune specie americane, ecco che diventano campionesse di longevità. Anche in questo sorpassando le formiche»