Corriere della Sera, 15 ottobre 2023
In morte di Rosetta Cutolo
Non può esistere Raffaele Cutolo senza Rosetta. Rosetta Cutolo non è stata una ancella, una gregaria. Rosetta Cutolo è stata l’organo pulsante della vita del fratello. La sua è un’esistenza tragica, di totale devozione a Raffaele.
Un fratello che decide di amare perché con lui condivide la miseria – erano figli di zappatori – e poi il riscatto: riscatto criminale.
Rosetta era abilissima nel ricamare, probabilmente una delle più brave sarte del Vesuviano, e questo talento suo fratello Raffaele lo saprà sfruttare. Quando finisce in carcere lei inizia a confezionare cappotti, camicie, pantaloni, giacche. Materiale che sottrae a una piccola azienda che produce vestiti: così permette la costruzione e il pagamento della prima cellula della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Il fratello inizia ad avvicinare gli affiliati delusi per i mancati pagamenti delle altre famiglie di camorra donando vestiti. I vecchi clan all’epoca di Cutolo, tra gli Anni ’70 e ’80, si fondavano su un elemento di trascuratezza. Gli affiliati si raccoglievano nel momento di crescita economica e si lasciavano andare in quello di crisi.
La trasformazione
Cutolo comprende che la camorra napoletana deve essere organizzata in modo diverso. Rosetta sarà anche in questo fondamentale, perché Raffaele Cutolo il suo impero lo costruisce in carcere. Finisce in cella per un reato disgustoso, per chi come lui si ritiene uomo d’onore. Ossia ammazza Mario Viscito, che non aveva nulla a che fare con la vicenda che aveva innescato la sua iniziale rabbia. Mentre sta correndo con l’auto di Rosetta rischia di investire una ragazza di 12 anni: lui la ritiene responsabile dell’incidente scongiurato e la schiaffeggia. Scatta così una rissa con il fratello, ma un uomo di 31 anni interviene per dividerli e Cutolo lo ammazza. Prende l’ergastolo. Rosetta gli è accanto nella decisione di uscire dalla minorità criminale nella quale finisce in carcere e partecipa al piano di trasformazione del fratello. Raffaele Cutolo passerà 50 anni in carcere. Tranne brevissime fasi di latitanza nelle quali riuscirà ad avere un figlio, Roberto, che verrà ucciso dalla ’ndrangheta negli Anni ’90 a Tradate (Varese). Rosetta Cutolo diventa così la figura operativa mafiosa più importante della storia criminale italiana. Ma non si sentirà mai un capo. Anche quando nell’81 un’operazione di polizia scova nel castello Mediceo di Ottaviano – che Cutolo ha comprato per far vivere nel posto più nobile del Vesuviano sua sorella – una riunione della Nco con politici locali: Rosetta è seduta a capotavola al posto dei maschi e trattata come un capo.
Don Giuseppe Romano, prete e confessore di famiglia, sarà molte volte indicato dagli inquirenti come sua guardia del corpo. Viene ferito a una spalla in un agguato nel 1985 dagli anti cutoliani mentre la trasporta da Napoli a Roma. Scaricano un intero caricatore sul suo corpo. Viene operato, è salvo. Ma qualche giorno dopo misteriosamente muore. In seguito al sequestro del castello, Rosetta di fatto vive come ha sempre vissuto, in modo umile. Gestisce i nipoti, figli di Roberto, ma non vuole che assumano incarichi criminali. Dopo qualche difficoltà accetta anche di accogliere Immacolata, la moglie di Raffaele: lei lo ha sposato senza averlo mai conosciuto fuori dal carcere, vedendolo solo in tribunale o in tv. Immacolata genererà una figlia con inseminazione artificiale, senza aver avuto rapporti con il marito al 41 bis: le darà il suo nome, Immacolata. È una donna che partorisce vergine e che innescherà tutta una serie di immaginari mitologici nella storia di Raffaele Cutolo.
Latitanza e resa
Rosetta Cutolo è una donna che vota tutta sé stessa all’uomo della sua vita: il fratello. Le piaceva comunicare un aspetto mite, fermo, ma non aggressivo. Lei si consegnerà alla polizia nel 1993, dopo aver vissuto in latitanza dal 1981. È proprio Cutolo che decide di farla consegnare, quando capisce che l’organizzazione è capitolata e la priorità è metterla al sicuro in carcere. Uscita da lì vivrà poi per sempre a Ottaviano, in una casa modesta. Giuseppe Marrazzo, nel libro capolavoro il Camorrista, si spinge a raccontare una sorta di rapporto d’amore quasi incestuoso tra Raffaele e Rosetta. Lei è anche a conoscenza della grande trattativa dello Stato per far liberare Ciro Cirillo dopo il rapimento delle Br. Trattativa tra Nco, brigatisti e Stato italiano. Cirillo conosceva tutto il sistema delle tangenti, la corruzione di politici, giornalisti, magistrati. Le Br lo sequestrano perché lo ritengono disposto a parlare al primo schiaffo. E così Cutolo è contattato per minacciare i terroristi, fare un accordo e liberarlo. Rosetta lo sa. Ma il fratello la protegge e non le dà i dettagli.
Quando Cutolo è latitante in molti sono convinti che la sua protezione sia gestita dai Servizi segreti in cambio della non confessione di Raffaele sul sequestro Cirillo. Lui non ha mai deciso di pentirsi e Rosetta Cutolo nemmeno. Tornata a Ottaviano, dopo dieci anni di carcere, rispetta una regola: non fa mai entrare nessun uomo in casa. Solo suo fratello Pasquale.
Muore con lei la Vecchia Camorra. Quella con alla base una sorta di welfare, di cui Rosetta era ossessionata. I soldi dovevano essere distribuiti ai bisognosi, alla chiesa, alle famiglie con figli disabili. Lei era convinta che solo la distribuzione della ricchezza potesse mantenere salda l’organizzazione. E infatti quando la Nco, che non investe tanto nel narcotraffico, si ritrova dopo la prima crisi del contrabbando di sigarette con una mancanza di liquidità, vedrà passare i suoi affiliati ai rivali... Ma lei non si ferma. Diventa per anni l’ufficio collocamento dell’area napoletana, ma anche campana, pugliese e lucana. Questo la rende una figura quasi venerata, cosa che non sopportava, infastidita da visibilità e fama.