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 2023  ottobre 15 Domenica calendario

IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - SE NE VA LA STREPITOSA PIPER LAURIE, 91 ANNI, TRE VOLTE CANDIDATA ALL’OSCAR – IL SUO ESORDIO A HOLLYWOOD GIOVANISSIMA, NEL 1950, COME FIGLIA DI RONALD REAGAN IN “LOUISE”, DIRETTO DA ALEXANDER HALL - E’ LÌ CHE PERDE LA VERGINITÀ, CON IL FUTURO PRESIDENTE USA CHE AVEVA ALLORA BEN 39 ANNI -  NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI DELLA SUA CARRIERA PASSA DA UN FILM ALL’ALTRO, L’ULTIMO È “COCAINE – LA VERA STORIA DI WHITE BOY RICK” - VIDEO -

Se ne va la strepitosa Piper Laurie, 91 anni, capelli rossi occhi castani, grande presenza sullo schermo, tre volte candidata all’Oscar, per “Lo spaccone” di Robert Rossen con Paul Newman giocatore di biliardo, per “Carrie – Lo sguardo di Satana” di Brian De Palma dove è la mamma cattivissima dai terribili capelli rosso fuoco di Sissy Spacek e per “Figli di un dio minore” di Randa Haines, primo film di una donna candidato agli Oscar. Ma il pubblico la amava soprattutto per aver preso parte a una serie di culto come “Twin Peaks” di David Lynch, ben 27 puntate.

Nata a Detroit nel 1932 come Rosetta Jacobs, si sposta ancora bambina a Los Angeles assieme alla famiglia per curare l’asma della sorella. A 16 anni la Universal la sceglie fra tante ragazzine che studiavano recitazione nelle scuole di Los Angeles, le cambiano il nome in Piper Laurie, che a lei, nelle interviste del tempo, sembra troppo simile a quello di Peter Lorre, le fanno un contratto di sette anni, 1000 dollari a settimana, e così fa il suo esordio a Hollywood giovanissima, nel 1950, come figlia di Ronald Reagan in “Louise”, da noi “Amo Luisa disperatamente”, diretto da Alexander Hall.

E’ lì, come ha rivelata nella sua autobiografia senza veli, che perde la verginità, a 18 anni. A fargliela perdere, guarda un po’, è proprio il futuro presidente, Ronald Reagan, che aveva allora ben 39 anni. Decisi a sfruttarla il più possibile, i geni della Universal le fanno fare quattro-cinque film alla volta, mettendola a lavorare anche 18 ore di fila, la mandano in gira per l’America, la portano in Corea dai soldati in guerra. Tra i suoi primi film alla Universal troviamo “Il lattaio bussa una volta” di Charles Barton con Donald O’Connor, “Francis alle corse” di Arthur Lubin, sempre con Donald O’Connor, ma soprattutto “Il principe ladro”, favolistico in Technicolor diretto da Rudolph Maté dove per la prima volta fa coppia con Tony Curtis.

La Universal lanciò Tony Curtis e Piper Laurie come una vera e propria coppia giovanile in Technicolor e li volle in altri tre film, tutti a colori ovviamente, “Non c’è posto per lo sposo” di Douglas Sirk, “Il figlio di Alì Baba” di Kurt Neumann e “Bolide rosso” di George Sherman. Alla brava ragazza dai capelli rossi di Detroit unì il fascino di Tony Curtis. I nomi, ricordava Piper Laurie al tempo, erano spesso storpiati.

Venivano fuori anche come “Piper Cub e Tony Martin”. Ma Piper Laurie fece coppia anche con altri belli del tempo, come Rock Hudson, in “Il capitalista” di Douglas Sirk e “La spada di Damasco” di Nathan Juran, o come Tyrone Power in “L’avventuriero della Louisiana” di Rudolph Maté o Rory Calhoun in “Alba di fuoco” di George Sherman o Dana Andrews in “Segnali di fumo” di Jerry Hopper. I piccoli film della Universal fecero di Piper Laurie una sorta di ragazzina prezzemolino ma focosa che aveva la grinta necessaria per recitare da pari a pari con i belli del tempo non turbando troppo i sogni degli spettatori.

Non cambia molto i suoi ruoli passando alla RKO per il film in 3D “Agente federale X3” di Louis King con Victor Mature. Alla fine del contratto, rompe con la Universal e con tutta Hollywood perché non riesce più a sopportare lo studio system e tutta questa massa assurda di film. “Se fosse rimasta a Hollywood mi sarei uccisa”, dirà, “o qualcuno lo avrebbe fatto per me”. Ha sempre sostenuto, inoltre, che non la vedevano neanche come una vera e propria attrice, ma come una proprietà. In un’intervista del 1957 si apre e dice che non ha amato nessuno dei film che ha fatto a Hollywood, non ha mai amato il suono del nome finto che le avevano dato, il fatto che sentisse che la gente rideva quando la menzionavano come attrice con quel nome. E sosteneva che il male di tutto era un contratto che aveva firmato quando era davvero troppo piccola per capire, solo 16 anni… “La Piper Laurie che lo studio aveva creato era completamente irreale, una creatura folle che faceva il bagno nel latte e mangiava fiori e posava da pin-up per i film con questi capelli rossi. Io non ho nessun rispetto per i film che ho fatto in quei sette anni. Non ho mai avuto una parte né realistica né credibile”.

A metà degli anni ’50, quindi, ripudia tutto quello che ha fatto prima e si rimette in gioco da attrice drammatica. Fa un po’ di televisione e torna in un film dove finalmente recita, “Quattro donne aspettano” diretto da Robert Wise, dove assieme a Jean Simmons, Joan Fontaine e Sandra Dee è una delle quattro ragazze neozelandesi che aspettano i mariti americani soldati in guerra. E uno è Paul Newman. Non è un capolavoro, ma è comunque un film accettabile diretto da un bravo regista di prestigio. Il suo vero, grande ritorno al cinema però è nel 1961 con “Lo spaccone” di Robert Rossen dove torna a recitare con Paul Newman da co-protagonista in un ruolo, quello di Sarah Packard che le frutterà una nomination agli Oscar. Il film, malgrado le nove nomination, ne vinse solo due, uno per la fotografia e uno per la scenografia. Ma lanciò come attori Paul Newman, che anche nei racconti di Piper Laurie, fino a quel momento, non credeva molto nelle proprie capacità attoriali, e George C. Scott.

Pur lanciatissima, tra la prima nomination agli Oscar e la dimostrazione del fatto che fosse una vera attrice, per seguire la famiglia, il marito Joe Morgenstern e la figlia appena nata, Piper Laurie si allontanò dal cinema per ben quindici anni, anche se accettò una serie di film per la tv. Piccole cose. Per rivederla su grande schermo dobbiamo aspettare fino al 1976, quando Brian De Palma le offre in “Carrie – Lo sguardo di Satana”, il ruolo della sua vita, quello della terribile madre fanatica religiosa di Sissy Spacek. Qualcosa di memorabile che lasciò davvero il segno. Anche perché il pubblico non si era certo scordato la massa di filmetti zuccherosi in Technicolor che la rossa Piper Laurie aveva recitato negli anni ’50 . E il suo ruolo in “Carrie” sembrò a tutti la vera vendetta dell’attrice contro il mondo di Hollywood che l’aveva così malamente sfruttata da ragazzina.

Come mamma cattiva, pronta per l’horror, Piper Laurie rientrò alla grande nel mondo del cinema. “Carrie” fu un grande successo e dette il via a tutta una nuova serie di film dove è la famiglia a creare il vero orrore. La ritroviamo così in “Ruby” di Curtis Harrington con Stuart Whitman, ma anche in film difficili, come “Tim – Un uomo da odiare” di Michael Pate con Mel Gibson giovane e bello in un ruolo da ritardato che tutti sfruttano e Piper Laurie scelta dal regista proprio dopo averla vista in “Ruby”. Nella sua autobiografia, Piper Laurie racconta che lei e Mel Gibson, malgrado i 25 anni di differenza ebbero una storia sul set.

Negli anni successivi, soprattutto dopo la separazione dal marito nel 1982, fa tanta tv, serie e film tv. Fra i rari film la ricordiamo come zia Emma in “Nel fantastico mondo di Oz” di Walter Murch, ma soprattutto in “Figli di un dio minore” di Randa Haines con Marlee Matlin e William Hurt, che la porterà per la terza volta alla nomination all’Oscar. Un film importante, anche perché fu il primo film diretto da una donna candidato al premio. Ma di tante nomination l’unico Oscar andò alla giovane interprete sordomuta Marlee Matlin. Negli anni ’80 ritroviamo Piper Laurie in film come “Appuntamento con la morte” di Michael Winner con Peter Ustinov, ma anche in film più marginali e originali come “Un piccolo sogno” di Marc Rocco, “Deviazioni” di Armand Mastroianni. Ma sarà il personaggio di Catherine Martell nella serie di culto di David Lynch “Twin Peaks” a darle una status ancora maggiore.

Toccata da Lynch e De Palma, con un passato così assurdo di film in Technicolor girati a Hollywood e con ben tre nomination per film del tutto diversi, Piper Laurie passa gli ultimi trent’anni della sua carriera passando da un film all’altro fino a pochissimi anni fa, l’ultimo film è “Cocaine – La vera storia di White Boy Rick” di Yann Demange del 1018. E alterna produzioni maggiori, come “The Crossing Guard” di Sean Penn con Jack Nicholson a horror italiani, come “Trauma” del maestro Dario Argento con Asia, da “I soldi degli altri” di Norman Jewison con Danny De Vito e Gregory Peck allo splatter “The Faculty” di Robert Rodriguez, recita con il vecchio Ernest Borgnine in “L’alba di un vecchio giorno” di Greg Swartz e con Joseph Gordon-Levitt in “This Is Hesher” di Spencer Susser. Senza scordare serie, partecipazioni. Il ruolo, negli ultimi film, era rigidamente quello della nonna.