il Giornale, 15 ottobre 2023
Breve storia della Hoepli
Centocinquantatré anni di storia: dal 1870, quando Ulrico Hoepli, svizzero della Turgovia, apre in Italia una libreria comprata per corrispondenza, fino a oggi. Una città, Milano. Quattro sedi - prima nella centralissima Galleria De Cristoforis, in corso Vittorio Emanuele; poi negli anni ’30 in via Berchet, quindi in corso Matteotti e dal ’58 in via Hoepli, nella libreria progettata dagli architetti Figini e Pollini una dinastia di cinque generazioni di librai-editori (il fondatore Ulrico, che muore nel ’35, senza figli; il nipote francese Charles-Carlo; l’Ulrico morto nel 2003; Ulrico Carlo, vivente, ma che si è ritirato; e ora la triade Giovanni-Matteo-Barbara) e una via eponima. Si dice Hoepli, ma si legge in diversi modi: dizionari, storie letterarie e dell’arte, editoria scolastica, manuali, che erano il web dell’epoca.
Che storia, la Hoepli. Il Manuale dell’Ingegnere di Giuseppe Colombo, uscito nel 1877, longseller della casa editrice oggi alla 84esima edizione. I libri di viaggio: i reportage di Barzini, le avventure al Polo del Duca degli Abruzzi, Il Monte Cervino di Guido Rey... La donazione alla città di Milano, nel ’30, del Planetario ai Giardini di Porta Venezia. Le riviste Cinema e Sapere (il più antico periodico di divulgazione scientifica italiana). I bombardamenti che nel ’42 distruggono il magazzino e nel ’43 la libreria: alla fine della guerra solo 82 titoli dei 4000 in catalogo risultano disponibili. L’apertura a nuovi settori come l’informatica e l’economia. E una libreria internazionale.
Una memoria storica che da oggi, attraverso la cessione in comodato dell’archivio della casa editrice (600 buste e 80 metri lineari di materiale), sarà custodita dal Centro Apice dell’Università Statale. Dalla fine dell’800 al 1970, un lungo racconto della vita e delle opere della Hoepli: cataloghi editoriali, registri delle tirature, rendiconti dei volumi a magazzino e di quelli venduti, rassegne stampa, lettere, contratti, disegni, prove di copertina, fotografie, materiale di lavorazione delle enciclopedie...
«Per il Centro Apice spiega la presidente Lodovica Braida l’arrivo dell’archivio Hoepli rappresenta un arricchimento straordinario per il ruolo che la casa editrice ha avuto nella divulgazione scientifica e tecnica, accompagnando con i suoi manuali gli anni cruciali dell’industrializzazione italiana».
Ed eccoci qui, al Centro Apice, via Noto, a Milano. Il «fondo Hoepli» è ricchissimo, e in una mattinata abbiamo visto di tutto. Ad esempio. I fascicoli riguardanti lo storico dell’arte Adolfo Venturi, curatore della monumentale Storia dell’arte italiana in 25 volumi, nata nel 1901, la prima mai pubblicata con le fotografie. Siamo nel 1928, ed ecco il materiale relativo alla monografia di Paolo Veronese, i campioni di carta, le prove delle illustrazioni, i costi (la stampa e la confezione del volume si aggirano sulle 4.150 lire, compresa la copertina in tricromia), persino i ritagli stampa: c’è la recensione del Times Literary Supplement e dell’Apollo. E poi c’è una lettera del figlio di Adolfo, Lionello Venturi, che scrive a Hoepli pregandolo di inviare una copia del suo Pretesti di Critica, del ’29, a una lista di nomi: Benedetto Croce, Giacomo Debenedetti, Luigi Salvatorelli, Enrico Cajumi... giusto per capire la rete di rapporti e il peso della critica in quegli anni. Ecco il fascicolo di Alberto Bonacossa, tennista e pattinatore su ghiaccio nonché Conte. Per Hoepli scrisse un fortunatissimo manuale, Il Tennis, ristampato più volte. Qui ci sono i costi di produzione dell’edizione del ’34 (316 pagine e 46 tavole), ossia 5.850 lire, le foto delle diverse impugnature della racchetta e l’elenco dei giornali cui spedire il libro: dal Risveglio sportivo di Catania a La Dalmazia sportiva a Zara. C’è il fascicolo dell’ingegnere Pier Luigi Nervi, che con Gio Ponti progettò il Pirellone, autore del manuale Costruire correttamente, prima edizione 1955: qui ci sono le lettere per decidere modalità e royalties della traduzione in Argentina (l’editore di Buenos Aires paga un anticipo di 600 dollari americani).
Alberto Saibene, responsabile dell’archivio storico Hoepli, lo sa bene: «Sono carte preziose, ricche e misteriose. A parte nel caso di alcuni studi settoriali, nessuno le ha toccate: sono ancora vergini».
Ha ragione, è un tesoro. Ecco qui, ancora, l’incartamento relativo al critico letterario Michele Scherillo (1860-1930), meridionale, crociano, direttore della «Biblioteca Hoepliana dei Classici italiani», uomo di fiducia del primo Ulrico (anche se c’è una lettera in cui, come spesso succede agli autori, si lamenta di essere stato «un po’ dimenticato»...), e poi quello del linguista Bruno Migliorini, della scrittrice Anna Vertua Gentile, del geologo Ardito Desio. E di Emilio Cecchi, uomo dai mille interessi, che per Hoepli uscì col suo Et in Arcadia ego (premio Mussolini nel 1936) e curò una rivista illustrata, Vedere lo Zoo: il numero del marzo 1937 ha una magnifica fotografia di un leopardo in copertina, scelta dallo stesso Cecchi, critico letterario raffinatissimo innamorato del mondo animale. Perfetta sintesi fra cultura umanistica e scientifica. In una parola: Hoepli.