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 2023  ottobre 14 Sabato calendario

Periscopio

La prima guerra testimoniata da scavi archeologici fu combattuta 10mila anni fa nell’attuale Kenya: sono stati trovati ventisette cadaveri, sei di bambini, uno d’una donna gravida cui erano state spezzate le ginocchia prima dell’esecuzione. Mattia Feltri, La Stampa.
Noi siamo in guerra e comprendiamo cosa significhi subire attacchi terroristici. Ricordo i primi giorni dell’invasione russa su larga scala iniziata con gli attacchi terroristici dalla Bielorussia. Se posso rivolgere un’esortazione ai leader dell’Occidente è che non facciano sentire solo il popolo israeliano. Non sto parlando di sostegno alle istituzioni ma alle persone che hanno subìto gli attacchi. Volodymyr Zelensky (dal Foglio).

L’ex leader di Hamas Khaled Mashal chiede un «venerdì del diluvio». I musulmani di tutto il mondo dovrebbero scendere in piazza e unirsi alla battaglia. Un tweet (se si chiamano ancora così).

Hitler era un sergente. Combatteva gli ebrei perché s’occupavano di usura. Ma un punto deve essere chiaro: tutto ciò non aveva a che vedere con l’antisemitismo. Abu Mazen.
Le immagini di Shani Louk caricata su un pick-up, seminuda, le gambe spezzate, mentre gli aguzzini le sputano addosso e la oltraggiano, è una delle più dure fatte circolare dalla macchina del terrore. Due giorni fa la [falsa] notizia che la ragazza non sarebbe morta ma si troverebbe ricoverata in un ospedale di Gaza si è trasformata, nel tam tam social alimentato dalle centrali di disinformazione, in una disgustosa campagna di mistificazione. Numerosi simpatizzanti italiani dell’orrore noti e meno noti hanno usato la notizia per sostenere che i media occidentali mentono circa le azioni dei terroristi: sono arrivati a scrivere che la ragazza era stata caricata sul mezzo dei terroristi soltanto per essere soccorsa e portata in ospedale («Magari uno di quelli distrutti dagli israeliani», aggiunge un agit-prop). Parallelamente – come già a Bucha dopo i massacri russi («Tutto finto, i cadaveri si muovevano!») – è partita un’opera di presunto fact checking sui bambini uccisi nel kibbutz di Kfar Aza. Stefano Cappellini, Repubblica.

Primo travaglista: Possibile fake quella dei bambini decapitati. Secondo travaglista: Rifacciamoci con quelli bombardati. Vignetta del Fattoide quotidiano.
Netanyahu ha mostrato al segretario di stato americano Anthony Blinken le fotografie dei corpi di bambini uccisi e carbonizzati. fanpage.it
Pubblichiamo [anche noi, alé alé] le foto delle atrocità palestinesi. Titolo del Giornale, la gazzetta di chi ama l’orrido.
[Senza offesa, ma] tutti quelli che esaltano il frastuono dei mass media, il sorriso imbecille della pubblicità, l’oblio della natura, l’indiscrezione innalzata al rango di virtù, li si deve chiamare: collaborazionisti della modernità. Milan Kundera, Sessantacinque parole (in L’arte del romanzo, Adelphi 2023).

È indifendibile l’arroganza, la hybris con la quale l’Occidente crede d’appartenere a una civiltà privilegiata. (…) Vorrei ricordare che gli ebrei sono stati sterminati da una potenza europea, la Germania. Quindi, smettiamola di descrivere le democrazie occidentali come un giardino di fiori e di rose. Elena Basile, Omnibus (La7).
Mirabile esempio di cultura storica e politica da parte di un’ex ambasciatrice [sia pure solo sedicente, com’è stato reso noto]: la Germania di Hitler era una democrazia occidentale. Pierpaolo Albricci, ItaliaOggi.
Ma ecco un vero ambasciator che porta (e un po’ fa) pena. Dal web.
[C’è il] tentativo di far passare quanto sta accadendo tra Israele e Gaza come una ripetizione del mantra che ci accompagna dall’inizio del conflitto in Ucraina: c’è un aggressore e un aggredito. Hamas è l’aggressore, Israele l’aggredito. Ebbene questa equazione non regge al vaglio della storia. Marco Carnelos, ex ambasciatore in Iraq.

Antisionista, no vax e sostenitore di Putin: l’identikit del simpatizzante di Hamas ha un profilo deja vu. Alfonso Raimo, HuffPost.
I filo-putiniani sono i veri filo-ucraini perché vogliono la fine dei massacri. [Idem i filo-israeliani: quelli veri tifano per Hamas]. Ancora Elena Basile.
Occorrerà creare rapidamente le condizioni perché i palestinesi possano esprimere una leadership disponibile alla convivenza con Israele, come avvenne dopo gli accordi di Oslo. Aver pensato di potersi garantire la sicurezza dalle minacce esistenziali sull’uscio di casa attraverso accordi con stati che non hanno mai costituito un credibile pericolo per la sopravvivenza di Israele ha rappresentato un errore strategico che lascia ora Gerusalemme con poche e brutte carte da giocare. È su questa debolezza politica della strategia israeliana che Hamas ha costruito la propria. E fino a questo momento continua ad avere l’iniziativa. Vittorio Emanuele Parsi, il Foglio.

Si può sperare, una volta assicurata la vittoria su Hamas, che gl’israeliani non solo chiederanno conto dell’accaduto al governo in carica, ma saranno pronti a smentire e respingere fantasie messianiche e complotti populisti per impegnarsi a trasformare in realtà gl’ideali fondativi di Israele: la democrazia in patria e la pace con gli altri popoli. Yuval Noah Harari, storico e filosofo (Corriere della Sera).
Walter Meghnagi, presidente della comunità ebraica milanese, è intervenuto dal palco del presidio in solidarietà a Israele: «È ora di dire basta. Hamas non rappresenta il popolo palestinese». [Nel pogrom] di sabato scorso Meghnagi ha perso una nipote. HuffPost.
Ebbero da rumorosamente criticare, certuni, persino per il fatto che non parlasse granché bene l’italiano. L’ultimo dei problemi, a ben guardare, visto che in quattro e quattr’otto Patrick Zaki ha dato mostra d’aver imparato tutto il resto del non irreprensibile costume pubblico nazionale. L’aereo sì ma non quello del governo; la politica mai e poi mai, però chissà vedremo. E adesso quel commento indegno sui massacri di Hamas, ma con rapida smentita già degna d’un politico sgamato. Maurizio Crippa, il Foglio.
So che stasera [qui in piazza] mancano i 5stelle. Non li vogliamo perché sono antisemiti. Walter Meghnagi.
Per il popolo palestinese non c’è fine al dolore, all’oppressione, alla negazione della libertà e dell’indipendenza. Beppe Grillo, 8 aprile 2023.
Quante dittature sono nate in nome dell’indipendenza dei popoli. Roberto Gervaso.