La Lettura, 14 ottobre 2023
Non ci sono i soldi per portare l’alta velocità a Manchester
Tutte le strade (ferrate) portano a Manchester: lì arrivò la prima linea ferroviaria del mondo e lì si è appena arenato il sogno dell’alta velocità britannica.
Era il 1826 quando il Parlamento di Londra approvò la legislazione che autorizzava l’apertura del primo collegamento su rotaia fra due città: ma si dovette attendere fino al 15 settembre 1830 per vedere l’inaugurazione del treno Liverpool-Manchester. Si trattava di un servizio passeggeri e merci, concepito principalmente per collegare il porto di Liverpool con il polo industriale di Manchester, i due polmoni della tumultuosa crescita economica della Gran Bretagna nella prima metà dell’Ottocento. Fu una notevole opera di ingegneria, che includeva un tunnel sotto Liverpool, una galleria di montagna e un viadotto: anche se la velocità era modesta, appena 19 chilometri orari di media.
Ma a quasi due secoli di distanza, l’alta velocità continua a rimanere un sogno inafferrabile: il primo ministro Rishi Sunak, dopo anni di polemiche e tentennamenti, ha annunciato, due settimane fa, che il suo governo rinuncia a costruire il programmato super-collegamento tra Birmingham e Manchester, la cosiddetta HS2.
La prima tratta dell’alta velocità, tra Londra e Birmingham, è già in fase di realizzazione: la sua estensione fino a Manchester avrebbe assicurato il collegamento superveloce tra la capitale e il Nord dell’Inghilterra. Un progetto che si inseriva nello sforzo di riequilibrare i pesi fra le regioni britanniche, totalmente sbilanciati a favore di Londra.
La rinuncia alla HS2 ha provocato una levata di scudi da parte delle autorità locali di Manchester e di tutto il Nord, che si sono viste ancora una volta penalizzate: 30 aziende hanno denunciato l’atto di «auto-sabotaggio economico». Ma per il governo quei soldi potranno essere impiegati meglio altrove: approvata nel 2012, la tratta di alta velocità fino a Manchester ha visto progressivamente lievitare i suoi costi, stimati nel 2019 a circa 80 miliardi di euro (prima della successiva impennata dell’inflazione). Trentamila persone stavano già lavorando alla HS2: ora non gli resta che giocare con i trenini.