la Repubblica, 14 ottobre 2023
Kama-Cupido e le conseguenze dell’amore
Si ragiona sull’amore e sull’innamoramento da quando s’è iniziato a riflettere sulla condizione umana. Eppure entrambi restano un mistero. Nonostante la scienza ci spieghi palesemente la chimica dell’innamoramento romantico, ripetiamo gli stessi errori. Ma in modo diverso a seconda del contesto culturale e tradizionale.
La ricercatrice di Harvard Katherine Wu ha diviso in tre fasi il fenomeno dell’infatuazione, o amore romantico, secondo la sequenza di sostanze chimiche rilasciate dal nostro corpo. La prima fase è la lussuria, quando testosterone ed estrogeno dominano il comportamento. La seconda fase è l’attrazione, quando le azioni vengono controllate da dopamina, norepinefrina e serotonina. Per chi è fortunato, l’amore romantico poi si solidifica. La terza fase, quella finale, è l’attaccamento, quando entrano in azione ossitocina e vasopressina.
I tempi di queste fasi variano a seconda degli individui e non discriminano nel genere. La prima fase può durare una media di sei mesi, quando passione e intimità si mescolano a gelosia e azioni irrazionali. La seconda può durare altri sei mesi o fino a due anni, quando l’amore sboccia e il desiderio persiste, accompagnato da più intimità e da un impegno serio. In media, l’innamoramento, così come viene espresso dalle sostanze chimiche, dura al massimo tre anni. La terza fase, quella dell’“amore compagno,” quando la bramosiasciama mentre l’intimità tocca l’acme, può durare una vita.
Sarebbe saggio pensare a consolidare il legame d’amore con il contratto matrimoniale, per chi ne sente la necessità, solo in questa terza fase. Ma il costrutto romantico che infonde la cultura occidentale spinge tanti di noi, spesso, a bruciare le tappe, a decidere quando il cervello è preda di testosterone ed estrogeno, quando dopamina, norepinefrine e serotonina danzano attorno a noi, coprendo la realtà con un velo illusorio.Ecco spiegati i drammi sentimentali, le delusioni personali, le separazioni tragiche e i divorzi dolorosi che in Occidente oggi toccano un record. Viviamo in una società di secondi o terzi matrimoni, di famiglie ricostruite in cui per mettersi d’accordo per il fine settimana con i figli bisogna far quadrare gli impegni di otto adulti, coordinandosi con le nuove mogli degli ex mariti della seconda moglie e via così, nella gestione vertiginosa del contemporaneo.
Come si è arrivati a ciò? Nel Simposio Platone ci spiega che l’eros, cioè la passione, è la strada verso l’eccellenza, l’ arête, radice di aristocrazia intesa come il “potere nelle mani dei migliori”. Eros non è solo bramosia carnale, è sete di bellezza equivalente di verità, vera conoscenza. Nell’innamorarci di un individuo, stiamo cercando una verità mistica più alta. Marsilio Ficino traduce il pensiero platonico in Sopra lo amorecon una premessa fondante: «Tutti continovamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo male: e quanto più amiamo, tanto peggio amiamo». Ma questo è normale poiché: «Amore accompagna il Caos, eva innanzi al Mondo: desta le cose che dormono: le tenebrose illumina: dà vita alle cose morte: forma le non formate: e dà perfezione alle imperfette». È un caos che porta a una trasformazione alchemica.
Il modo in cui ciò accade è misterioso. Platone e Ficino arrivano a una conclusione che ricorda i recenti studi ormonali. Gli amanti non sanno ciò che desiderano e ciò che cercano «perché ei non conoscono Dio: l’occulto sapore del quale mise nelle opere uno dolcissimo odore di sé: per il quale odore tutto dì sianoincitati. E sentiamo questo odore, ma non sentiamo il sapore. Con ciò sia adunque che noi allettati per il manifesto odore, appetiamo il sapore nascosto, meritamente non sappiamo, che cosa si sia quella che noi desideriamo».
Questa sembra essere una comprensione universale cui arriva in maniera mitologica anche la concezione indiana dell’amore. La divinità che nasconde il suo sapore irraggiungibile nell’aroma del corpo dell’amante ricorda le cinque frecce che accendono la passione, scoccate dal Signore Kama, dio dell’amore nell’induismo, con una tecnica che in seguito verrà rubata da Cupido. L’arco di canna da zucchero di Kama colpisce l’amante con cinque frecce-fiori: l’Aravinda, o loto bianco; l’Ashoka; il Choota, fiore di mango; il Navamallika, gelsomino; e il Neelotpala, il loto blu. È la fragranza che risveglia il desiderio con cinqueelementi, proprio come testosterone, estrogeno, dopamina, norepinefrine e serotonina.
Kama è accompagnato da Vasanta, dio della Primavera, della fioritura e dei fiori, che è scortato dai caotici Maras, perturbatori della quiete che marciano urlando “taglia e uccidi!” Il caos, di nuovo, accompagna l’amore. Ma qui troviamo ben delineata una differenza filosofica fondante. Mentre l’amore romantico viene osannato ovunque, la sua natura disgregativa, occultata in Occidente, viene smascherata in India. Ed è forse anche per questo che l’amore passionale è tuttora scisso dall’idea di matrimonio non solo in India, ma in metà del mondo, visto che poco più del 50 % dei matrimoni celebrati nel globo sono combinati.
Il matrimonio d’amore, dopotutto, è un’idea che nasce inizialmente in epoca medievale. Si sviluppa in seguito grazie all’arguzia di alcune cortigiane in Francia, all’alba della Rivoluzione, le quali convincono i nobili a sposarle, facendo sbocciare l’idea che il matrimonio d’amore sia un valore fondante delle società future più egalitarie. Nello stesso periodo, il diritto alla felicità sancito dalla Costituzione americana spinge molti a credere che ciò comprenda anche poter sposare chi si vuole, non chi viene imposto dalla famiglia. Prima di questi cambiamenti epocali, il mondo era pieno di shakespeariani «amanti sfortunati riuniti dal fato». L’amore passionale era quasi sempre e solo adultero, proibito e segreto. Non portava all’altare.
Alla luce dei disastri psicologici di massa dell’attuale società di famiglie ricostruite è giusto chiedersi se questo diritto non sia stato abusato. E se non esista una via di mezzo. Non è per rivangare gli arcaici matrimoni d’interesse, che evidentemente esistono ancora anche tra noi. E non è per difendere l’idea dei matrimoni combinati, che tengono l’India tra i Paesi con il più basso tasso di divorzi al mondo, poiché troppo spesso l’idea di combinare matrimoni si confonde ancora con l’obbligare a un matrimonio, due cose ben diverse, che rovinano la vita a milioni di donne. Però ci porta a chiederci se non ci sia qualcosa da apprendere dal resto di un mondo in cui esistono ancora matrimoni dove il parere dei familiari, dei parenti e degli amici conta molto, prima di firmare un contratto di fronte a un pubblico ufficiale.
Forse la nostra idea di superiorità culturale, la nostra presuntuosa “missione civilizzatrice” in fatto di relazioni potrebbe fare umilmente un passo indietro e considerare se non ci sia qualcosa che possiamo comprendere nella differenza tra le tre fasi chimiche dell’amore, contemplando le decisioni sbagliate prese nelle prime due fasi, trafitti dalle frecce-fiori di Kama-Cupido, e se il contributo del contesto in cui un individuo opera, vive e trova la sua felicità non debba partecipare di più nella scelta del partner per la vita, di modo da generare maggiori garanzie sulla possibilità che l’unione sia davvero duratura.