Corriere della Sera, 14 ottobre 2023
L’opera di Milo Manara
Promesse deluse, scommesse amorali, scambi di coppia, cambi di generi, travestimenti…
Quant’è audace «Così fan tutte»?
«Audacissima».
Attuale?
«Attualissima. Così avanti nei tempi che oggi forse non gliela farebbero neanche fare. Per sua fortuna Mozart ha vissuto in un’epoca libertaria e libertina che non doveva fare i conti con la cancel culture e il politicamente corretto» rammenta Milo Manara, principe dei disegnatori del fumetto, il cui tratto sensualmente gioioso e giocoso ben s’addice all’eros in musica del grande salisburghese. E difatti a lui il Teatro Pergolesi di Jesi ha affidato scene e costumi del Così fan tutte che il 20 ottobre aprirà la sua 56ma stagione lirica, regista Pierluigi Vanelli, direttore Aldo Sisillo.
Debutta nella lirica a 78 anni. Una passione nascosta?
«Passione è troppo. Mi piacciono alcune arie, Puccini soprattutto. E poi c’è Mozart, musica che si fa teatro. Un teatro di incantevole finzione, come quello dei burattini con cui giocavo da bambino. Quasi uguale in miniatura a quello di Jesi. Sono tornato indietro nel tempo, a quel teatrino della mia infanzia, dove l’illusione prevale sulla realtà. Se c’è un’opera che si presta all’apoteosi della finzione è Così fan tutte».
E quindi, cosa ha ideato per Jesi?
«Una scenografia antica e bidimensionale fatta di quinte, fondali, porte a scomparsa, piccoli ingegni di macchineria teatrale. Il fondale è il mare, di lì non si scappa visto che il mare separa gli amanti e li ricongiunge. E poi un boccascena decorato con personaggi mitologici: satiri, ninfe, cupidi. E gli amori di Giove, che spunta dalle nuvole dall’alto in cerca della prossima preda mentre Giunone, gelosa, lo guarda malissimo. Vista l’epoca, potrebbero anche essere degli affreschi in casa delle due sorelle».
Il mito si addice al Settecento...
«Nell’opera l’Olimpo è citato a più riprese, per Mozart e Da Ponte mutare sembianza è il comune strumento di seduzione di uomini e dei. Spinti da Don Alfonso, cinico filosofo dell’amore, due soldati accettano la sfida di mettere alla prova la virtù delle future spose fingendo di partire per il fronte e ripresentandosi nei panni di due pittoreschi turchi-albanesi. E in men che non si dica, le giovani sono pronte a cedere ai nuovi venuti».
La fede delle donne è come l’araba fenice, canta Don Alfonso. Assunto che ha dato eco a accuse di opera misogina. Lo è davvero?
«Al contrario, è l’opera più radicale e femminista. Per bocca di Don Alfonso, Mozart e Da Ponte ci dicono che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini anche in fatto di sesso. Pratica e schietta, la serva Despina invita le sue padrone a ripagarli con la stessa moneta: “amiam per comodo, per vanità”. Senza bisogno d’innamorarsi, per il piacere di farlo. Una libertà erotica sorprendente ancora oggi. Due ragazze che fanno l’amore con degli sconosciuti il giorno stesso che i loro fidanzati sono partiti! E poi, chiarita la faccenda, le coppie si riformano, si sposano. Senza drammi né femminicidi. C’è da imparare».
Travestimenti galeotti. Sono credibili?
«L’ambiguità è proprio lì. Bastano un paio di mustacchi e un abito esotico per spacciarsi per un altro? O sotto sotto le due ragazze sognavano di scambiarsi i partner e il mascheramento è solo un’ottima scusa? Come del resto accade per Despina, che per due volte si presenta in panni maschili, medico e notaio, e nessuno fa una piega».
Costumi d’epoca?
«L’opera è del 1789, anno della Rivoluzione francese. Il rococò è lontano, all’orizzonte c’è già la moda impero. Abiti fluidi che evidenziano i corpi delle fanciulle, mentre per i due albanesi, emblema delle turcherie in voga, mi sono ispirato ai quadri di Bellini: grandi turbanti, babbucce con punte all’insù».
La marcetta «Bella vita militar» oggi purtroppo risulta un po’ stridente...
«Allora la guerra aveva una estetica che serviva ad attirare i poveracci: divise smaglianti, parate coreografiche. Ma dietro l’orrore era lo stesso».
Cosa risponde alle polemiche suscitate dalla sua copertina dell’album di Elodie, disegnata nuda?
«Tra le foto che mi aveva mandato per il disco, la meno sexy era proprio quella dove lei compariva nuda. Un nudo austero e ieratico, da statua antica. Mi sono limitato a spettinarle i capelli e stringere la mano a pugno: immagine di sfida, lotta, orgoglio».
A cosa sta lavorando?
«Al seguito de Il nome della rosa a fumetti. Uscita autunno 2024».
Tornando a Mozart, teme il suo giudizio?
«Certo, ma conto sul suo senso dell’umorismo. Le mie scene dipinte e discinte spero lo divertiranno».