Corriere della Sera, 14 ottobre 2023
La violenza in Medio Oriente ha i suoi cicli ripetitivi. Implacabili.Oltre vent’anni fa, il 12 ottobre 2000, in piena Intifada, due riservisti israeliani finiscono per sbaglio a Ramallah, cittadina palestinese
La violenza in Medio Oriente ha i suoi cicli ripetitivi. Implacabili.
Oltre vent’anni fa, il 12 ottobre 2000, in piena Intifada, due riservisti israeliani finiscono per sbaglio a Ramallah, cittadina palestinese. Fermati dalla polizia sono linciati all’interno di un commissariato, omicidio atroce ripreso dalle tv. Uno degli assassini, Aziz Salah, si affaccia alla finestra dell’edificio e mostra alla folla festante le sue mani sporche di sangue. L’immagine è come una confessione.
Nei mesi seguenti Israele lo catturerà insieme ad altri colpevoli, saranno condannati per lo scempio. Salah, tuttavia, tornerà libero nel 2011 in seguito a uno scambio di prigionieri con Hamas, baratto legato al rilascio del soldato Shalit. Incroci di storie che ora ritornano.
L’esercito, insieme allo Shin Bet, è sulle tracce dei responsabili degli eccidi nei kibbutz. Ha in mano i video delle telecamere di sorveglianza e delle vetture, le clip postate in rete dai mujaheddin per celebrare la vittoria. I volti di alcuni sono identificabili, rappresentano la prima mossa di una caccia ormai in atto. Il caos provocato dai raid potrebbe favorire l’attività delle spie, costringere le «prede» a spostarsi prendendo dei rischi ed esponendosi al tiro dei droni in pattugliamento costante su un’area divisa in quadranti. Un’operazione è stata condotta da Special Force nella parte nord di Gaza nel tentativo di recuperare dati utili per localizzare gli ostaggi. Strike hanno investito tunnel, azioni dove bombe ad alto potenziale sono sganciate a poche decine di metri di distanza lungo la possibile direttrice della galleria.
Uno dei miliziani è stato eliminato da un raid – sostengono le fonti ufficiali —, ad altri è stata promessa l’identica fine: abbiamo una lista di ricercati e li raggiungeremo. Nell’elenco ci sono anche i principali dirigenti della fazione, nascosti da qualche parte nella Striscia. Nei raid però sono stati uccisi alcuni familiari di Mohammed Deif, il capo delle Brigate al Aqsa, e forse il fratello di Yahya Sinwar, alto esponente politico.
La punizione annunciata è anche un modo per Gerusalemme di reagire alle critiche per la falla dell’intelligence, breccia sulla quale escono continue rivelazioni. La Cnn, dopo aver analizzato filmati di propaganda diffusi da Hamas negli ultimi due anni, ha indicato almeno sei punti a Gaza dove le Brigate Ezzedine al Kassam si sono preparate indisturbate. Sono piccole basi, quasi identiche, protette da muraglioni di sabbia, con casette rudimentali trasformate in poligoni dove i mujaheddin hanno provato tattiche, compresa la cattura di prigionieri. In uno dei siti, nel sud della Striscia, hanno testato i deltaplani a motore, con manovre di commandos che vanno all’assalto di postazioni. Un’altra era distante meno di due chilometri dal confine.
Non erano mimetizzate, in qualche caso – scrive l’emittente – hanno inglobato zone agricole e comunque erano facilmente individuabili dalla ricognizione aerea o satellitare. Le installazioni, per quanto rustiche, non sono mai prese di mira in quanto Gerusalemme non aveva più ingaggiato, in modo massiccio, l’avversario. E questo ha concesso maggior tempo al movimento di organizzare le unità. La Difesa, interpellata, ha spiegato: le basi erano note, per noi nulla di nuovo. Ammissione, indiretta, della sorpresa.
C’è poi un filone da esplorare. Sono stati hanno mostrati documenti «rinvenuti» negli zaini degli assaltatori uccisi. Alcuni hanno stranamente la data del 2022, riportano informazioni sui tempi di reazione dell’esercito, indicano l’impiego di nuclei composti da 5 -7 fedayn in moto e pick up, descrivono minuziosamente la sicurezza dei kibbutz, le vie d’accesso, considerano la presa d’ostaggi, illustrano gli obiettivi e le direttrici della zona con mappe satellitari. Tutto interessante, però con una nota: perché mai dovevano portarsi dietro anche il piano? Se qualcuno di loro fosse stato intercettato con le «carte» avrebbe compromesso la missione.
Le ricostruzioni giornalistiche coincidono comunque con la versione della stessa Hamas: abbiamo studiato per un paio d’anni il Diluvio al Aqsa, siamo riusciti a ingannare lo Stato ebraico, gli abbiamo fatto credere di aver optato per una fase di attesa. Il quotidiano Haaretz ha aggiunto un altro dettaglio sul sistema di sorveglianza: tre palloni aerostatici dotati di apparati sofisticati per monitorare la Striscia sono precipitati all’inizio dell’estate e non sono stati rimpiazzati. Poteva dare una mano alle sentinelle. Inizialmente si è pensato a incidenti – c’erano dei precedenti – ma ora non escludono altre cause.
Le ombre, i sospetti, le ipotesi sono la conseguenza del rovescio al confine sud. Un trauma fortissimo in un dispositivo che non è più certo di tutte le sue scelte.