La Stampa, 13 ottobre 2023
Libri, patria, famiglia
Ci sarà un video «emozionale» di poco più di tre minuti per raccontare alla Fiera del Libro di Francoforte, la più grande al mondo (quest’anno si tiene dal 18 al 22 ottobre), l’Italia della cultura e dei libri, e verrà mostrato giovedì 19 in una conferenza stampa dedicata ai programmi per il 2024, anno in cui saremo il Paese ospite. Nella tradizione della grande Buchmesse, il mercato dei diritti più importante d’Europa, e forse del mondo, che si apre mercoledì, è un appuntamento importantissimo per la nostra editoria, in termini economici e culturali. Si vedranno immagini di forte impatto, magari proprio emotivo, prima fra tutte il filmato Rai della celebre intervista che Pier Paolo Pasolini fece a Ezra Pound nel 1967, quando il poeta americano, liberato dal manicomio giudiziario in cui era stato rinchiuso nel ’45 per le sue campagne radiofoniche a favore di Mussolini e del fascismo, si era ormai definitivamente rifugiato a Venezia inaugurando il suo «tempus tacendi» (quella volta fece eccezione alla regola). Pasolini, che solo qualche tempo prima aveva dichiarato di non apprezzarlo per nulla, ne fu se non folgorato certo influenzato.Che Pound sia uno dei grandissimi del Novecento non c’è dubbio. Ma in qualche modo è anche, non da ieri, un’icona politica della destra estrema; se allora l’intervista non suscitò polemiche, oggi potrebbe assumere nuove connotazioni, salvo naturalmente spiegare i motivi della scelta. E non c’è solo lui, tra gli ospiti del filmato. Si vede anche una famigliola, padre madre e figlia, belli va da sé, che si bea di libri. Sorpresa (sorpresa?): è una famiglia tradizionale in stile Mulino Bianco. E le altre? Anche stavolta, un’icona con significati un po’ troppo precisi che vogliono indicare un altrettanto preciso modo di stare al mondo, un modello unico, e suggerire anche, magari, che sia il più giusto?Lo chiediamo al nuovo commissario governativo che organizza l’evento, Mauro Mazza – chiamato dal ministro San Giuliano dopo le dimissioni di Ricardo Franco Levi, nel segno, a dire dello stesso ministro, della «discontinuità». A La Stampa, Mazza risponde: «Una famiglia. Punto». Proprio non le sembra che suggerisca un’idea di “normalità” culturalmente marcata? «No, semmai penso alla “norma” in senso kantiano. Qui c’è solo l’idea che una famiglia possa cementarsi anche grazie ai libri. Vogliamo armonizzare tutte le opzioni culturali». Il discorso varrebbe dunque per la famiglia “normale” come per il trasgressivo Pasolini: si tratta, sono ancora parole di Mazza, di «rivendicare e valorizzare la diversità», in un contesto dove «nessuno deve sentirsi escluso».Sarà così? La spedizione italiana del 2024 prevede anche una serata Puccini, che potrebbe essere il clou della nostra presenza come Paese Ospite. Intanto, però, al di là delle icone, la fiera che sta per aprirsi dovrà dare o far emergere indicazioni su quanto si stia facendo per il settore dell’editoria libraria, che non è affatto in crisi, anzi: non saremo una superpotenza ma non siamo gli ultimi della classe. L’Italia è in coda agli altri Paesi europei per indice di lettura (mediamente, leggiamo meno degli altri), ma non per fatturato (abbiamo una percentuale significativa di lettori cosiddetti “forti” che comprano molti libri all’anno). Secondo i dati Aie (l’Associazione italiana editori), con 3,4 miliardi di fatturato, l’editoria è la prima industria culturale, va assai meglio di cinema e musica, ed è la sesta al mondo e la quarta in Europa (dopo Gran Bretagna, Germania e Francia, che calcola i dati con un criterio diverso). Gli editori gestiscono per lo più azienda sane, e allo Stato non chiedono aiuti bensì forme di sostegno alle loro politiche industriali, le stesse di cui, secondo il ministro della Cultura, i precedenti governi non si sono mai occupati. Non tutti, per la verità credono che, come ha più volte promesso, Sangiuliano si comporterà diversamente e sanerà la lacuna. Sandro Ferri, l’editore di e/o che pubblica Elena Ferrante, quindi un best seller esportato in tutto il mondo, non si aspetta niente di buono o di concreto, «al di là dei discorsi e delle sfilate pubbliche». Troppo pessimista? Forse, ma la situazione non gli dà completamente torto. Intanto, l’agognata legge per il libro resta una promessa: per ora, si sa solo di interventi per le librerie (equo canone e finanziamenti a fondo perduto per i giovani sotto i 35 anni che vogliano aprirne una). E nessun ripensamento sulle modifiche di App18, che consentiva ai diciottenni (e consente ancora per quest’anno) di spendere un bonus di 500 euro in consumi culturali: la nuova formulazione prevede una soglia di reddito, oppure l’aver superato la maturità a punteggio pieno. E pensare che l’App 18, dice a La Stampa Stefano Mauri (che guida il Gruppo Gems), proprio grazie al suo essere universale ha funzionato bene, avvicinando le giovani generazioni al mondo del libro tanto che sono nati nuovi best seller, nuovi autori, nuove tendenze. E c’è poi il problema dei fondi per le traduzioni all’estero, assicurati ogni anno al Paese ospite della Fiera di Francoforte, per aiutare a spingere i propri scrittori e la propria cultura. Anche qui l’Italia non ha fatto molto: al momento lo stanziamento è di 400.000 euro, contro ad esempio i 580 mila con cui il Goethe Institut – l’ente tedesco che se ne occupa, anche se non è il solo – ha finanziato, l’anno scorso, 272 traduzioni in 40 lingue.Altro tema, i fondi per gli acquisti delle biblioteche. In Norvegia il sistema bibliotecario acquista 20 copie di tutto quel che esce: da noi si è trovato finora solo il modo di ripianare i debiti pregressi. Non è un’accusa a questo governo: come dice ancora Mauri, «siamo uno dei settori in cui da sempre i governi investono meno». Più diplomaticamente, il presidente dell’Aie, Innocenzo Cipolletta, spiega (lo farà mercoledì nella rituale presentazione dello Spazio Italia, quando l’Associazione degli editori fornisce anche i periodici dati aggiornati sul mercato librario) che «molte cose sono state già fatte grazie anche al confronto di AIE con le Istituzioni», e oltre all’App18, «ora rivisitata, ma che deve mantenere il suo sostegno a tutti i giovani per favorire l’accesso a beni culturali», cita i fondi per il diritto allo studio «da estendere agli studenti universitari». Tutto questo non attiene direttamente al programma della Fiera del 2024, ma in qualche modo ne costituisce il sottofondo e la condizione, perché l’appuntamento possa produrre risultati. Non basterà la bellezza e l’imponenza del padiglione italiano (tradizionalmente, quello del Paese ospite è una sorta di cattedrale al centro della Fiera) cui sta lavorando l’architetto Stefano Boeri. E, a occhio, neanche il video «emozionale»; le emozioni, si sa, sono spesso ambigue. —