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 2023  ottobre 12 Giovedì calendario

Ancellotti laureato

Si era commosso anche a Parigi, nella notte della quarta Champions vinta un anno e mezzo fa, pensando agli incroci della vita, al ritorno al Real Madrid nato da una telefonata di condoglianze. Anche questo snodo non è banale, perché Carlo Ancelotti arrivò a Parma ragazzino nel 1975 dalla campagna reggiana e adesso indossa la toga accademica, si sistema il tocco sulla testa, stringe orgoglioso il diploma della laurea honoris causa che ha appena ricevuto e cita Sartre, senza citarlo: «Io faccio l’allenatore, non “sono” l’allenatore. Allo stesso modo vedo il giocatore, pensando prima al lato umano, perché le buone relazioni sono alla base di tutto. Cerco di essere un leader autorevole, non autoritario, di persuadere invece che percuotere: ma questa me l’ha insegnata Arrigo Sacchi (in platea assieme ad Ariedo Braida, architetto del Milan berlusconiano ndr). Il mio è stato un viaggio lunghissimo e non è ancora finito, perché la passione è tanta e quella non la compri al mercato: il calcio non è mai stato un sacrificio, non l’ho vissuto mai come un lavoro».
Fatica davvero a trattenere l’emozione, Carletto: si asciuga gli occhi, tira un po’ su con il naso, poi certo non sbaglia un colpo davanti al pubblico dell’auditorium Paganini, composto per la maggior parte da studenti, e con quell’ermellino sulle spalle torna Carlo V, l’imperatore buono del calcio («Chi mi chiede di usare la frusta, ha sbagliato indirizzo»), l’unico allenatore capace di vincere quattro Champions e il campionato in cinque Paesi diversi.
L’autorevolezza
«Cerco di essere
un leader autorevole
non autoritario:
l’ho imparato da Sacchi»
Già che ci siamo il rettore dell’università di Parma, Marco Vitale, nel ricordare i passaggi chiave dell’epopea del neo dottore, aggiunge anche l’investitura per «un’avventura straordinaria, la panchina della Nazionale brasiliana». Ancelotti non fa una piega e in Spagna la cosa non è passata certo inosservata, perché quando a luglio il presidente della federazione verdeoro annunciò l’accordo dal 2024 fu lo stesso tecnico a smentirlo, per poi definire l’argomento «tabù» e non rispondere più in merito: per rispetto del contratto che lo lega fino a giugno al Real Madrid e per il rapporto con Florentino Perez.
Il «tabù» Brasile
Il rettore rompe «il tabù» e cita «l’avventura con la Nazionale del Brasile»
Ma nel giorno della laurea magistrale in «Scienze e tecniche delle attività motorie e preventive», uno strappo alla regola si può fare: «La toga mi dona e mi piace sentirmi chiamare dottore: dirò ai miei giocatori di farlo – gigioneggia Ancelotti per smorzare l’emozione, senza riuscirci troppo —. Scusate ma per genetica vengo da una famiglia che si commuove... Qualcuno dirà che esami ne ho fatti pochi, in realtà ne faccio uno ogni tre giorni e devo superarlo. Ma in 44 anni di carriera non ho solo vinto, ci sono stati momenti fantastici, ma anche momentacci, dagli infortuni, alla finale persa nel 2005 con il Liverpool (allenava il Milan ndr): credo che il carattere calmo e molto paziente ereditato da mio padre mi abbia aiutato tanto, con il rispetto degli altri e delle regole sempre ben presente. Il calcio mi ha insegnato a capire i limiti, a cercare di superarli, a gestire le persone e imparare ad ascoltarle, a prendere decisioni e soprattutto a stare al passo con i tempi che cambiano così velocemente, nel calcio ancora di più». Restando sempre se stesso, dottore ad honorem anche nella capacità di sdrammatizzare: «Perché so che sono il leader. Ma fino alla prossima sconfitta».