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 2023  ottobre 11 Mercoledì calendario

Segreti senza filtro d’un grande geologo

Floriano Calvino era un rigorosissimo scienziato. Geologo, docente a Padova e Genova, uomo dalla schiena diritta autore di una durissima perizia sul Vajont, fu a lungo un riferimento scientifico del migliore ambientalismo. In questi giorni di celebrazioni dell’amatissimo fratello scrittore, val la pena di ricordare anche un delizioso aneddoto che riguarda lui. Fine settembre 1985. Italo è morto da pochi giorni e Floriano raggiunge a Trento, coi giovani colleghi geologi Giovanni Bassi e Sandro Nosengo, gli avvocati Sandro Canestrini e Vanni Ceola che gli hanno chiesto una perizia di parte sulla tragedia in Val di Stava dove due bacini di decantazione di una miniera sono smottati a valle annientando 268 persone. Una sciagura che tutto era tranne che un disastro naturale. E lui è il Vate invocato a dimostrarlo.
Arrivato sul posto, il mitico professore che i giovani intorno guardavano come un Profeta della Scienza, della Verità e della Giustizia avendo fatto anche il partigiano, cominciò ad andare su e giù sui resti fangosi della frana senza dire una parola e senza mai posare una misteriosa valigetta. Il silenzio era irreale. Non volava una mosca. Ogni tanto si fermava, si accucciava, infilava il dito indice nella terra, se lo portava alle narici, lo annusava... Poi ancora si fermava, si accucciava, frugava un po’ il terreno, tirava su una polpettina di melma, la sfregava tra le dita... E sempre, passo dopo passo, senza mollar mai la misteriosa valigetta. Pareva uno stregone indiano, dai riti imperscrutabili. E così lo guardavano intorno, con muta reverenza. Finché la sera, dopo ore d’oscura perlustrazione, si chiusero tutti in una trattoria per mangiare qualcosa. E lì, mentre tutti si chiedevano quali avveniristici strumenti ipertecnologici ci fossero in quella oscura valigetta, finalmente la aprì: era piena zeppa di pacchetti di Gauloises senza filtro. Solo ed esclusivamente Gauloises senza filtro. E un sacchettino di mozziconi vecchi dove metodicamente ripose i mozziconi nuovi fumati durante il sopralluogo e «parcheggiati» fino ad allora nella tasca della giacca. Fatto tutto, radunò i migliori mozziconi, si arrotolò una cartina col tabacco recuperato e se l’accese compiaciuto. «Quando ricevemmo la perizia restammo basiti. Era perfetta».