La Stampa, 10 ottobre 2023
Il padre severo di Schwarzy
Nessuno di noi può scegliere da dove viene. Io sono cresciuto in un piccolo villaggio in Austria all’inizio della guerra fredda. Mia madre era molto affettuosa. Mio padre era severo, e poteva essere fisicamente violento, ma lo amavo molto. Era complicato.
Penso spesso a come avrebbe potuto essere diversa la mia vita se non fossi stato una persona positiva, se avessi reagito in modo diverso alla mia educazione a Thal. Non avevo mai fatto una doccia calda o mangiato regolarmente carne finché da adolescente non partii per entrare nell’esercito. La mia routine mattutina comprendeva andare a prendere l’acqua e spaccare la legna per il fuoco, cosa che in inverno era atroce e attirava zero compassione da parte di mio padre, che da bambino aveva subito ben di peggio. In casa di Gustav Schwarzenegger non c’era niente di gratuito. Nemmeno i pasti. Ogni mattina dovevo fare duecento piegamenti sulle ginocchia solo per “guadagnare” la colazione. Niente stimola l’appetito quanto andare su e giù come un trampolo a molla a stomaco vuoto.
Tutto quello sgobbare, quei disagi e quell’ingrata fatica avrebbero potuto fiaccare il mio spirito o farmi apparire irraggiungibili le immagini dell’America che vedevo sulle riviste e nei cinegiornali. Avrebbero potuto privarmi dell’istinto di guardare oltre l’orizzonte. Di certo, a casa nessuno mi incoraggiava a immaginare la vita al di là dei monti dell’Austria sudorientale. Tornato dal servizio di leva, ci sarebbe stato un buon posto nella polizia che mi aspettava. Non tutti erano così fortunati, pensava mio padre. Inoltre, lui non capiva né approvava il mio interesse per il culturismo. Pensava che fosse qualcosa di egocentrico ed egoista. «Perché invece non spacchi un po’ di legna», mi diceva, «così puoi diventare grande e forte e almeno avrai fatto qualcosa per gli altri». Poi c’erano le volte in cui tornava a casa ubriaco e ci picchiava. Quelle notti erano molto dure.
Sarebbe stato molto facile rimanere imprigionato in tutto quello, ma scelsi di guardare il lato positivo. Ho sempre fatto questa scelta: riconoscere che per la grande maggioranza del tempo mio padre era un bravo papà e mia madre era la migliore delle mamme. Quella vita non era entusiasmante o particolarmente comoda, almeno non secondo gli standard moderni, ma era una buona vita. Una vita in cui imparai molto e trovai la mia passione, il mio scopo, e i miei primi mentori.
Anche nel caso delle cose innegabilmente brutte, scelgo di ricordarle come una parte importante di ciò che mi ha spinto a scappare, ad avere successo, a diventare la persona che sono oggi. Se la mia infanzia fosse stata appena un po’ migliore, ora potresti non avere questo libro tra le mani. E anche se fosse stata un po’ peggiore, perché avrei potuto precipitare nello stesso pozzo dell’alcolismo in cui precipitò mio fratello, che gli causò nel 1971 un incidente mortale per guida in stato di ebbrezza. Devo molto al modo in cui sono stato tirato su. Ero nato per affrontarlo e affrontarlo mi ha plasmato.