La Stampa, 10 ottobre 2023
Nel tempio della Juve
Il nuovo Tempio dei trofei della Juventus è un’esigenza orgogliosa e una manifestazione di fiducia: gli spazi più ampi sono imposti dai 30 successi – 19 maschili, 11 femminili – seguiti all’inaugurazione del J Museum avvenuta il 16 maggio 2012, ma anche suggeriti dalle grandi ambizioni del club, immutate nonostante la consapevolezza di una ricostruzione non semplice. «A new space, for future successes» lo slogan che è auspicio e monito, speranza e input, perché la priorità assegnata al risanamento dei conti, la nuova linea di sostenibilità, non contrastano con la fame di vittorie che caratterizza da sempre il dna bianconero. «È molto emozionante essere qui – dice John Elkann, amministratore delegato di Exor -: ci sono 83 trofei di cui 82 con la mia famiglia». Unica eccezione il primo tricolore, datato 1905. «È un momento importante – prosegue -: questa stupenda stanza ha un grande passato ma anche un grande presente e un grande futuro. Il nostro mister ha contribuito a riempirla e contiamo su di lui perché continui a farlo». Guarda Massimiliano Allegri che è a pochi passi, accanto al presidente Gianluca Ferrero, al responsabile dell’area sportiva Francesco Calvo, al football director Cristiano Giuntoli, all’allenatore delle Women Joe Montemurro, al tecnico dell’Under 19 Paolo Montero, al dirigente Gianluca Pessotto. Tutti insieme per il taglio del nastro della nuova sala del museo, ancora più interattiva ed emozionale, concepita non soltanto per ammirare le coppe ma per viverle con massima intensità attraverso effetti speciali: si viene trasportati in un passato luccicante come i trofei oltre i cristalli ed è significativo che il fotogramma iniziale ritragga Edoardo Agnelli, il primo presidente della Famiglia, eletto per acclamazione il 24 luglio 1923.Un secolo di gioie e vittorie, ma anche di momenti duri, delusioni immancabili, sempre con la stessa proprietà a intrecciare cuore e rigore, tifo e organizzazione, management quando nemmeno si chiamava così perché la società ha sempre guardato avanti. Edoardo invitava sempre a ricordare che una cosa fatta bene può essere fatta meglio, ed è stata la prima pietra di una filosofia che non contempla l’appagamento e delinea sempre nuovi traguardi. Cento anni dopo, Elkann conferma la determinazione a non cullarsi nella luminosità della storia, rinnovando l’impegno già appartenuto dello zio, al nonno e al bisnonno: «C’è stato, c’è e ci sarà: questo è un momento importante, ma prepariamoci per il futuro».Ha respirato la Juventus fin da bambino, ha palpitato come qualsiasi tifoso e partecipato fin da ragazzo a strategie destinate a modernizzare l’organizzazione e rinnovare cicli e ambizioni del club con più trofei italiani: «Personalmente sono molto legato allo scudetto del 1994-’95: ero iscritto al primo anno di ingegneria a Torino ed è stato un momento fantastico. Anche Andrea (Agnelli, ndr) era studente alla Bocconi: sicuramente un titolo molto sentito e bello. In tempi più recenti, ricordo il sesto scudetto consecutivo, fantastico perché abbiamo battuto il Quinquennio d’Oro». Ha appena rivisto le immagini di quel giorno («Quando eravamo in campo, è stata una cosa incredibile») e fatica a nascondere l’emozione, altre ne promette attraverso impegno e passione, come dimostra il recente aumento di capitale: «La cosa bella della storia – ripete – è che ti spinge avanti: noi abbiamo una grande storia e dobbiamo costruire un futuro all’altezza».La Juventus ha contribuito a fare l’Italia, intesa come Paese («Partecipe alla sua evoluzione, pronta a contribuire al suo miglioramento») e intesa come Nazionale: «Abbiamo avuto una storia molto forte con l’Italia, Juventus è spina dorsale della Nazionale: se guardiamo i grandi successi azzurri, sono anche dei grandi successi juventini. Quello che è molto positivo, dalle convocazioni fatte da Spalletti, è proprio valorizzare i giovani bianconeri: si vede che il lavoro fatto dalla Next Gen è un lavoro di profondità per cercare giocatori italiani, bravi e giovani».Al J Museum, il primo giorno di celebrazione del secolo degli Agnelli alla Juventus, unicum di longevità nella storia dello sport mondiale, che culmineranno stasera in una grande serata che comprenderà la sfida tra Legends, da Del Piero a Zidane, abbraccia anche l’inaugurazione della mostra temporanea JuventUs – il suffisso Us, noi, è simbolico – dedicata al tema dell’inclusione che, con l’innovazione, è il connotato dominante di un rapporto centenario. Al centro della sala quattro pilastri rappresentano i progetti a impatto sociale degli ultimi anni – educazione, inclusione sociale, inclusione delle disabilità e delle diversità -, mentre lungo il percorso perimetrale si rivivono i momenti salienti della storia della Juventus e il contesto socioculturale in cui la squadra è cresciuta, raggiungendo il cuore di tifosi di tutto il mondo. L’inclusione, in fondo, è già insita nel nome che non contempla barriere geografiche come la maggior parte delle squadre. C’è anche spazio, nel colloquio con Elkann, per un cenno al derby: «È stato speciale: la vittoria ha fatto bene alla Juventus e a tutti gli juventini. Soprattutto è stato un bel momento perché lo Stadium era vivo. Ci sono state le bandiere, i cori, i tamburi e non vedevamo questo spirito e questa vitalità da prima del Covid. Questo è molto positivo, sono molto contento e grato a tutti i tifosi». —