il Giornale, 10 ottobre 2023
Vita di Georges Sadoul
Sadoul è stato lo storico del cinema per definizione. Sui suoi numerosi studi si sono formate almeno tre generazioni di appassionati della «settima arte». Per anni la sua storia generale del cinema è stata consultata e compulsata come un imprescindibile testo di riferimento. Poi, gradualmente, impolverata, è finita in soffitta. Un bene? Un male? La risposta è complessa, come la vita del suo autore, raccontata con scorrevolezza della scrittura e competenza storiografica da Valérie Vignaux in Georges Sadoul, un intellectuel en cinéma. Du surréalisme à l’histoire, pubblicata da Mimésis (pagine 492, euro 36).
Sadoul sin dalla gioventù è un cinefilo. Nel 1925 si avvicina al surrealismo. Nel 1932, a seguito dell’affaire Aragon, abbandona il movimento fondato da André Breton. Per i comunisti i surrealisti sono «intellettuali pretenziosi», «rivoluzionari della chiacchiera», «élite piccolo-borghese», «onda freudiana decadente», «deviazionisti», «pornografi». Aragon nel gennaio 1932 pubblica Front Rouge, un invito alla rivoluzione proletaria. Le autorità di pubblica sicurezza impongono il ritiro dello scritto. I surrealisti lo difendono a spada tratta. I comunisti, invece, esortano Aragon a decidersi: comunismo o surrealismo. E lui non solo si allinea, ma di fatto concorre a traghettare sulla sponda comunista buona parte degli appartenenti al surrealismo, tra cui Sadoul.
Il legame tra Sadoul e Aragon durerà per tutta la vita. Nel novembre del 1930 si recano a Kharkov, in Ucraina, per partecipare alla seconda Conferenza degli scrittori rivoluzionari. Li accompagna Elsa Triolet, futura moglie di Aragon e prolifica scrittrice. Elsa (il suo vero nome è Ella Kagan), è la sorella meno affascinate di Lili Brik, poetessa e compagna di Vladimir Majakovskij. Indossa abiti di taglio austero ma elegante, perfettamente intonati al portamento del «commissario politico».
Aragon e Sadoul si erano conosciuti giovanissimi in una libreria parigina. Nel dopoguerra militano nel Partito comunista e lavorano a stretto contatto a Les lettres françaises, testata di propaganda diretta da Aragon. A partire dal 1932 Sadoul segue le tappe dell’evoluzione del «bolscevismo alla francese», rispettando fedelmente la disciplina di partito, anche nelle direttive più controverse.
Dopo la Liberazione Sadoul mette la penna al servizio della militanza comunista. Sulle pagine di Les lettres françaises contribuisce a celebrare l’apogeo del culto di Stalin in Francia. Le sue ampie critiche, talvolta sferzanti e ricche di riferimenti storici, sono un modello di scrittura estremamente efficace e moderna. Nel 1945 ha pubblicato il primo volume della sua storia del cinema, destinata ad avere risonanza mondiale e traduzioni nelle principali lingue. Il libro ha notevole successo e Sadoul lo ripubblica ampliato nel 1948, preceduto da un secondo volume, essendosi la ricerca enormemente ampliata (successivamente il progetto si arricchirà con l’uscita di altri tre volumi).
Dunque, Sadoul è lo storico del cinema di riferimento, ma anche il critico cinematografico comunista più conosciuto ed apprezzato. I film per Sadoul non possono essere giudicati, in maniera riduttiva, come semplici opere d’arte. Occorre valutare attentamente la valenza politica, che oscura quella estetica o stilistica. Nel 1954 Sadoul, al vertice della carriera, pubblica il sesto tomo della sua Histoire du cinèma. Lo recensisce un «giovane furioso», da poco approdato al settimanale Arts (vi collabora assiduamente sino al 1958), fondato nel 1952 e diretto da Jacques Laurent. Arts diventa la vetrina degli hussards. Laurent apre le porte della rivista agli scrittori emarginati dopo la Liberazione: Jacques Chardonne, Paul Morand, Marcel Jouhandeau, Jean Giono, Marcel Aymé, Henry de Montherlant, André Fraigneau. E promuove i nuovi scrittori ostili all’impegno politico a sinistra: Roger Nimier, Michel Déon, Antoine Blondin, Laurent Laudenbach, Bernard de Fallois, Jean-Louis Bory. Il termine hussard (ussaro, militare) è mutuato dal romanzo di Roger Nimier Le hussard bleu (1950). Sul piano letterario gli hussards si oppongono alla «dittatura sartriana». La letteratura, come la intende il filosofo, viene mescolata all’impegno politico (marxista) e metafisico (esistenzialista).
Truffaut è il capofila della critica cinematografica à la hussard. Ventiduenne, si è imposto con uno scritto esplosivo, dal titolo Une certaine tendance du cinéma français, uscito nel gennaio 1954 sui Cahiers du cinéma. Nel suo intervento demolitore, ha l’idea geniale di riadattare la querelle tra «antichi» e «moderni».
La stroncatura di Sadoul ad opera di Truffaut viene pubblicato nel fascicolo di ottobre 1954 dalla rivista mensile La parisienne, anch’essa diretta da Laurent insieme con André Parinaud. Il «Rimbaud della critica», alla sua maniera, semina macerie. Il testo di Sadoul, sentenzia, è inutilizzabile, zeppo di errori, imprecisioni e «deliberate omissioni» riguardanti soprattutto il cinema americano. Sadoul ha genuinamente amato il cinema staliniano, così come ha detestato il cinema americano. L’interpretazione del cinema americano viene filtrata alla luce del marxismo. L’economia altro non è che la cinghia di trasmissione dell’ideologia dei capitalisti riuniti in una «concentrazione industriale», sorretta dai legami di Hollywood con Washington, a prescindere dall’appartenenza politica dell’inquilino della Casa Bianca. Il risultato finale è la realizzazione di una cinematografia ripetitiva, per nulla innovativa. Un simile modello è riscontrabile soltanto in Giappone e nella Germania hitleriana. Truffaut, nell’aggressione senza timori del «mostro sacro» del comunismo cinematografico Sadoul, non è interessato a scendere sul piano dell’ideologia. Gli basta quello dell’estetica. Oggi chi prende in mano il saggio di Sadoul non solo riscontra gli errori, ma resta sbalordito dagli orrori relativi al cinema sovietico. In fondo, è solo il cattivo prodotto di intellettuale di grande levatura, accecato dall’illusione comunista. Il suo mondo sta crollando. Se ne renderà conto due anni dopo, quando la rivolta di Budapest sarà soffocata nel sangue dai carri sovietici. Sadoul non rinnoverà più l’adesione al partito. L’illusione era finita. Restava solo un passato, con molte luci e tante, troppe zone buie.