la Repubblica, 9 ottobre 2023
Gaza, prigione a cielo aperto
A Gaza si entrava di primo mattino da Erez, il check-point israeliano al confine settentrionale della Striscia: mostravi le credenziali di giornalista ai soldati o alle soldatesse nei gabbiotti blindati, venivi interrogato su dove andavi e perquisito con il metal-detector.
Alzando lo sguardo nella direzione opposta, vedevi centinaia di palestinesi in fila per andare a lavorare in Israele: i pendolari che si guadagnavano da vivere nello Stato ebraico, per rientrare a Gaza alla sera. Fino al 2007, centomila palestinesi al giorno portavano a casa un salario così. Nel 2022, nonostante l’ascesa al potere di Hamas nella striscia, Israele concedeva alla popolazione di Gaza fino a 20 mila permessi di lavoro al giorno.
Ma torniamo al check-point per giornalisti, diplomatici, ong, che a Gaza volevano entrare. Un corridoio conduceva a una “terra di nessuno”: definizione da prendere alla lettera, non c’era un’anima in quel chilometro di strada da attraversare a piedi sotto un sole accecante. In fondo ti aspettava il check-point palestinese: una sbarra, solitamente alzata; una casupola, con la bandiera palestinese sul tetto; un paio di poliziotti stravaccati sulle seggiole, poco interessati a controllare i documenti. Un’occhiata alla tessera stampa e facevano passare. Al di là del check-point, c’era lostringer locale, come si dice nel gergo dei media, un giornalista o interprete palestinese che ti caricava sulla sua scassata macchina e ti portava a scoprire Gaza. Se dovevi fermarti per la notte, ti accompagnava in uno dei piccoli alberghi della striscia. All’ora di pranzo o di cena, divideva un pasto con te in uno dei ristorantini davanti al mare: davanti al quale i ragazzini palestinesi facevano il bagno o giocavano a pallone, i vecchi pescavano e venditori ambulanti offrivano la loro povera mercanzia dal dorso di unasinello.
Tutto intorno c’era Gaza: palazzine moderne e catapecchie, bottegucce e supermercati, traffico indiavolato di veicoli, motorette, carretti trainati da cavalli, mucchi di spazzatura, fogne a cielo aperto, antenne satellitari sui balconi, vicoli maleodoranti e preghiere di muezzin dagli altoparlanti delle moschee. Una volta lo stringer mi portò a intervistare lo sceicco Yassin, fondatore e leader spirituale di Hamas, paraplegico in sedia a rotelle: mi colpì il pavimentoin terra della sua modestaabitazione. Un’altra andammo a incontrare Yasser Arafat, che dopo gli accordi di pace con Israele aveva a Gaza il quartier generale: ricevette con tutti gli onori un nostro parlamentare, l’ex-magistrato Antonio Di Pietro. «Voi italiani – gli disse – siete i nostri migliori amici». Un po’ era vero. Ma lo diceva a tutti.
Tremila anni prima di Yassin e Arafat, a Gaza vivevano i filistei, il popolo contro cui combatte l’israelita Sansone in un celebre episodio della Bibbia. In seguito, la Striscia viene conquistata da Alessandro Magno, dai Romani, dai Persiani, dal Califfato, dai Cavalieri Templari, dal Sultanato mamelucco e dall’Impero Ottomano. Dal 1923 al 1948, Gaza e l’intera Palestina diventano una colonia britannica. Dopo la guerra del ’48 con cui nasce Israele, Gaza rimane per quasi vent’anni in mano all’Egitto. Con la guerra del ’67, Israele conquista anche la Striscia. Dopo gli accordi di pace del ’93, l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) guidata da Arafat ottiene di amministrarne autonomamente larghe parti.
Nel 2005, Israele si ritira completamente da Gaza, smantellando una dozzina di insediamenti di coloni e le basi militari. A quel punto, Gaza è libera. Ma nel 2006 i fondamentalisti islamici di Hamas vincono le elezioni legislative, prendono il potere nella Striscia e, dopo una guerra civile fra palestinesi, scacciano l’Anp, ora guidata da Abu Mazen, il successore di Arafat, che mantiene un fragile comando sulla Cisgiordania.
Con i suoi confini chiusi da Israele (tranne per i lavoratori pendolari nei periodi di stabilità) ed Egitto (tranne per i tunnel clandestini da cui passano le armi), alcuni la definiscono “la più grande prigione a cielo aperto” della terra: oggi ha 2 milioni e 300 mila abitanti su una superficie di 365 chilometri quadrati, un decimo della Valle d’Aosta, la più piccola regione italiana.