Corriere della Sera, 9 ottobre 2023
Bianchi che intervista Woody
Faceva un certo effetto vedere Diego Bianchi intervistare Woody Allen per Propaganda Live (La7). Di solito Bianchi, con tutto il rispetto, intervista attori come Elio Germano, Valerio Mastandrea, Ricky Memphis, suoi coetanei e suoi amici. Davanti a un «mostro sacro» le cose cambiano, siamo più intimoriti, c’è di mezzo la questione della lingua.
L’intervista è stata registrata in occasione della presentazione a Roma del suo ultimo film, Coup de chance (già presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia, con alcune ragazze che gli gridavano «stupratore»). Prima di vedere l’incontro, sono andato a rileggermi la breve biografia che Mariarosa Mancuso aveva scritto per il Foglio nel 2019 con il titolo «Woody Allen, vita di un genio». Terminava così: «(W.A.) merita un monumento per le innumerevoli volte che ci ha fatto ridere. Perché la vita, di suo, tende verso la tragedia. Ma soltanto i comici sanno raccontarla bene».
Era il viatico ideale per godere dell’intervista, che ha toccato molti temi interessanti, soprattutto la questione del politicamente corretto, un tema cruciale per chi non vuole sottostare alle invadenti leggi della stupidità di massa. Intanto Allen è partito dalla premessa che «non tutti comici devono diventare filosofi» (così ha subito sistemato i guru, i postini di «messaggi», gli impegnati nel sociale).
Per lui i comici si dividono in due categorie: quelli che fanno ridere e quelli che non fanno ridere (regola aurea per tutti i mestieri, compresi gli scrittori). «Io sono contrario – ha precisato il cineasta – a qualsiasi tipo di interferenza sui libri o sui film. Gli artisti fanno quello che vogliono, devono essere liberi. Il politically correct è una sciocchezza, gli artisti fanno quello che vogliono poi sta a noi accettare o rifiutare quello che propongono. Ci sono sempre stati gruppi, fazioni cui non piacciono artisti, battute, canzoni… È la democrazia, bisogna accettare che ci siano persone che non hanno lo stesso punto di vista».
A prima vista, stupiva Diego Bianchi in t-shirt nera (la solita) al cospetto del «mostro sacro».
Non è più Zoro, ha i baffi, la maglietta gli fa un po’ difetto, forse dovrebbe cambiare guardaroba.