Corriere della Sera, 9 ottobre 2023
Algeri con Hamas, in Europa si riapre il fronte dell’energia
Il ritorno della guerra in Medio Oriente non farà che ricordare ai governi occidentali un’ovvietà spesso rimossa in questi ultimi mesi: la crisi dell’energia, innescata dall’aggressione della Russia all’Ucraina, è rientrata in buona parte al suo stato latente; ma non è certo risolta.
Lo si è avvertito subito, quando sabato il ministero degli Esteri algerino ha pubblicato una dichiarazione che è un compendio delle contraddizioni e delle fragilità europee di questa fase. Nel pieno dell’attacco di Hamas contro migliaia di civili in Israele, il governo di Algeri ha condannato la risposta dell’aeronautica dello Stato ebraico su Gaza e espresso «piena solidarietà per il popolo palestinese». È stata, con quella dell’Iran, una delle reazioni più favorevoli per Hamas in tutto il panorama internazionale. Questa è la stessa Algeria alla quale l’Italia si è rapidamente rivolta per sostituire le forniture di gas della Russia dall’inizio della guerra in Ucraina. Fra il 2021 e l’anno scorso l’import di metano in Italia dalla Russia si è più che dimezzato da 29 a 14 miliardi di metri cubi, mentre dall’Algeria è cresciuto da 22 a 26 miliardi di metri cubi. Ora il principale fornitore di gas in Italia è il Paese nordafricano più vicino a Hamas, oltre ad essere legato a Mosca da una relazione storica che prosegue anche in questi mesi. Naturalmente nel breve periodo questo non cambia molto. L’Algeria non potrà smettere di vendere il suo metano all’Italia, né ridurre le forniture. Non potrà usare anche lei come la Russia l’arma del gas per ricattare l’Europa, se non altro perché le due sponde del Mediterraneo sono legate da un gasdotto di fatto insostituibile.
Ma la reazione di Algeri ci ricorda che non tutto va come nel migliore dei mondi possibili. L’Unione europea di fatto non ha potuto reagire quando il mese scorso l’Azerbaigian ha aggredito il Nagorno-Karabakh, avviando la pulizia etnica degli armeni: il gas azero è un’altra fonte vitale con la quale stiamo sostituendo la Russia. E quanto alle forniture di Vladimir Putin, sicuramente sono molto ridotte; ma l’Europa non aveva mai comprato tanto gas russo attraverso la Turchia come sta facendo in questi mesi.
Restiamo profondamente insicuri ed esposti: anche a un’esplosione dei prezzi del petrolio, se adesso la reazione israeliana coinvolgesse l’Iran. La lezione è che l’Europa e l’Italia devono accelerare la diversificazione più ampia possibile delle fonti di energia, sia geografica che tecnologica. Perché in questa parte sempre più pericolosa del mondo, non possiamo più permetterci di dipendere da nessun altro se non da noi stessi.