la Repubblica, 8 ottobre 2023
I piatti poveri che solo i ricchi possono permettersi
ROMA – Una volta erano il piatto povero per eccellenza. Ora, dopo una estate dal meteo impazzito e che non sembra avere mai fine, le patate guidano la classifica degli aumenti di frutta e verdura, compilata da Coldiretti in base ai dati Istat di agosto: la variazione dei prezzi al consumo su base annua è del 25,9%. A poca distanza seguono i pomodori, mentre per la frutta primeggiano arance e pere, con aumenti tra il 18 e il 16%.
A spingere i prezzi è il fortissimo calo della produzione, determinato, denuncia Coldiretti, da «un andamento climatico anomalo che ha decimato i raccolti», tra caldo eccessivo, siccità e maltempo. S’è perso il 30% di pesche nettarine, il 63% delle pere, il 60% delle ciliegie, il 70% di miele. Un fenomeno che non riguarda solo l’ortofrutta: il crollo di produzione dello zucchero ha portato ad agosto a un rincaro dei prezzi del 43%; per l’olio d’oliva il rialzo è del 37%. E non è neanche un fenomeno limitato all’Italia: dall’indice Fao di settembre emerge un balzo del 48% delle quotazioni internazionali dello zucchero.
Ma nella filiera dell’ortofrutta, assicura Claudio Mazzini, responsabile commerciale del settore per Coop Italia, «non ci sono extraprofitti». La produzione cala, i prezzi salgono: è una delle leggi più semplici dell’economia. Ecco perché il ministero delle Imprese non ha neanche preso in considerazione l’ipotesi di includere nel “trimestre anti-inflazione” frutta e verdura, sarebbe iniquo imporre cali o blocchi dei prezzi. «L’ortofrutta sta subendo l’impatto negativo di tre eventi – spiega Mazzini l’aumento del costo del denaro, perché un agricoltore incassa molti mesi dopo aver affrontato le spese per la semina; la carenza di manodopera; il cambiamento climatico».
Gelate, alluvioni, siccità e parassiti non sono mai stati tanto aggressivi quanto quest’anno, ma gli effetti del clima pesano sull’agricoltura da tempo: Coldiretti calcola che negli ultimi 15 anni siano scomparsi dal nostro territorio oltre 100 milioni di piante da frutta. Abbattuti 16,4 milioni di piante di arance, 20 milioni di peschi, 30,4 milioni di viti. Gli agricoltori si scoraggiano, anche per la concorrenza definita spesso sleale di produzioni che arrivano da altri Paesi e che non rispettano gli standard italiani ed europei.
A scoraggiarsi sono anche i consumatori, che magari capiscono anche le ragioni dei produttori, e dei rivenditori che non possono che prendere atto degli aumenti, ma vedono crescere lo scontrino della spesa.
L’inflazione a due cifre del 2022 ha lasciato il segno, non compensata da aumenti analoghi delle entrate. L’ultimo Rapporto Coop calcola che tra il 2021 e il 2023 i prezzi medi di frutta e verdura siano aumentati di 16,5 punti, ma le vendite sono scese di 15,2 punti. E i consumatori sono pronti a tagliare ancora, a fronte di altri possibili aumenti: il 17% degli intervistati dichiara che nei prossimi 12-18 mesi ridurrà ancora gli acquisti di frutta e verdura, già ben al di sotto dei 500 grammi giornalieri consigliati per una dieta sana.
Un circolo vizioso che si avvita sempre di più, minacciando anche i nostri primati nell’export: «L’ortofrutta tradizionale è una fabbrica acielo aperto sottoposta a fenomeni climatici sempre più estremi», spiega Renzo Piraccini, presidente di MacFrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta che si tiene in Emilia Romagna. «Se vogliamo evitare di ricorrere sempre di più alle importazioni per i consumi interni, e tutelare le nostre esportazioni, a partire dalle mele, l’uva da tavola, i kiwi, dobbiamo cambiare le nostre tecniche di produzione. Non si può più continuare a produrre come quando arrivava una gelata ogni cinque anni, ora che ne arrivano cinque l’anno».
Un approccio condiviso da Coldiretti: «Il rischio di veder scomparire le proprie eccellenze di produzione si corre sempre in un mercato globalizzato – afferma Lorenzo Bazzana, responsabile economico Coldiretti ma ora la questione è diversa: non possiamo sorprenderci più per la siccità o le bombe d’acqua. Bisogna concretizzare al più presto i progetti per i nuovi invasi, che permettano di trattenere l’acqua quando piove in eccesso, evitando che faccia danni, ma anche che si disperda nel mare, in modo da poterla utilizzare quando serve». Gli invasi, previsti dal Pnrr, non bastano però a sostenere gli agricoltori che, prosegue Bazzana, hanno bisogno anche di un contributo da parte della ricerca, «meglio se pubblica, per individuare nuove varietà più resistenti al cambiamento climatico», e da parte delle assicurazioni, «per evitare il fuggi fuggi delle compagnie quando ci sono danni e calamità naturali».
Uno sforzo enorme che ha dei costi, che continueranno a riflettersi sui prezzi: «L’agricoltura che abbiamo conosciuto si sta riducendo, a vantaggio di tecniche avanzate che faranno crescere i costi di produzione», osserva Piraccini. La frutta e la verdure vendute a prezzi bassi, insomma, rischiano di rimanere un ricordo del passato.