Corriere della Sera, 8 ottobre 2023
Intervista a Fabio Fazio
Fabio Fazio, domenica prossima si ricomincia.
«Ricomincio da Nove».
Quanti anni di Rai?
«Quaranta».
Esordio?
«Imitatore a Pronto Raffaella: 10 ottobre 1983. Non avevo ancora compiuto 19 anni, l’età di mio figlio adesso».
Chi imitava?
«Grillo, Troisi, Benigni, Corrado, Enzo Tortora. E poi quelli che non faceva nessuno».
Chi?
«Gli eroi del Mundial: Paolo Rossi, Antognoni, Bearzot. Più avanti, Gianni Minà».
Come arrivò da Raffaella?
«Dopo due provini. La Rai aveva lanciato il concorso “un volto nuovo per gli anni 80”. Era la risposta alle tv commerciali: loro ci portano via i personaggi, e noi li costruiamo. Il primo provino si fece a Genova, il secondo a Roma. Mi accompagnò mio papà, perché ero troppo ragazzino per andare a Roma da solo. Era la prima volta in vita mia».
Non era mai stato a Roma?
«No. Solo a Parigi, col dopolavoro ferroviario di Savona, con 300 mila lire risparmiate con fatica. Era il maggio 1983, la Roma aveva vinto lo scudetto. Andai a San Pietro e al Colosseo: c’era Venditti al pianoforte bianco che registrava il video di Grazie Roma. La giornata era fatta».
Cosa faceva suo papà?
«Il ragioniere. Impiegato alla provincia».
Chi la esaminò?
«Bruno Voglino e Guido Sacerdote, il più grande produttore della Rai, che con Falqui aveva firmato tutti i grandi varietà tv, mutuati dal teatro: un’autorità morale. Mi chiese cos’avessi di nuovo rispetto al provino di Genova».
Cos’aveva di nuovo?
«Niente: non pensavo che mi avrebbero chiamato. Facevo l’ultimo anno di liceo. Sarebbe come se adesso mi chiamassero per fare il corazziere al Quirinale».
Raffaella com’era?
«Me la trovai davanti in ascensore, mi salutò con un cenno del capo. Stavo salendo dagli autori, che erano Magalli e Boncompagni, e non sapevo se mi aveva riconosciuto o se dovevo presentarmi come il nuovo ragazzo delle imitazioni. Pensai con stupore che Raffaella era a colori. L’avevo sempre vista in bianco e nero».
Il tuca-tuca.
«Il primo turbamento, insieme con Lola Falana, che era bellissima, e Sylvie Vartan».
Ci sono ancora le immagini del suo esordio.
«Avevo un vestito di colore cangiante tra il grigio e l’azzurro, una sorta di reato, ero andato a comprarlo con mia mamma nel corso principale di Savona. Cravattina blu, piccolissima e strettissima, capelli a cespuglio tipo Napo orso capo… un’ingenuità incredibile. Finii a fare il programma della Carrà per cinque giorni, di cui uno di sciopero, e pensavo che questo esaurisse l’obbligo della Rai nei miei confronti. Invece la storia è andata avanti. Più di due terzi della mia vita».
Perché ha lasciato la Rai?
«È come se uno ti dicesse che non ti rinnova l’affitto di casa: o dormi per strada; o vai a cercare un’altra casa. Non me ne sono andato di nascosto. Ho avuto un’offerta importante ed entusiasmante per un ricominciamento. Da Warner Bros Discovery, un gruppo che mi cercava da sei anni».
Sì, ma con la Rai cos’è successo?
«A marzo l’amministratore delegato mi disse che non sarebbe rimasto e non poteva rinnovare il contratto. A quel punto cominciò la trattativa con Discovery. Lo scrissero i giornali, in Rai lo sapevano tutti: non sono scappato di nascosto col favore dell’oscurità. Semplicemente non si è fatto vivo nessuno e dunque ho capito che la storia finiva lì. A quel punto sono andato felicemente verso quella che considero una seconda vita. Penso sia la cosa giusta. È bello sentirsi voluti. Sono molto contento, e sono enormemente grato a Discovery con cui ho inizio una nuova avventura entusiasmante. Non dirò mai nulla contro la Rai, dopo tanto tempo passato non a mangiare nel piatto ma a cucinare quel piatto. È chiaro che questo lavoro si fa se si è voluti, e se si è utili».
«Belli ciao» vi ha salutati Salvini.
«Ha firmato l’uscita».
È vero che ha contato gli attacchi di Salvini contro di lei?
«Ero arrivato a 124. Poi ho perso il conto».
E il Pd?
«Se fossi organico al Pd o a chiunque altro sicuramente sarei ancora in Rai. Non sono mai stato difeso, con buona pace degli illustri colleghi secondo cui ero tornato su Rai3 grazie al Pd. Non ho mai avuto nessun tipo di aiuto, e non mi sognerei di chiederlo».
Perché?
«Perché se chiedi aiuto hai finito di fare il tuo lavoro. La libertà è una sorta di solitudine. Non vivo a Roma ma a Milano, con la mia famiglia. Non frequento quasi nessuno. Se avessi avuto qualcuno dietro, i miei anni sarebbero stati diversi, sarei ancora su Rai1 dove ero arrivato nel 2017. Guardo avanti senza rimpianti. Le cose fatte sono fatte, e hanno costruito quel che siamo. Oggi quel che siamo lo mettiamo al servizio del futuro. Comincio una nuova avventura, abbiamo quattro anni di tempo in cui possiamo finalmente provare a fare cose diverse e nuove. Sono molto sereno».
Qualcuno ha detto: Fazio fa il martire e va a guadagnare di più.
«Mi trovi una sola affermazione in cui faccio il martire. Ho detto che vado in un’azienda in cui mi sento benvoluto, a fare un lavoro ben pagato. E ho semplicemente raccontato come sono andate le cose».
Ben pagato quanto?
Futuro
«Con Che tempo che fa per me inizia una seconda vita. Salvini? Contavo i suoi insulti, è stato lui a firmare la mia uscita»
«L’aspetto meraviglioso di lavorare nel privato è poter rispondere a questa domanda: fatti miei. Mi hanno sempre chiesto quanto guadagnavo in Rai; non mi hanno mai chiesto quanto ho fatto guadagnare alla Rai. “Che tempo che fa” portava alla media di Rai3 oltre un punto di share. E un punto di share vale alcuni milioni di euro. Per 20 anni».
Avrete avuto anche dei costi.
«Mi fermo qui. Dico solo che se non avessimo avuto un valore, non ci avrebbero preso gli altri e non avremmo avuto mercato».
Su Rai3 lei andava in doppia cifra. A quale share punta adesso?
«Il paragone è impossibile. Discovery la domenica sera è attorno al 2. Mi piacerebbe raddoppiare».
Come funzionerà la trasmissione?
«Comincia alle 19.30, con un prologo tra me e Nino Frassica. Accanto a Luciana Littizzetto ci sarà Ornella Vanoni: una farà l’editoriale e l’altra il commento… Ci voleva qualcuno fuori dalle righe, del tutto libero, e abbiamo pensato a Ornella».
Lei Fazio senza la Littizzetto ormai non vive.
«Non credo ci siano altri casi al mondo di un comico, tra l’altro donna, che fa un pezzo di mezz’ora in tv ogni settimana da 15 anni».
Altre novità?
«Ubaldo Pantani fisso. Poi faremo qualche test, e vediamo come va».
Ospiti della prima puntata?
«Patrick Zaki, e spero un’altra meravigliosa sorpresa. L’importante è che i nostri telespettatori ritrovino il programma».
In Rai è davvero cambiato qualcosa con la destra?
«In Rai, ma onestamente più in generale nel Paese, si ha l’impressione che si sia abdicato all’idea di ciò che sempre è stato considerato pubblico, trasformandolo in governativo. Non è spoils system; è come se, quando cambia il sindaco, cambiasse il tragitto dell’autobus. E questa è una grande perdita. Perché sono sempre di meno i valori acquisiti, a prescindere dalle maggioranze che si alternano».
In Rai si è sempre fatto così.
«Non lo so, ma so che la tv si è sempre fatta aggiungendo, mai togliendo. È proprio l’idea in generale di servizio pubblico che trovo molto trasformata, e non vale solo per la tv. È come se ci fosse un premierato di fatto. Tutti considerano normale che pure la scuola o la sanità debbano rispondere al governo. Invece esistono valori che dovrebbero essere acquisiti. I vaccini, ad esempio: non è che sono utili o inutili a seconda di chi vince».
Come trova la Meloni?
«Nulla di peggio dei conduttori tv che parlano di politica…».
Insisto: come trova la Meloni?
«Ha fatto quello che pensavo facesse. Non potendo fare granché, sta dedicando molta attenzione a battaglie identitarie, nessuna delle quali mi sembra accettabile».
La Schlein?
«Ci sta provando, in una situazione complicata. Temo che la strada sia molto lunga e irta di difficoltà».
Salvini?
«Mi ha colpito quando ha detto che i migranti arrivano con il telefonino e le scarpe. Passi il telefonino. Ma le scarpe sono una cosa che definisce la nostra umanità. Gli animali non hanno le scarpe; gli esseri umani sì. L’ho trovata una frase di una violenza definitiva, senza ritorno».
Come ha fatto ad avere ospite il Papa?
«Frequento la comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante e don Davide Banzato. Incontrai il Papa anni fa, e gli dissi del mio banale desiderio. Qualche volta ci siamo scritti o salutati per interposta persona. Poi ho sentito che fosse il momento opportuno per invitarlo, e lui mi ha fatto rispondere: il Papa ha detto che quando sarà il momento lo sentirà. Un mercoledì pomeriggio ricevo una telefonata da un numero privato, pensavo fosse il commercialista. Era lui».
Cos’ha risposto?
«O mamma mia! E lui: no, Papa mio».
E Macron?
«Si era nel pieno della crisi dei Gilet Gialli. Lui fu affettuoso con il pubblico italiano, con Mattarella, ma in Rai non furono entusiasti. Eppure avevo intervistato il presidente della Repubblica francese, non il capo dell’Isis…».
Cosa succede a Mediaset?
«Mi sembra che Pier Silvio Berlusconi abbia avviato un nuovo corso. Ogni novità è divertente, muove il mercato, muove lo statu quo».
Tra quarant’anni avremo ancora la tv?
«Di sicuro non ci sarò più io…».
Dico sul serio.
«Già ora la tv è fatta di frammenti, la vocazione generalista è sempre meno forte. L’importante sono i contenuti, che i giovani seguono su varie piattaforme o sui social. Tra quarant’anni ci sarà ancora la visione a distanza, ci sarà sempre il modo di comunicare; ma che l’intrattenimento passi dalla tv mi pare difficile».
Lei è della Samp, Vialli e Mancini erano i suoi idoli oltre che suoi coetanei. Come ha preso l’addio del ct della Nazionale?
«Auguro ogni bene a Roberto, ma penso che l’uscita non sia stata felice. Avrebbe dovuto spiegare meglio i motivi».
I soldi.
«Mi pare ingeneroso e superficiale: non credo ne avesse bisogno. Sarebbe interessante conoscere le circostanze che l’hanno portato a prendere una decisione raccontata male».