Corriere della Sera, 8 ottobre 2023
Ogni giorno un’emergenza
Uno Stato in emergenza. Il Consiglio dei ministri ha prolungato lo stato di emergenza per altri sei mesi «in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti». Sono passati dieci anni dalla tragedia di Lampedusa: il 3 ottobre 2013 morirono in mare 368 disperati. La maggior parte di loro erano fuggiti dall’Eritrea, stipati su un barcone fatiscente di 20 metri salpato dalla Libia. Già allora si parlava di emergenza.
In Italia è sempre emergenza. Dopo l’emergenza rifiuti, l’emergenza idrica, l’emergenza pandemica, l’emergenza gas, l’emergenza taxi, l’emergenza terremoto prosegue ancora l’emergenza profughi. L’emergenza è una condizione eccezionale, imprevista e quindi rara. Da noi, invece, l’emergenza è diventata un requisito della quotidianità. Viviamo perennemente in uno Stato emergenziale dove l’urgenza delle decisioni è una scorciatoia di governo e un’occasione per presentarsi come il Mr. Wolf che risolve problemi. La «filosofia» dell’emergenza nasce dall’incapacità di darsi politiche di prevenzione e dalla retorica dei decreti sicurezza: abituati al fatto che la normalità non funziona, ci affidiamo all’eccezionalità.
Dev’essere una malattia antica se già nel 1796 Goethe scriveva con Friedrich Schiller negli epigrammi degli Xenia: «L’emergenza insegna a pregare, si dice: per impararlo si vada in Italia!».