++ USA, TROPPO PRESTO PER DIRE SE IRAN IMPLICATO NELL'ATTACCO ++, 8 ottobre 2023
C’È LA MANO DELL’IRAN DIETRO ALL’ATTACCO DI HAMAS – IL PIANO MILITARE PER COLPIRE ISRAELE SI È RIVELATO MOLTO SOFISTICATO. LA PREPARAZIONE È DURATA MESI, RIUSCENDO A BEFFARE LE DIFESE ELETTRONICHE E I SERVIZI SEGRETI DI TEL AVIV – MOLINARI: “LA PRIMA CAPITALE A LODARE L’ATTACCO DI HAMAS È STATA TEHERAN, I CUI ISTRUTTORI E LA CUI INTELLIGENCE OPERANO DA TEMPO PER TRASFERIRE A GAZA L’ESPERIENZA MILITARE DI HEZBOLLAH. L’ATTACCO NASCE DALLA VOLONTÀ IRANIANA DI OSTACOLARE CON LA VIOLENZA UN POSSIBILE ACCORDO DI PACE FRA LO STATO EBRAICO E L’ARABIA SAUDITA” – GLI USA PER ORA SONO CAUTI: “È PRESTO PER DIRE SE L’IRAN SIA IMPLICATO”
(ANSA) - E' troppo presto per dire se l'Iran sia implicato nell'assalto a Israele. Lo ha detto un funzionario americano, secondo quanto riportato dai media statunitensi. (ANSA). BREMMER, 'ACCORDO ARABIA SAUDITA-ISRAELE ERA VICINO, ORA MORTO' (ANSA) - L'accordo fra Arabia Saudita e Israele "era vicino, c'era molta fiducia. Al momento penso sia morto, questo non significa che possa essere rilanciato in un altro momento". Lo afferma Ian Bremmer, il presidente di Eurasia Group, in un'intervista a Cnn. (ANSA).
GLI OBIETTIVI DEL TERRORE Estratto dell’articolo di Maurizio Molinari per “la Repubblica”
L’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele descrive identità ed obiettivi del terrorismo islamico, è frutto di un piano militare sofisticato che ha beffato Gerusalemme e nasce dalla volontà di Teheran di ostacolare con la violenza un possibile accordo di pace fra lo Stato Ebraico e l’Arabia Saudita. Il primo e rudimentale intento di Hamas è di portare il terrore più feroce nel cuore di Israele: l’attacco ha visto dozzine di terroristi ben armati ed addestrati entrare in più centri civili nel Sud per uccidere chiunque passava, citofonare nella case annunciando l’arrivo della morte, rapire uomini, donne e bambini, e diffondere via web i video sulle vittime umiliate, maciullate, per far comprendere ad ogni cittadino dello Stato ebraico che Hamas può raggiungerlo ovunque, che la sua sicurezza semplicemente non c’è più.
[…] Hamas, votata sin dalla nascita alla distruzione di Israele, vuole dimostrare di poter declinare il terrore più efferato dentro ogni casa ebraica, perché il suo obiettivo strategico è spingere gli ebrei a fuggire da una terra che i jihadisti ritengono appartenga solamente all’Islam.
Le immagini di salotti e cucine delle case israeliane devastate con le scritte “Allah è Grande” disegnate in rosso sulle pareti sono la fotografia di quanto hanno in mente i jihadisti: trasformare lo Stato ebraico in un immenso lago di sangue.
Se l’intento di Hamas è di una brutalità medioevale, il piano militare per realizzarlo si è rivelato invece molto sofisticato. Segnando un nuovo sviluppo del concetto di guerra ibrida. La preparazione è durata mesi, riuscendo ad evadere la sorveglianza elettronica israeliana, e l’attacco ha beffato le difese di Gerusalemme su tre fronti.
Primo: il lancio iniziale, poco dopo l’alba, di oltre 2500 razzi nell’arco di brevissimo tempo, ha messo in difficoltà il sistema antiaereo dell’ “Iron Dome”. Secondo: i terroristi che hanno superato il confine con deltaplani a motore hanno dimostrato l’inutilità delle difese elettroniche israeliane, atterrando facilmente sul lato opposto per far esplodere le reti di frontiera e consentire l’entrata dei pick-up carichi di uomini armati.
Terzo: le stragi di civili, il rapimento di ostaggi e la cattura di armamenti israeliani sono avvenute nell’arco di poche ore, dimostrando che Hamas — aiutata forse dai droni iraniani — conosceva a menadito il territorio su cui muoversi. Dettaglio più o meno, è lo stesso piano che Hezbollah aveva per infiltrare il Nord della Galilea attraverso tunnel costruiti sotto il confine libanese e che Israele scoprì nel 2018: allora Hezbollah aveva immaginato di violare la sicurezza del “nemico sionista” muovendosi sottoterra, Hamas ora ci è riuscita volando con i deltaplani.
Con un’azione a sorpresa messa a segno in coincidenza con il 50° anniversario della Guerra del Kippur, quando furono gli eserciti di Egitto e Siria a cogliere del tutto impreparate le difese israeliane. Questa volta l’impreparazione è evidenziata da quanto solo pochi giorni fa l’intelligence militare israeliana aveva comunicato per iscritto al governo: “Hamas non è interessata ad un’escalation militare nella Striscia di Gaza”. Poiché in Medio Oriente le sensazioni collettive spesso fanno la differenza, non si può escludere che davanti alle immagini di Israele lacerata dalle proteste interne, Hamas si sia convinta che il nemico era diventato più vulnerabile.
Ma non è tutto perché la prima capitale a lodare l’attacco di Hamas è stata Teheran, i cui istruttori e la cui intelligence operano da tempo per trasferire a Gaza l’esperienza militare di Hezbollah. Il progetto di coordinare gli Hezbollah libanesi con Hamas e Jihad islamica a Gaza e altri gruppi jihadisti in Cisgiordania al fine di attaccare il cuore di Israele nasce dalla mente di Qassem Soleimani, l’ex capo della “Forza Al Qods” dei Guardiani della Rivoluzione eliminato dagli americani in Iraq nel 2020, ed ora il suo successore Esmail Qaani è riuscito a metterlo a segno. Grazie all’intesa di vecchia data fra i comandanti pasdaran e Mohammed Deif, il capo militare di Hamas.
L’intento di Teheran è creare una situazione di conflitto tale dentro ed attorno a Gaza da scuotere l’intera regione e far fallire il negoziato americano per arrivare ad un accordo di pace fra Israele ed Arabia Saudita. Per questo il commando di Hamas ha rapito civili e militari israeliani, portandoli dentro la Striscia, puntando ad usarli come scudi umani contro gli attacchi aerei israeliani e, ancor più, a trasformarli in un casus belli di lungo termine capace di precipitare nelle fiamme l’intero Medio Oriente. Ovvero, uno scenario strategico all’esatto opposto degli “Accordi di Abramo”.
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Saranno le prossime ore a dirci come evolverà la guerra che Hamas ha lanciato contro Israele. Il tentativo di infiltrazione di Hezbollah dal Libano, le feste in piazza a Jenin in onore dei “martiri della Jihad”, i corpi dei soldati israeliani uccisi trascinati per le strade di Gaza e i muezzin del quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est, che incitano ad unirsi alla “tempesta per Al Aqsa” lasciano intendere che nulla può essere escluso. Così come gli attacchi aerei israeliani lanciati contro la Striscia possono essere l’inizio di un’operazione più vasta, non solo a Gaza, ma anche ovunque Hamas possiede basi, armi e alleati.
Davanti ad uno scenario disseminato di incognite ci sono pochi dubbi sul fatto che il conflitto appena iniziato definisca in maniera cristallina l’esistenza di due campi opposti in Medio Oriente: quello di chi cerca una pace regionale per comporre il secolare conflitto arabo-israeliano e quello di chi invece vuole perpetuarlo, credendo solo nella guerra. Il cui maggiore protagonista è il fronte jihadista che punta alla distruzione dello Stato ebraico, unica democrazia del Medio Oriente.