il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2023
Poltrone e costi lievitati, il Consiglio di Stato fa a pezzi i ministri di Meloni
C’è chi, come Francesco Lollobrigida, nella fretta di mettere mano alle caselle del ministero della Sovranità alimentare non si è neppure sprecato a spiegare in base a quale logica o utilità il vino debba mai rientrare nelle competenze della stessa direzione che si occupa di cavalli. E chi, come il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha omesso di dire se l’ufficio incendi del Viminale si continuerà occupare di prevenzione anche per quel che riguarda i musei o chi lo dovrà fare d’ora in poi. Matteo Salvini, invece, si è tenuto sul vago per un altro aspetto di non minor valore: non si capisce, vista la formula “alquanto malcerta” che ha usato riorganizzando l’organigramma del ministero delle Infrastrutture, se abbia per caso coinvolto, come previsto dalla legge, i sindacati e, se sì, cosa ne pensano. Peggio ha fatto Daniela Santanchè: per la fretta o perché l’ha ritenuta una scocciatura, s’è scordata di procurarsi il prescritto “concerto” del ministro della P.A. e pure di quello dell’Economia, cosa che rende invalidi gli atti.
Se non fosse che parliamo di dicasteri con fior di uffici legislativi, ci sarebbe da ridere. Sbavature, omissioni e sciatterie si ripetono con il pretesto di semplificare. E così il giudizio del Consiglio di Stato sulla raffica di riorganizzazioni dei ministri è inclemente: mai come la sonora bocciatura rifilata al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, già raccontata dal Fatto, ma pure i suoi colleghi non scherzano. Le contestazioni di Palazzo Spada sono così numerose da illuminare il vero non detto: queste riorganizzazioni vengono usate per moltiplicare consulenze, stipendi, posti e per nominare i dirigenti più fedeli in barba allo spoils system limitato ai dirigenti apicali nei primi 90 giorni post insediamento. Nel governo Meloni l’hanno fatto 13 ministeri su 15, un record assoluto se si considera che non hanno acquisito nuove competenze.
Negli schemi di riorganizzazione sottoposti al parere di Palazzo Spada, infatti, salta all’occhio soprattutto che “l’effetto incrementativo sugli assetti organizzativi (anche in termine di risorse umane, reali e finanziarie) risulta significativo”.
Si prenda il caso del ministero di Lollobrigida dove la dotazione organica aumenta di due posizioni dirigenziali di livello generale, sei di livello non generale, 60 unità nell’area funzionari, 30 in quella assistenti. E se crescono le poltrone mancano invece indicazioni sulla ratio delle modifiche introdotte, nonostante le stesse comportino importanti spostamenti di materie dalla competenza”. Tipo il settore vitivinicolo spostato sotto la direzione che si occupa di ippica, o l’accorpamento della gestione del personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi, scelte che “appaiono non essere il frutto di una ragionata verifica della potenziale incidenza delle opzioni organizzative sui risultati complessivamente attesi”.
Stesso discorso vale per l’Interno in cui la nuova riorganizzazione specifica tutta una serie di competenze specie in capo al Dipartimento dei Vigili del fuoco, ma non è dato sapere se siano state “adeguatamente considerate le esigenze di coordinamento con le competenze degli altri organi e uffici” tipo la Protezione civile. Per tacere della prevenzione incendi che compete a un’apposita direzione preposta alla sicurezza nei luoghi di lavoro, negli impianti a rischio rilevante, ma ora risulta “soppresso il riferimento al settore dei beni culturali”.
E veniamo a Salvini che, come sottolinea il Consiglio di Stato, non dice se la riorganizzazione ha coinvolto i sindacati (stessa cosa del Turismo), mentre sono sicure le poltrone assegnate al suo staff. Lievitano anche quelle a disposizione di viceministri e sottosegretari, visto che il contingente di personale è ora “fissato in sette unità ciascuna da considerarsi aggiuntive rispetto al complessivo contingente assegnato agli Uffici di diretta collaborazione”. Anche al ministero del Turismo si conferma il trend della moltiplicazione (pianta organica raddoppiata) e non si fa neppure lo sforzo di spiegare con quali obiettivi o finalità, visto che la relazione che accompagna la riorganizzazione è, come quasi tutte, “scarna e sintetica” e copiaincollata dal decreto. La richiesta di parere al Consiglio di Stato, peraltro, neppure è firmata dal ministro, che non ha condiviso la riorganizzazione con i ministri della Pa e dell’Economia, prevista per legge e manca perfino il visto della Presidenza del Consiglio. Risultato: parere negato, così come a Pichetto, in attesa che facciano bene i compiti.