la Repubblica, 7 ottobre 2023
Un aborto si fa con la pillola
Era il lontano novembre del 2005 e l’allora ministro alla Salute Francesco Storace la definì «un incentivo all’aborto». La Ru486, già sperimentata a Torino, in quei giorni venne usata per la prima volta in un ospedale, quello di Pontedera. Da allora è passato tanto tempo e lentamentequel farmaco già di uso quotidiano in altri Paesi europei, ha guadagnato spazio anche da noi, fino ad essere usato nel 2021 in quasi la metà degli aborti. La crescita della pillola abortiva è andata di pari passo con il calo delle interruzioni di gravidanza, smentendo così le previsioni di Storace e di tutto il mondo di destra, compresa l’attuale ministra alla Famiglia Eugenia Roccella, che in quei primi anni di utilizzo fece di tutto per espellerla dal sistema sanitario.La Relazione al Parlamento sull’applicazione della 194, resa pubblica ieri dal ministero alla Salute certifica il calo delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg). Nel 2021 sono state 63.353, cioè il 4,2% in meno rispetto all’anno precedente. Nel 2005 erano 129 mila, mentre nel 1984 si raggiunse la cifra record di 234 mila. In più, nel 2021, è ulteriormente sceso il tasso di abortività, che è importantissimo perché dice quante donne tra i 14 e i 49 anni ogni mille hanno fatto l’interruzione di gravidanza. Il numero è 5,3, il 2,2% in meno rispetto al 2020. «Nel 2021 il numero di interruzioni è diminuito in tutte le aree geografiche. l ricorso all’aborto è diminuito in tutte le classi di età rispetto al 2020, in particolare tra le più giovani».Riguardo alla Ru486, ormai è usata per il 48,3% degli aborti ed in 11 Regioni e una Provincia ha già superato la chirurgia. Colpisce la crescita dell’utilizzo del farmaco negli ultimi anni. Nel 2018 l’aborto farmacologico rappresentava il 27,7% del totale, nel 2019 si è saliti di poco, al 28,8%. Nel 2020 c’è stata la prima impennata, cioè il passaggio al 35,1% e l’anno successivo si sono quasi raddoppiati i valori di due anni prima. Durante il Covid, con le difficoltà di ricoverare e di operare, molti reparti di ginecologia hanno evidentemente scoperto la Ru486.Con la pillola si fanno il 76,4% degli aborti il Liguria, il 75,4% in Calabria, il 74,4% in Basilicata, il 71,5% a Trento, il 66,5% in Emilia-Romagna, il 65,4% in Piemonte. Tra il 50 e il 60% ci sono Friuli Venezia Giulia, Umbria, Toscana, Lazio, Valle d’Aosta e Puglia. La pillola non ha sfondato in Lombardia, che si ferma al36,6%, e in Veneto (38,2%).Nel 2021 è aumentato anche l’uso della contraccezione di emergenza, che non è un atto abortivo visto che il farmaco, la pillola dei cinque giorni dopo o la pillola del giorno dopo, agisce solo se l’inseminazione non è ancora avvenuta. Ebbene, nel 2021 sono state usate quasi 332mila dosi di pillola dei cinque giorni dopo, contro le 266mila del 2020. È in caloinvece l’uso della pillola del giorno dopo, sceso da 325mila dosi nel 2019 a 284mila nel 2021.I ginecologi obiettori sono il 63,4% e gli anestesisti il 40%. Si va dall’85% della Sicilia al 45% dell’Emilia. Il numero totale dei non obiettori è 1.600, in leggera crescita e visto che le interruzioni di gravidanza calano, secondo il ministro alla Salute Orazio Schillaci, che ha scritto ilcommento alla Relazione, non ci sono problemi col servizio. «Calano le interruzioni medie settimanali a carico dei ginecologi non obiettori, a livello nazionale, 0,9 interruzioni settimanali, con poche variabili a livello regionale. Eventuali problemi nell’offerta potrebbero essere riconducibili all’organizzazione del servizio, non alla numerosità del personale obiettore».