Corriere della Sera, 6 ottobre 2023
Intervista a Maurizio De Giovanni
NAPOLI Lo scrittore Maurizio de Giovanni continuerà come sempre a scrivere gialli, storie e sceneggiature, ma si farà vedere molto meno nelle occasioni pubbliche non collegate al suo lavoro. È stato lui stesso a comunicarlo con un post sulla sua pagina Facebook: «A partire da oggi (...) vi prego di non invitarmi, convocarmi, chiedermi o pregarmi di fare cose a supporto del lavoro degli altri».Toni decisi, dunque, e altrettanto decisamente inusuali per uno come de Giovanni, solitamente generoso e disponibile ad accogliere l’invito anche di chi non ha una platea prestigiosa da offrirgli.
Che le è successo?
«Non mi sta bene essere considerato quello che non sono».
Veramente lei è considerato un bravo scrittore, e certamente lo è.
«Grazie, ma non è questo il punto».
E qual è?
«Sui social c’è chi mi ha definito tuttologo o addirittura prezzemolino. E questo non mi sta bene. La prima volta non ci fai caso, la seconda neppure. Poi ti accorgi che continuano, e allora arriva il momento in cui dici basta. Ecco, quel momento è arrivato».
Non sarebbe stato più semplice lasciare i social?
«No, non sarebbe servito a niente. Magari non avrei più letto quel tipo di commenti, ma certo chi mi accusa non avrebbe smesso di farlo. E poi io sinceramente ritengo che chi fa il mio lavoro non possa stare fuori da queste piattaforme che oggi rappresentano i principali strumenti di comunicazione».
Quindi ha deciso di andarsene lei. Non dai social ma dagli incontri pubblici.
«Da quelli non legati al mio lavoro sì. E ho fatto quel post per far sapere a chi mi segue che le occasioni per vederci da oggi in poi saranno sempre meno. Rispetterò gli impegni già presi, ma non ne prenderò altri».
La spiegazione
«Non mi va di essere considerato ciò che non sono. Non è stata una decisione facile»
E non le dispiace?
«Eccome. La mia non è affatto una decisione presa a cuor leggero perché a me piace incontrare i lettori. Ho un carattere estroverso, mi diverto a confrontarmi con le altre persone e magari anche stare a discutere».
Ma l’hanno accusata di farlo per tornaconto personale.
«Esattamente. Invece è vero il contrario. Ho sempre dato la mia disponibilità a tanti e in particolare quando mi è stato chiesto di partecipare a eventi di beneficenza o di una qualunque rilevanza sociale, perché ho una sensibilità che mi induce a regolarmi così. Ma si è trattato, ripeto, sempre e soltanto di disponibilità».
Diciamolo chiaramente: si è mai fatto pagare?
«Assolutamente no, mai. E non solo non ho mai chiesto né preso un euro, dovunque io sia intervenuto, ma non ho nemmeno mai tratto alcun vantaggio dal partecipare a un evento o a una qualsiasi iniziativa pubblica. Non devo promuovere i miei libri né me stesso, e chi mi segue lo fa attraverso le storie che racconto. E che ovviamente continuerò a raccontare».
Restando nell’ombra.
«Proprio nell’ombra non direi. Ho degli impegni pubblici. Sono presidente della Fondazione Premio Napoli e continuerò a esserlo. E poi condurrò in Rai “Per un pugno di libri”, e sono molto felice di farlo».
Quindi non è che ha intenzione di sparire completamente dalla circolazione?
«Come Salinger? Ma no. Anche se lui continuò comunque a pubblicare libri. Da noi, poi, c’è Elena Ferrante che ufficialmente non si sa nemmeno chi sia. Per essere scrittori non c’è bisogno di apparire».
Vediamo se è convinto davvero della sua decisione. Non andrà più nemmeno ai dibattiti sul Napoli?
«Non scherziamo. Quella è una religione. È tutta un’altra cosa».