Corriere della Sera, 6 ottobre 2023
Venticinque anni con i Beckham
L’autunno del patriarca è iniziato esattamente come cominciò la sua primavera trent’anni fa: nella luce abbagliante dei riflettori, dei flash dei fotografi, sul tappeto rosso. L’autunno del patriarca David Beckham nel bel gruppo di famiglia con moglie, figli grandi, figlia adolescente, dalla nuora e da una futura nuora, è arrivato prima dei cinquant’anni – ne ha quarantotto – perché l’ala destra più forte della fine del Novecento è nata per correre e non ha più smesso. Scelto da sir Alex Ferguson a quattordici anni per il settore giovanile del Manchester United, a diciassette anni in prima squadra a fare gol da centrocampo, di corsa attraverso le vittorie di sei Premier League, due FA Cup, una Champions prima di andare a Madrid per salire sull’astronave miliardaria dei galacticos.Allora era lo Spice Boy bersagliato dalle frecce degli allora onnipotenti tabloid inglesi come il San Sebastiano del Mantegna, marito della Spice Girl meno simpatica delle cinque. Oggi è marito felice (da 24 anni, alzi la mano chi l’aveva previsto nel 1999 vedendo le immagini del trashissimo matrimonio in viola shocking) con capelli sempre più radi nonostante l’attenzione cronica alla cosmesi, papà di tre figli grandi e della dodicenne Harper ultimogenita alla quale concede tutto e dalla quale si lascia truccare in diretta per le storie di Instagram.
La foto dell’altra sera, sul tappeto rosso di Londra, è quella di una festa speciale perfino per lui, uno degli uomini più famosi del mondo il cui ritiro dal calcio giocato dieci anni fa venne annunciato dalle breaking news delle tv di tutto il mondo come le dimissioni dei capi di Stato e di governo. Era la festa organizzata da Netflix per il film-documentario sulla sua vita, Beckham, biografia in quattro puntate bella e poco agiografica che non glissa sui punti meno gradevoli della sua carriera – il difficoltoso conciliare calcio e amore a distanza con Victoria, l’espulsione stupida ai mondiali in quell’Inghilterra-Argentina che gli aizzò contro la nazione, l’infedeltà che rischiò di far naufragare il suo matrimonio.
Il gruppo di famiglia dei Beckham è simbolo non soltanto di resistenza alle intemperanze mediatiche e agli imprevisti della vita – hanno divorziato i suoi adorati genitori, papà Ted che montava cucine fino a notte fonda e mamma Sandra parrucchiera che scappava dal suo negozietto per portarlo avanti e indietro agli allenamenti, ma David e Victoria sono ancora insieme – ma è anche simbolo di una possibile alternativa pop alla famiglia reale. Se i Windsor dopo la fine della lunghissima era elisabettiana sono entrati cautamente nell’era carolingia (il re è un altro che, come Beckham, con i tabloid anni Novanta ha qualche conto in sospeso) in ordine sparso, con Carlo e Camilla minimalisti e l’erede al trono intento a non farsi cancellare mediaticamente dal fratello ribelle autoesiliato in California e zio Andrea cancellato dalla causa civile intentata dalla massaggiatrice minorenne, ecco i Beckham pronti a subentrare. Capaci di gestire i media, sorridenti, provvidenzialmente immuni da scandali, divorzi, storiacce di vario genere.
Ecco David e Victoria re e regina del loro personale brand, eccoli circondati dai loro ragazzi belli e sorridenti: Brooklyn (24, l’unico figlio in abito scuro pur senza cravatta) con la moglie Nicola Peltz attrice di Bates Motel, Romeo (21) con la fidanzata modella Mia altissima che svettava su tutti, Cruz (18) e Harper (12). E a fare il tifo, a bordo immagine, i genitori di David («Tutto quello che è successo, tutto quello che ho, esiste grazie a voi») e l’amica di famiglia ex Baby Spice Emma Bunton e Anna Wintour che – sempre la più attenta – capì per prima il potenziale fashion-mediatico della coppia.
Come dice il tatuaggio in yiddish sul costato di Nicola Peltz (משפחה ערשט) «la famiglia prima di tutto».