ItaliaOggi, 5 ottobre 2023
Morire sì, ma a 88 anni
Sì, ma con calma. Non prima comunque di aver compiuto gli 88 anni. Ho stimato che questa sia l’età giusta per il commiato. A quel punto del cammino sarei abbastanza vecchio per apprezzare il lungo tempo che mi è stato concesso e non così decrepito da aver perso la lucidità di andarmene via con un sorriso.
Lo so è dura fare questi pensieri su se stessi, ma trovo onesto e anche naturale azzardare qualche ipotesi su un evento così altamente probabile come la morte e a vedere come ci si sente a pensarci, cosa si prova a parlarne, come si immagina che sia il durante e il dopo. Proprio in conseguenza a questi ragionamenti sono arrivato alla conclusione che il numero ottimale di anni da raggiungere e non superare, sia 88. Pensate, sarà un caso ma secondo la matematica è un numero pari, composto ma soprattutto rifattorizzabile, semiperfetto, primitivo, intoccabile, idoneo, pitagorico, pratico e congruente; in astronomia le costellazioni sono 88, nel codice Morse è un’abbreviazione che significa love and kisses, il pianoforte ha 88 tasti, il numero angelico 88 è un segno di abbondanza e prosperità e si dice che rappresenti un percorso spirituale di crescita personale che simboleggia l’equilibrio tra gli aspetti materiali e spirituali della vita. Insomma credo che sia sufficiente per considerare l’88 un numero non proprio banale.
Andare oltre gli 88 anni mi parrebbe sinceramente troppo rischioso; ho visto gente con 90 primavere sulle spalle far fatica a camminare, parlare, essere lucidi. Siccome però non spetta a me decidere, pur essendo la persona più direttamente coinvolta e interessata all’argomento, lancio questo messaggio nell’etere, sperando che Colui o Colei che si deve occupare di me raccolga la sollecitazione e si appunti in rosso sull’agenda la data di scadenza da me proposta. A leggere quanto propongo mi malediranno quelli che oggi hanno 87 anni e stanno benissimo così come mi daranno del cretino quelli che ne hanno 92 e non se la passano affatto male. Buon per loro, ma io mi limito a fare i conti sulla mia di pelle.
Aggiungo, a beneficio di chi mi sta ascoltando ma soprattutto, ribadisco, di chi su queste cose ha il potere di decidere, che qualora lo avessi convinto, gradirei per cortesia ricevere un segnale d’intesa. Avere la conferma di arrivare a quella età che mi sono proposto sarebbe una garanzia importante, mi darebbe modo di predispormi ad affrontare questa ultima quindicina d’anni il più serenamente possibile dando la minima importanza ai vari piccoli acciacchi che ogni tanto mi spaventano. Allo scadere dei miei 88 anni i miei nipotini avranno la patente, l’altro mio adorato nipote grande avrà quasi 40 anni e mio figlio la bellezza di 67, praticamente un vecchio ancora di più di quanto non lo sia già adesso.
Lo dimostra il mio amico Feltri che a 80 anni comincia a scrivere cose intelligenti. Dunque se mi volete bene, la mia lunga età potrebbe essere piacevole anche per voi; chi mai potrà raccontarvi le storie balzane che vi racconto io, come ad esempio questa del patto col diavolo o col padreterno. E non è finita. In 15 anni mi potrebbe succedere di tutto: sarei ancora in tempo a rovinarmi economicamente se trovassi una brasiliana di trent’anni, metter su altri chili o chissà finalmente trovare il peso forma ideale per uscire dal girone dei dannati obesi o in sovrappeso. Potrei addirittura scoprire nuove passioni che so per l’arte, la scultura e rinnegare la mia amata filosofia. Paradossalmente mi potrebbe anche succedere di diventare più ricco se le mie attività evolvessero e diventassero più redditizie ma francamente questo è proprio l’ultimo dei miei pensieri.
Sicuramente campassi di più avrei gli stessi amici che ho ora (due o tre) a cui aggiungerei sicuramente qualche altra vagonata di conoscenze superficiali. Aumenterei probabilmente il numero dei medici che mi prendono in cura ma in fondo questo sarebbe il giusto fio da pagare alla sorte per stare al mondo. Ho notato che gli uomini ad una certa tarda età tendono a farsi crescere la barba, non ho mai capito perché; posso assicurarvi che non lo farò e continuerò a mostrare la faccia con tutte le rughe in più. Intanto però mi godo la vita che l’è bèla e con calma mi dò da fare per cercare un posto buono e illuminato bene dove sostare nell’aldilà.
Da anni abito in un posto collinare meraviglioso pieno di boschi e prati. Ho capito che uno non può scegliere dove morire mentre invece può benissimo decidere dove essere lasciato a riposare in eterno. Ecco, io non voglio finire al cimitero ma passare il mio tempo infinito sotto una zolla di terra vicino a un bosco, all’interno di una radura. Qui, nella mia nuova location chiederei di mettermi a dimora sotto il grande acero rosso che tengo nel giardino di casa e che da quarant’anni mi tiro dietro nei miei traslochi. In questo grande giardino recintato, tenuto bene con tanti fiori ci deve essere solo un albero, lui, il mio amico acero. E lì sotto i suoi rami deve esserci una panchina di legno bella soIida e comoda.
Trovo insopportabile quando si va al cimitero che non ci si possa sedere a parlare con i propri morti. Il cimitero è un luogo freddo e inospitale anche per questa precarietà a cui ti costringe come visitatore. Invece chi vorrà venire a trovarmi nel mio giardino floreale potrà sedersi lì accanto a me, se non vuole parlare, leggere un libro o soltanto ammirare il verde dell’erba, l’azzurro del cielo e i colori dei fiori. Intorno il silenzio dei carpini e delle betulle, più in là la dolcezza dei filari delle vigne.