il Giornale, 5 ottobre 2023
La scuola senza voti
È dagli anni ’70, era pedagogica Mario Lodi, che qualcuno auspica una scuola senza voti – oggi si direbbe fluida – in cui lo studente non viene svilito da un numero. Poi, certo, ci fu anche chi, come il celebre maestro Manzi di televisiva memoria, anno scolastico 1981, si rifiutò di redigere le schede di valutazione che la riforma aveva introdotto al posto della pagella: «Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia». Era molto rispettoso delle persone, il maestro Manzi.
Ora, dopo la sperimentazione in alcuni istituti, ecco il manifesto teorico della Scuola della Responsabilità (sic): il manuale del professor Vincenzo Arte – così il nomen, amen... – Crescere senza voti. Durante l’anno scolastico niente più 4, 5, 6 o 7 ma soltanto un voto finale in pagella; e per il resto più cura nei rapporti personali e meno compiti a casa, meno stress più emozioni positive. Vorremmo tornare indietro e rifare un liceo così...
Siamo nell’epoca all free: reddito senza lavorare, immigrati senza documenti, sesso senza genere, Storia senza statue, parole senza letter*, scuola senza voti. Vita senza sacrifici?
Domanda: ma la scuola italiana è agli ultimi posti in Europa perché usiamo ancora i vecchi voti, o proprio perché abbiamo fatto tutto il possibile per eliminarli? Disinteresse per il merito, promozioni facili, 99% di maturi, lauree brevi e programmi corti. Dal «18 politico» alla promozione sulla fiducia.
Lo sappiamo già: adesso metà classe degli italiani dirà: «Bisogna proteggere i ragazzi dall’ansia e dalla competizione!», e l’altra metà: «La scuola non li giudicherà più, ma la vita sì!».
Forse Eduardo De Filippo esagerava quando diceva che «Gli esami non finiscono mai». Ma ogni tanto bisognerebbe iniziarli.