la Repubblica, 5 ottobre 2023
La vendetta di Gaetz
NEW YORK – Suprematista bianco, negazionista dell’Olocausto, filoputiniano, trumpiano, e adesso “uomo del caos”, “traditore”, “bambino petulante”. Matt Gaetz, 41 anni, avvocato nato a Hollywood, non quella Hollwyood, ma in Florida, da nove mesi era il sassolino nello stagno repubblicano al centro del pulsare dei cerchi. La fronda che ha portato alla rimozione da Speaker di Kevin McCarthy, e consegnato il Paese più potente al mondo alla paralisi – senza Speaker la Camera non può legiferare – a gennaio aveva umiliato McCarthy, eletto solo alla quindicesima votazione, prima volta in più di 150 anni, e solo dopo che il nuovo eletto aveva accettato il compromesso di una procedura semplificata per avviare la mozione di sfiducia.
Nessuno ha mai dubitato che “Florida Man”, uno dei soprannomi dati a Gaetz, sarebbe passato all’incasso, perché è tipo vendicativo, capace di camminare sui resti di ogni avversario. La sua carriera politica è cominciata a 26 anni, da figlio d’arte (il padre era stato un senatore statale), quando entrò alla Camera della Florida, e si fece notare per la battaglia a favore della cannabis. Sei anni dopo ha puntato a Washington. Gli è andata sempre bene e in modo travolgente: ha vinto di 38 punti nel 2016; di 34 nel 2018; di 32 nel 2020 e di 35 lo scorso novembre. E questo nonostante fosse sospettato di aver avuto rapporti sessuali con una escort di 17 anni.
A febbraio il Dipartimento di Giustizia ha fatto cadere l’accusa, sostenendo di non aver raccolto testimonianze sufficienti per incriminarlo, ma intanto il suo amico si è preso 11 anni per traffico sessuale di minorenni. McCarthy avevaautorizzato l’avvio di un’indagine da parte della commissione Etica, scelta che ha fatto scattare la vendetta di Gaetz, la cui parte del cattivo è andata in scena sempre alla luce del sole: ha invitato per il discorso sullo Stato dell’Unione di Donald Trump un negazionista dell’Olocausto, e ha partecipato a conferenze popolate di suprematisti bianchi. È l’ostinato oppositore agli aiuti all’Ucraina e a qualsiasi intervento americano nel mondo, a cominciare dalla Somalia.
Ora i colleghi sono stanchi delle sue cospirazioni smaccate. L’ultimo sgarbo lo ha isolato, insieme agli altri sette che hanno votato a favore della mozione di sfiducia. Tra loro, il personaggio di punta è Andy Biggs, dell’Arizona, tra i leader della corrente dell’ultradestra. Biggs non è una sorpresa: ha sempre contrastato McCarthy, fin dal voto di gennaio, ed era tra gli 89 che hanno votato contro la legge che evitava lo shutdown dei conti federali. Gli altri sono Eli Crane, neoeletto dall’Arizona; Ken Buck, Colorado; Bob Good, Virginia; Tim Burchett, Tennessee, e Matt Rosendale, Montana, che hanno contestato a McCarthy di aver “fiancheggiato” i Democratici, lasciato crescere il deficit e, in un caso (Buck) l’aver avallato l’indagine per l’impeachment di Joe Biden con il rischio di trasformarsi in boomerang.
L’ottava è Nancy Mace, South Carolina, una sorpresa: è l’unica moderata del gruppo, sostenitrice dello Speaker a gennaio quando aveva definito Gaetz una «truffa». Su “X” ha spiegato di aver votato la sfiducia a McCarthy perché «non ha tutelato le donne», ma senza entrare nel dettaglio. Dopo il voto, ha lanciato ai suoi elettori una richiesta di donazione per la sua campagna.