Corriere della Sera, 5 ottobre 2023
Gli ospedali perdono 800 mila ricovery
«C’è sempre una soluzione a tutto, ciò che conta è la salute», dice l’antico proverbio. Lo dice anche l’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Su questo diritto abbiamo costruito uno dei sistemi sanitari migliori al mondo, salvo poi svuotarlo pian piano nel corso degli anni, pentircene, e giurare di risanarlo.
Bene, guardiamo com’è oggi la situazione in Italia con un’elaborazione in esclusiva di Dataroom su dati dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che fa capo al ministero della Salute, e che per la prima volta ci permettono di capire davvero cosa è successo negli ospedali italiani dopo i due anni orribili del Covid. Il 2022 dovrebbe essere stato un anno di ritorno alla normalità, in cui è possibile anche recuperare l’attività rimasta indietro nei mesi clou dell’epidemia.
I ricoveri persi
Nel 2022 in Italia ci sono stati 6,9 milioni di ricoveri di cui 5,1 negli ospedali pubblici e quasi 1,8 nei privati accreditati con il servizio sanitario. Rispetto al 2019 gli ospedali pubblici perdono 740.788 ricoveri, che diventano 833.749 se togliamo i 92.961 ricoveri Covid che nel 2019 non ci sono stati. Tradotto in percentuale fa un meno 13%. È come se in Italia in 4 anni avessimo chiuso, nel silenzio più assoluto, oltre 17 mila posti letto. L’equivalente di 40 ospedali di medie dimensioni e oltre 800 reparti. Invece negli ospedali privati accreditati i ricoveri sono diminuiti solo del 4%, la perdita è di 79.953 ricoveri al netto di quelli per Covid. Significa che nel 2022 gli ospedali pubblici perdono il triplo dei ricoveri rispetto agli accreditati, un dato che indica l’aumento del peso specifico della sanità privata convenzionata. Infatti se nel 2019 su 100 ricoveri 76 erano negli ospedali pubblici e 24 nel privato accreditato, ora il rapporto è 74 nel pubblico e 26 nel privato convenzionato. Può sembrare una differenza piccola, ma in realtà indica una tendenza progressiva in corso da tempo e ancora non visibile al cittadino comune. Per lui non fa differenza, quello che gli interessa è essere curato al meglio, e generalmente le più importanti strutture convenzionate funzionano bene. Del resto il servizio sanitario nazionale accredita gli ospedali privati per contribuire a completare l’offerta sanitaria e potere erogare ovunque i livelli essenziali di assistenza. Dunque sulla carta hanno stessi diritti e stessi doveri. Ma è davvero così? Per rispondere a questa domanda bisogna capire se gli ospedali privati accreditati, i cui ricoveri Covid nel 2022 sono ormai limitati al minimo (12.311), si fanno carico di compensare l’attività non svolta dal pubblico ancora in evidente difficoltà. Vediamo cosa dicono i numeri.
Patologie oncologiche
Partiamo dagli interventi chirurgici per tumori, e dunque per le patologie più gravi e urgenti:
— tumori al seno con mastectomia: nel 2022 il privato accreditato fa 412 interventi in più rispetto al 2019, e recupera anche il pubblico con +806;
— neoplasie al rene e uretere: il privato accreditato ne fa 494 in più, e recupera anche il pubblico +457;
— polmoni: il privato accreditato ne fa 316 in più, e recupera anche il pubblico +324;
— interventi per tumori alla prostata: il pubblico ne fa 1.545 in meno, il privato 2.413 in più.
Dunque: nel recupero dei ricoveri persi per le patologie tumorali più gravi la risposta del sistema sanitario nel 2022 è importante sia nel pubblico sia nel privato accreditato che in alcune aree è determinante per ottenere un saldo positivo rispetto al 2019.
Altre malattie
Il quadro cambia se guardiamo i ricoveri per le altre patologie mediche e chirurgiche:
— ricoveri cardiologici, come quelli per aritmia, meno 7.588 nel pubblico e meno 1.427 nel privato, e quelli per insufficienza cardiaca meno 36.983 nel pubblico e meno 7.155 nel privato;
— interventi di chirurgia vascolare minore (legatura e stripping di vene): meno 5.349 nel pubblico e meno 2.023 nel privato;
— malattie degenerative del sistema nervoso: meno 9.152 nel pubblico e meno 5.522 nel privato;
— ricoveri legati alle malattie gastroenteriche e delle vie biliari, come quelli per esofagite: meno 13.575 nel pubblico e meno 3.319 nel privato;
— interventi oculistici, come gli interventi sulla retina: meno 2.583 nel pubblico e meno 79 nel privato;
— interventi di tonsillectomia e/o adenoidectomia: meno 8.295 nel pubblico e meno 2.002 nel privato.
E la lista degli esempi può continuare.
Prestazioni più remunerative
Quindi per le patologie che possiamo definire più comuni, che però poi fanno impazzire i cittadini prigionieri delle liste d’attesa, il pubblico arranca e il privato accreditato non fa nessuno sforzo supplementare. Cosa fa invece? Il privato accreditato sceglie le attività in cui guadagnare quote di mercato su una base economica di redditività, specializzandosi sempre di più in quegli interventi con tariffe di rimborso più elevate (Drg ad alta redditività). I dati lo dimostrano in modo inequivocabile:
— sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori (protesi): più 16.674 interventi nel privato che fa il 56% di questi interventi (in crescita rispetto al 49% del 2019). Rimborso: 12.101 euro.
— chirurgia dell’obesità: più 3.301 interventi nel privato che ne fa il 68% (in crescita rispetto al 59% del 2019). Rimborso: 5.681 euro.
— artrodesi, dove vengono inchiodate le vertebre della schiena, a seconda delle tecniche: più 1.413 interventi nel privato che ne fa il 60% (in crescita rispetto al 53% del 2019). Rimborso: 12.376 euro. Oppure artrodesi vertebrale con approccio anteriore/posteriore: più 89 nel privato che ne fa il 66% (in crescita rispetto al 64% del 2019). Rimborso 19.723 euro.
Tra le prestazioni più remunerative anche quelle delle specialità di cardiologia/cardiochirurgia come dimostrato nel Dataroom del giugno 2021 che soprattutto su Milano vedono concentrazioni impressionanti e in continua crescita nel privato accreditato che sostituisce il 77% delle valvole cardiache (17.843 euro), fa il 67% dei bypass coronarici (19.018 euro) e impianta il 62% dei defibrillatori (rimborso 19.057 euro).
Conclusione: gli ospedali pubblici nel 2022 perdono 1,27 miliardi (meno 6,7%) rispetto al 2019, i privati accreditati guadagnano 57,7 milioni (più 1%). I cittadini aspettano in lista d’attesa. O devono pagare.
L’importanza delle regole
Ma cambiare le cose è possibile? Nell’agosto 2019 in Lombardia, tranne che in caso di tumori o gravi patologie, il rimborso dell’artrodesi viene tagliato: il minimo è 3.200 euro fino a un massimo di 7.600 e non più 19.723 euro. È una decisione dell’allora direttore generale della Sanità Luigi Cajazzo, proprio per rendere gli interventi meno redditizi e tentare di limitare quelli inutili (vedi il Dataroom del novembre 2019). In controtendenza rispetto al resto d’Italia succede che nel 2022 gli interventi calano del 23% rispetto al 2019.
I risultati, dunque, si possono ottenere, ma è necessario un sistema di governo che costringa i privati accreditati a fare quello che serve e non quello che rende di più. E bisogna poi resistere alle pressioni di chi difende interessi di parte. Il 15 maggio 2023 con la delibera 285 su proposta dell’assessore Guido Bertolaso le tariffe dell’artrodesi sono riviste al netto rialzo: l’artrodesi vertebrale con approccio anteriore/posteriore combinato arriva a 22.219 euro di rimborso senza più nessun paletto.