il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2023
Ho visto lei che premia lui… che premia lei che premia me
Ho visto lei che premia lui/ che premia lei/ che premia me…”: in Italia un blasone non si nega a nessuno, soprattutto se il premiato è nella giuria di un altro alloro, e saprà ricambiare alla debita occasione.
Ogni anno vengono assegnati centinaia di targhe e trofei – ma denari pochi o niente – a romanzi, poesie, saggi, guide da viaggio e persino ricettari come il Premio Iolanda, che sfoggia una sezione dedicata alla “letteratura del vino”. Il più prestigioso – per le Belle Lettere patrie – resta comunque lo Strega, al netto della “mediocrità delle opere” (© Gianluigi Simonetti) o dell’“amichettismo” (© Fulvio Abbate) dei giurati, Amici della Domenica e di scrittori, giornalisti ed editori.
In generale, le giurie si dividono in tecniche, con critici ed esperti, e popolari, con cittadini (lettori) più o meno interessati. Ma nel demi-monde della cultura nostrana, giudici e giudicati spesso si scambiano i ruoli, creando cortocircuiti surreali. Uno dei case history risale al 2016 quando Dacia Maraini, da presidente di giuria, consegnò il Premio Morante a Concita De Gregorio per Non chiedermi quando: un romanzo biografico sulla stessa Maraini.
Se si è ben inseriti nel sistema dei media – scrittori puri o giornalisti impuri –, la pubblicazione di un libro qualsiasi rappresenta in sé l’occasione per vincere un soprammobile. Qualche settimana fa Gaia Tortora, vicedirettrice del Tg La7, ha vinto l’Estense per il memoir Testa alta, e avanti: a votarla c’erano anche Alessandra Sardoni, con cui condivide la conduzione di Omnibus, e alcuni colleghi e direttori di altre testate. Stessa scena si è verificata lunedì sera, nel salotto buono di Milano – il Piccolo Teatro, alla consegna del Premiolino a Tortora e altri noti giornalisti come Salvatore Merlo e Mariangela Pira: anche qui, in giuria, una pletora di colleghi e amici, da Enrico Mentana (di cui Tortora è la vice) a Mattia Feltri, da Chiara Beria di Argentine a Benedetta Tobagi, a sua volta fresca di Campiello con La Resistenza delle donne. Qui, presidente della giuria è Walter Veltroni, un peso massimo dell’intellighenzia, dal cinema ai noir ambientati a Villa Borghese. Su quello scranno, prima di lui, c’è stato Paolo Mieli, con cui condivide un glorioso passato da direttore e il Premio America della Fondazione Italia-Usa. Stesso trofeo per un altro ex direttore, Gianni Riotta, che vanta riconoscimenti come il Grinzane Cavour, il succitato Premiolino e il prestigioso È giornalismo, di cui ora è in giuria assieme a Mieli, Mario Calabresi, Massimo Gramellini e altri come Giulio Anselmi e Gian Antonio Stella che votano anche per il succitato bis Premiolino, il Gotha. Quest’anno hanno scelto come “penna d’oro” papa Francesco, che succede all’altro cronista di razza: Fiorello.
Nel mondo del giornalismo, la presenza femminile è ridotta ed è forse per valorizzare quelle poche donne che si finisce per premiarle o metterle in giuria in ogni occasione: Agnese Pini, direttrice di QN, è o è stata votante dei premi Estense, Agnes, Ischia e Boccaccio, mentre fra le più blasonate c’è la reporter di guerra Francesca Mannocchi: solo quest’anno ha vinto il Sarzanini, il De Sanctis e il BookPride ieri.
Non basta però la bravura (che si dà per scontata) o l’essere inseriti nel bel mondo, serve uno Zeitgeist come quello del generale Francesco Paolo Figliuolo, un uomo ormai con più targhe che medaglie. Oltre ai riconoscimenti per la gestione del Covid, nel 2022 è riuscito a vincere qualche coppa giornalistica: merito di Un italiano scritto con Beppe Severgnini, altro campionissimo. Dopo aver conquistato la soglia minima di premi si passa alla fase successiva, quella di dirigere una giuria, come Ernesto Galli della Loggia neo-presidente del Friuli Storia. Quanto al più ambito Premio Rosiconi, per non auto-assegnarcelo, lo dedichiamo ad honorem ad Alberto Arbasino che, pur prezzemolino e mondano, non ottenne mai lo Strega, e lo sbeffeggiò: “Si apre il salotto/ Arriva Cibotto/ lasciando in ascensore/ Anna Salvatore/ che manda avanti/ Anna Banti/ in cappellino e guanti/ con Mario Soldati/ che dice e ripete/ a Pietro Citati/ di avere uno zio prete/ identico a Buzzati”.