la Repubblica, 4 ottobre 2023
Tutte le volte che il governo non ha rispettato la costituzine
Decreto Cutro, ma non solo: sono ormai fin troppo numerosi i provvedimenti del governo Meloni accusati d’incostituzionalità. Dunque o in Italia c’è una Costituzione antigovernativa o abbiamo in sella un governo anticostituzionale.
Scegliete voi, ma intanto mettiamo in fila gli episodi. Che hanno inizio già con il primo decreto legge di questo esecutivo, un semaforo rosso sui rave party: offende il principio di determinatezza dei reati, dichiarano immediatamente le Camere penali. E oltretutto viene ospitato da un decreto che è un’insalata mista – norme sull’ergastolo ostativo, sui medici No Vax, sulla riforma dei processi. Non si potrebbe, ha dichiarato da tempo la Consulta (sentenza n. 22 del 2012): ogni decreto dev’essere omogeneo nei propri contenuti, e infatti qualche giorno dopo un giudice di Siena solleva la questione di legittimità costituzionale. Ma non si potrebbe nemmeno abusare dei decreti, strumenti eccezionali per casi eccezionali, secondo l’articolo 77 della Costituzione. Invece il governo Meloni ha consumato un record: 39 decreti legge in 11 mesi, la media più alta della storia repubblicana. E per un terzo decreti omnibus, alla faccia del divieto.
Ma questa vicenda ha più petali d’una rosa. Il decreto Caivano, per dirne una: prevede la custodia cautelare in carcere nel caso di pericolo di fuga del minore, ossia la stessa norma che la Consulta dichiarò già incostituzionale (sentenza n. 359 del 2000). La “nota interpretativa” dettata dal Consiglio dei ministri per escludere la continuità aziendale fra Alitalia e Ita: di nuovo in conflitto con la giurisprudenza costituzionale, che stabilisce i canoni dell’interpretazione autentica (solo una legge può interpretare in modo vincolante un’altra legge). E smentita dai fatti, giacché Ita ha comprato il ramo Aviation di Alitalia per un solo euro; tanto che i giudici del lavoro stanno reintegrando tutti i vecchi dipendenti licenziati. Il decreto sulle intercettazioni antimafia: un’altra (falsa) interpretazione autentica, stavolta segnalata dalla stessa maggioranza (l’ufficio legislativo di Forza Italia). Infine la tassa sugli extraprofitti, accusata dalle banche di violare almeno quattro articoli della Costituzione.
Dopo di che è il turno del decreto Cutro, varato in seguito alla tragedia di febbraio sulle coste calabresi, quando contammo un centinaio di vittime. Una stretta sull’immigrazione clandestina, o meglio un cappio al collo, con un inasprimento delle pene e varie altre misure. Ma una novità salta subito agli occhi: la cauzione di 5 mila euro per i richiedenti asilo che provengono da “Paesi sicuri”, se non vogliono attenderne l’esito in stato di detenzione. Una prestazione pressoché impossibile, per chi s’avventura in mare fuggendo dalla fame o dalle guerre; anche perché questa garanzia economica non può essere versata da terze persone. Ma soprattutto una misura incostituzionale. L’asilo, infatti, è un diritto, protetto dall’articolo 10 della Costituzione; e l’esercizio dei diritti non può dipendere dai quattrini che ti trovi in tasca, altrimenti ne godrebbero solamente i ricchi.
Da qui, anche da qui, la sentenza del tribunale di Catania, che ha liberato tre migranti tunisini disapplicando il decreto. E ovviamente l’ennesima baruffa tra politica e magistratura, giusto per non perdere le buone abitudini. Solo che stavolta l’arma del duello è la Costituzione, che dovrebbe viceversa funzionare come strumento di pace sociale. Decreto incostituzionale, dice la sentenza; sentenza incostituzionale, dicono dalle parti del governo. Ma sulle questioni di legittimità costituzionale non decidono i singoli giudici (come negli Usa), né tantomeno il potere esecutivo. Decide la Consulta, se e quando viene formalmente interpellata. Probabilmente accadrà pure in quest’ultima vicenda, nei successivi gradi di giudizio. E d’altronde non tutti i mali vengono per nuocere: con questi chiari di luna, i nostri 15 giudici costituzionali non rischiano certo d’annoiarsi.