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 2023  ottobre 03 Martedì calendario

Patatine San Carlo, faida sul patron malato


Milano Da otto anni ormai, nonostante ripetuti ictus cerebrali ischemici che l’hanno regredito «a ragionare come un bimbo di 5-6 anni» – secondo il parere di Giuseppe Lauria Pinter, eccellenza mondiale della Neurologia, che aveva esaminato le cartelle cliniche degli ospedali dei ricoveri —, nessun medico ha mai visitato Alberto Vitaloni, l’ex patron dell’impero delle patatine «San Carlo», accertando l’eventuale antitesi tra le stesse condizioni di salute dell’anziano, che versa in uno stato di «demenza vascolare», e le operazioni societarie da lui valutate, decise, firmate.
Specie quelle milionarie a vantaggio della figlia Susanna, a capo dell’azienda e denunciata dal fratello Francesco per i reati di «violenza privata, circonvenzione di incapace, sequestro di persona e maltrattamenti nei confronti di un familiare». Ovvero il medesimo genitore di cui, a oggi, non esisterebbe traccia fisica ignorando Francesco dove egli sia, in quali condizioni versi, chi e come lo assista. Gli viene perfino impedito il dialogo dal personale di servizio della magione della sorella, il presumibile ma non accertato luogo di residenza del papà.
Eppure questa narrazione, assemblata dal Corriere grazie ad atti e documenti, non è una mera, sia pur straziante faida fra parenti: gli sviluppi potrebbero riguardare anche l’agire di due magistrati, allo stato, conviene premetterlo, non indagati.
Dapprima la dottoressa Rossana Guareschi, competente sul caso Vitaloni, cui il capo della Procura Marcello Viola, con un’azione non certo frequente ma assai significativa, ha appena deciso di affiancare il procuratore aggiunto Letizia Mannella «trattandosi di delicato procedimento penale che necessita di solerte trattazione». Altresì la Procura di Brescia, dopo aver iniziato a elaborare l’esposto-denuncia dei due legali di Francesco Vitaloni, ha in corso accertamenti sui colleghi milanesi: la stessa Guareschi nonché il giudice istruttore Giovanni Rollero, che da presidente della sezione Tutele «avrebbe dovuto necessariamente disporre una consulenza tecnica medica con il solo scopo di verificare, in modo oggettivo, se Alberto Vitaloni fosse o meno in grado di intendere e volere».
Scontro tra fratelli
Francesco ha presentato più esposti Susanna controlla
la Unichips Finanziaria
La coppia dei legali, Mario Marino e Carlo Taormina, insiste sul desiderio, espresso dall’anziano in un’udienza, di «rivedere il figlio Francesco», evento però appunto mai verificatosi; legali che, nel riassumere la faida e rispondere alle numerose domande che si generano, sostengono questo: «L’unica risposta plausibile è che ad Alberto Vitaloni gli accertamenti clinici non arrecherebbero nessun danno, mentre ci sarebbero problemi seri solo per Susanna Vitaloni e i suoi famosi professionisti (medici, avvocati, notai, manager) che fingono che Alberto Vitaloni stia bene, facendogli sottoscrivere atti di Consiglio d’amministrazione che non comprende, facendogli firmare email scritte dai professionisti della figlia, insomma facendogli compiere ogni tipo di atto necessario a Susanna per mezzo di firme e sottoscrizioni varie, vergate flebilmente da mano tremolante e da soggetto totalmente incapace».
Fermo restando lo scontato diritto di replica degli interessati, non meno centrali risulterebbero però le operazioni immobiliari: ad esempio l’acquisto dell’anziano di due unità abitative e due posti auto nell’elitaria via Corridoni per un importo di quasi 5 milioni, e di una villa e circostanti terreni in provincia di Olbia per oltre 2 milioni e mezzo. Ebbene, Vitaloni avrebbe «comprato e poi donato la nuda proprietà a Susanna, che nulla ha pagato».
Si intende che l’inchiesta, anzi la duplice inchiesta tra Milano e Brescia, potrebbe ridisegnare gli assetti di «Unichips Finanziaria», la holding di controllo delle partecipazioni del gruppo oggi governata da Susanna. E laddove servissero ulteriori dati per gli inquirenti, permane il mistero relativo a uno dei due fratelli di Susanna e Francesco, disabile: Francesco giura d’ignorare dove si trovi, se abiti a Milano o altrove. Forse anche per quest’uomo, come pare per il genitore, il personale incaricato di seguirlo potrebbe aver firmato, in fase di assunzione e pena sanzioni, massimi giuramenti al silenzio. A cominciare da quello con il resto della famiglia.