il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2023
Intervista a Rodolfo Laganà
Rodolfo Laganà, la sua carriera cominciò con una fila casuale.
Ero andato al teatro Brancaccio a prendere i biglietti per A me gli occhi please. Notai una coda parallela. Ragazzi che volevano iscriversi al Laboratorio di Proietti. Non so perché, ma pure io mi misi tra loro. La mia vita è cambiata lì.
Che provino le fece il maestro?
Dovevo portare una poesia e una canzone. Quanto alla prima, l’unica che conoscevo a memoria era Passato di Cardarelli. ‘Na tristezza. Presi a recitarla in tono solenne, sembravo Lavia. Gigi piegato in due dalle risate. Pensavo: “guarda che figuraccia”. Poi dovevo cantare. Avevo scelto Il cielo in una stanza. ‘N’altra tristezza. il pianista mi fa: che tonalità?. Io: la mia.
Però non fu bocciato.
Proietti intuì in me delle potenzialità comiche. Sul drammatico, mi bastonava. Al Laboratorio si lavorava su Romeo e Giulietta. Gigi dice: chi vuole fare Romeo? Mentre alzo la mano mi chiedo: ma che sto a fa’? Lui mi fulmina: “chi, te? Ma se sei ‘na cozza”. Questo fu l’inizio del nostro rapporto.
Il primo Laboratorio del 1979. Fucina di talenti.
Insinna, Quartullo, Paola Tiziana Cruciani, Massimo Wertmuller, Iannuzzo. Tutti bravissimi tranne me.
Non aveva il fuoco sacro?
Avevo tentato da giovanissimo in una filodrammatica. Eravamo cani che abbaiavano, con la presunzione di mettere in scena Pirandello. Sale parrocchiali. Due mesi di prove e una replica.
Proietti le aprì un mondo.
Facevamo tardissimo, finché Gigi diceva: “dove andiamo a magna’?” A me non pareva vero di stare a tavola con lui. Le barzellette, i racconti. Un paio di volte venne Gassman, si ammazzarono dalle risate, e dopo facevano riferimenti colti sulla storia del teatro. Io zitto.
Gassman era depresso, Gigi malinconico.
A fine serata non mancava mai una chitarra. Proietti intonava queste meravigliose canzoni romane. Ogni volta gli scendeva una lacrima.
Se lei dovesse cantare una di quelle?
Nun je da retta Roma, dal film La Tosca di Magni.
La sua prima uscita pubblica in carrozzella è stata per i funerali di Proietti.
Ci sarei andato pure con le stampelle e sanguinando. C’era l’affetto che provi per uno di famiglia. Un fratello e un gigante insuperato.
Da anni lei è affetto da sclerosi multipla. Come si sente ad affrontare il palco?
Sono in giro con lo spettacolo Nudo proprietario, dove rifletto sulla mia vita. In scena mi sento un altro. È la miglior cura. Dico sempre: lasciatemi qui sopra, non fatemi scendere. La mia passione è il teatro, anche se ho lavorato nel cinema. E amo la musica.
Lei ha pubblicato un cd, Famose ‘N Giretto, prodotto da Marco Rinalduzzi. Canzoni in cui è coinvolto un coro di amici. Ghini, Ingrassia, Wertmuller, Cruciani, Palatresi, Telesforo, le figlie di Proietti. In un brano spunta una Roma che va da Augusto a Caltagirone. In un altro, Carozzella romana, ecco i Suv sui passaggi per i disabili.
Purtroppo è così. È una mancanza di rispetto. Io sono costretto a stare per molto tempo sulla sedia a rotelle: quando vedo le auto messe male sul marciapiede, mi incazzo. Se trovo il fenomeno che occupa il posto riservato glielo faccio notare. Ma mi riconoscono e non mi prendono sul serio.
Allo stadio ci va?
Non come una volta. Avevo l’abbonamento con mio figlio Filippo. Ha seguito le mie orme nella recitazione e ne sono fiero. Ebbe un grave problema di salute, per fortuna risolto. Al risveglio dall’anestesia mi disse: ‘Papà, poteva andare peggio. Pensa se diventavo laziale’”.
Ha conosciuto calciatori?
De Rossi e Totti. Francesco è un comico naturale.
Portò allo stadio la Ferilli.
Era la sua prima volta. Restò incantata. Le mormorai: ‘Guai se non diventi una lupacchiotta’. Ci volle poco…
Conosciuti, dove?
Al Sistina. Facevamo Alleluja brava gente.
Innamorato?
Ero sposato, solo amici. Ma come si può restare indifferenti a Sabrina?
Dicono che Garinei fosse molto severo.
Pretendeva ci si attenesse al copione. Io volevo improvvisare. Dopo avermi inquadrato bene mi lasciò mano libera.
Anche Lina Wertmuller non era tenera.
Ero nel cast di Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada. Lina era una regista tosta, faceva a pezzettini me e il nipote Massimo. Non con Tognazzi.
Dal cinema ha avuto poco.
Ero partito alla grande. Nell’83 coprotagonista in Sing Sing con Celentano. Sergio Corbucci mi diceva: ‘Dietro ‘sto ruolo ce stanno i soldi, non saprai più a chi dare i resti’. Non m’hanno più chiamato, ancora sto a aspetta’.