la Repubblica, 2 ottobre 2023
La destra non ha il monopolio della famiglia
Sta riuscendo, la destra delle ossessioni, a far credere che sia di destra la famiglia tradizionale, madre, padre e figli che rimangono faticosamente ma felicemente insieme, e che invece sia di sinistra separarsi e far soffrire i bambini. Di destra sarebbe il Natale di Giuseppe, Maria e il bambinello, e di sinistra il Natale dove due sono figli di Maria, altri due sono figli di Giuseppe e solo il quinto è il figlio di entrambi. E dunque sarebbero di destra le parole mamma, papà, fratello e sorella e di sinistra le parole matrigna, patrigno, fratellastro e sorellastra con il loro suono dispregiativo. Dovrebbe essere superfluo dire che questa spazzatura ideologica diventa grottesca quando si misura con la realtà. A destra c’è, per esempio, il gran disordine della famiglia Meloni, quella d’origine, che è spericolata, allargata, plurale, mentre, al contrario, quella d’arrivo, Meloni-Giambruno, è ordinata felicità coniugale, ma senza il matrimonio: «Il mio compagno, la mia compagna». E già il linguaggio è una bella smentita delle ossessioni di destra e delle prediche della ministra Roccella. A destra c’è pure Matteo Salvini, che è papà affettuoso di due figli, ma con una ricca collezione di mogli, compagne e fidanzate. Già Bossi evadeva dal modello ordinato. E Berlusconi addirittura “allevava” dieci, cento, mille mogli. Si imbrogliò di mogli anche Gianfranco Fini, il padre nobile che portò la destra nella democrazia. In tutte le destre, che vivono di miti, sino a Casini, sino a Grillo, la coppia è fragile. Invece, la sinistra, che vive di storia, pratica sorpresa! – la monogamia: sono superammogliati “finché morte non ci separi” Landini e Bertinotti e così Gentiloni, D’Alema, Veltroni, Fassino, Bersani, Renzi… «Siamo stati 54 anni sempre insieme. Spero che dal Paradiso riesca a vedere casa» ha detto Romano Prodi quando è rimasto vedovo della sua adorata Flavia. E diciamo la verità: ci piaceva la libertà di Michela Murgia, ma la sua simpatica famiglia queer non mi pare che sia molto imitata e neppure invidiata a sinistra. È rispettata, ovviamente, perché è molto vario il modo di stare al mondo, ciascuno in compagnia di chi gli pare, cercando la propria strada, proteggendo i propri affetti, senza modelli, senza paure bigotte, evadendo, quando serve, dalla fortezza del luogo comune, dall’idea per esempio che l’amore familiare sia solo tra maschio e femmina. L’anima delle famiglie è comune, sia essa sotto la forma classica sia essa nelle forme nuove, allargate, pasticciate, “a tempo” o “per sempre”, etero o mono, fondate sul matrimonio con i fiori d’arancio o sulla convivenza nella discrezione, arcobaleno, lgbtq, con due papà o con due mamme. In nessuna famiglia è garantita l’amorevolezza, la dolcezza, i sentimenti forti e fragili della reciprocità e della solidarietà. Una cosa è però sicura: è cretinissima l’idea che siano di destra le famiglie tradizionali ed eterosessuali, vale a dire la maggioranza delle famiglie italiane.