la Repubblica, 30 settembre 2023
La metamorfosi di Robert Fico
Nel 1999 chiesero a George W. Bush cosa sapeva della Slovacchia. Il presidente americano rispose: «Tutto quello che mi ha appena raccontato un ministro slovacco». Era il ministro degli Esteri sloveno. Un classico, per questo piccolo Paese stretto tra il Danubio e i Carpazi e conteso per millenni dagli ingombranti vicini ungheresi, austriaci, cechi. Gli sloveni non c’entrano proprio nulla e sono confusi solo per assonanza. Ma da stasera l’Europa intera guarderà a Bratislava e sarà difficile confonderla con Lubiana. Perché rischia di terremotare l’Europa. Il favorito alle elezioni è “Red Bullo”, l’ex premier Robert Fico. Il leader “rosso” che imbarazza ormai la famiglia dei socialisti europei.La sua metamorfosi populista lo ha infatti trasformato in un mastino filorusso, xenofobo e No Vax che azzanna gli avversari. È arrivato a definire «puttana» e «cagna» l’attuale presidente della Repubblica, la progressista Zuzana Caputova. Per Fico non è altro che una «marionetta di George Soros». Lei lo ha querelato, ma ha anche fatto sapere che l’anno prossimo non si ricandida. Troppo pesanti le minacce di morte cui è esposta. Nel Paese il clima è plumbeo, la propaganda filorussa onnipresente. E Fico ci sguazza.L’anno scorso l’ex premier è sceso in piazza con l’estrema destra per protestare contro lo stazionamento dei soldati americani in Slovacchia. Allora definì i partiti del governo Heger «traditori della patria» per il sostegno all’Ucraina. Se dovesse diventare premier, Fico ha già promesso che ignorerà il mandato di cattura internazionale contro Putin.Il suo martellante messaggio elettorale è stato l’impegno a non mandare più armi a Kiev. Bratislava rischia di diventare l’alleato più stretto del Cremlino dopo l’Ungheria di Orbán. Ma un margine di dubbio resta. Certo, il suo partito è primo e oscilla attorno al 20% nei sondaggi. Ma dovrà cercarsi alleati nel frammentato quadro partitico slovacco. E molti sperano che la coalizione che sarà costretto a formare possa annacquarne le ambizioni autoritarie ed antieuropee.«Se dovesse tornare al potere, potrebbe tentare una stretta autoritaria alla Orbán: il rischio è che prenda il controllo della polizia e del sistema giudiziario». Ma aRepubblica,Albin Sybera, analista diVisegrad Insight, spiega che il ritorno di Fico è soprattutto un modo «per evitare i processi contro di lui».Cinquantanove anni, amante delle macchine sportive e appassionato di calcio, Fico ha cominciato la sua carriera nel partito comunista cecoslovacco. Dopo il ’92, nella Slovacchia indipendente, ha fondato un partito socialdemocratico: Smer. La sua frase preferita è «la pazienza porta sempre rose rosse». Al suo Paese ne ha regalate poche.Come disse la grande veterana della politica estera americana, Madeleine Albright, Bratislava ha continuato ad essere al lungo «un buco nero» nell’Europa liberata dai regimi sovietici. Devastata da corruzione, legami tra i palazzi e le mafie, permeata da un’insopprimibile nostalgia filorussa. In quel triste solco,nel dodicennio in cui ha governato quasi sempre (tra il 2006 e il 2018), Fico ha riunito intorno a sé una banda criminale, secondo i magistrati. Nei vari processi contro di lui la giustizia ha scoperto anche inquietanti legami con la ‘ndrangheta.«Fico rappresenta il passato: metà del suo elettorato sono pensionati che vivono nelle zone rurali. Il suo unico scopo è accaparrarsi il potere». Il politologo Grigorij Meseznikov, fondatore dell’Institute for Public Affairs (Ivo) di Bratislava, ci rivela che in Slovacchia, come in Ungheria e in Polonia, la campagna d’odio di Fico contro il liberalismo è stata una chiave del suo successo. Perché è identificato spesso nei Paesi dell’Est con il capitalismo più predatorio che arrivò dopo la fine dell’impero sovietico. «A un sondaggio che chiedeva: “Sostieni la democrazia?”, l’80% degli slovacchi ha risposto: sì. Ma alla domanda “Sostieni la democrazia liberale?”, solo il 20% ha risposto di sì», racconta Meseznikov.Nel 2018 un evento orribile ha risvegliato il Paese dalla stanca assuefazione alla politica corrotta in cui era precipitato. E a regalare alla Slovacchia qualche anno di grazia, di straordinario impegno civile contro il malaffare, consentendo il ritorno ai vertici di Bratislava di politici europeisti e “puliti”, anzitutto la presidente Caputova. A febbraio del 2018, il giornalista investigativo Jan Kuciak viene assassinato in casa insieme alla fidanzata, Martina Kusnirova. Quando i sicari lo fulminanosulle scale della cantina, il cronista diAktuality sta scrivendo dei legami tra la ‘ndrangheta e due esponenti di spicco dell’entourage di Fico: la sua consigliera più stretta, l’ex modella Maria Troskova, e Viliam Jasan, capo del Consiglio di sicurezza. Sono entrambi legati all’imprenditore delle ndrine Antonio Vadalà, che in Slovacchia ha trovato una miniera d’oro: è finito sotto processo per distrazione di fondi europei e importazione di cocaina dal Sudamerica.Bratislava è attraversata da un’ondata di indignazione: centinaia di migliaia di cittadini scendono in piazza, le proteste si protraggono per settimane. Fico ha una reazione delle sue. Si presenta ai giornalisti sventolando rotoli di banconote e promettendo un milione a chi fornisce indizi sull’omicidio di Kuciak. A marzo, però, cede alle piazze e si dimette. Da allora è all’opposizione e scappa soprattutto dai processi.Per Albin Sybera «c’è ancora una possibilità che Michal Simecka, leader della “Slovacchia progressista”, il maggiore partito di opposizione, sorpassi Fico». Il suo partito è al 18%. E «un terzo dell’elettorato è ancora indeciso. La speranza è quella di un nuovo sussulto di civiltà del mio Paese, come nel 2018». Una speranza condivisa dal resto d’Europa.