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 2023  ottobre 01 Domenica calendario

Delitti

La fuga di Alfred Vefa è finita con il suicidio. Dopo aver ucciso giovedì 28 settembre, intorno alle 20, a Castelfiorentino (Firenze) l’ex moglie, Klodiana Vefa, 37 anni, originaria dell’Albania come lui, il 44enne muratore si è sparato un colpo alla testa in una zona isolata a San Casciano Val di Pesa (Firenze), a circa 20 km dal luogo in cui era stato commesso il femminicidio. Il killer è stato cercato per due giorni, tra le province di Firenze e Siena, e ieri mattina, prima dell’alba, alle 6, è stato trovato morto . Il suo corpo era accasciato accanto ad un albero, dove è stata rinvenuta anche la pistola con cui si è tolto la vita. L’arma, che era detenuta illegalmente, è probabilmente la stessa con cui aveva sparato alla testa e alla gola di Klodiana. Le indagini cercano anche di far luce sui pregressi rapporti della coppia, che risulterebbe divorziata due anni fa in Albania (l’atto però non sarebbe stato trascritto in Italia). Pur separati, Alfred e Klodiana continuavano tuttavia a vivere sotto lo stesso tetto a Castelfiorentino [Fatto].
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«Marco non doveva essere lasciato solo». Secondo i residenti della borgata della Maddalena, a Giaveno, in provincia di Torino, l’omicidio di Ettore Mazzoleni, pensionato di 71 anni, si sarebbe potuto evitare. A ucciderlo, venerdì sera, è stato il suo vicino Marco Gilioli, 36 anni, arrestato ieri mattina dai carabinieri dopo la scoperta del cadavere. Gilioli, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie, era affetto da una forma di schizofrenia ed era stato sottoposto a diversi Tso. Era in cura al centro di salute mentale e da tre anni condivideva il ballatoio con Mazzoleni, con cui aveva avuto diversi screzi per banali questioni di vicinato. Gilioli, che per un periodo ha vissuto come un clochard, spesso girava scalzo per la borgata e non era certo il vicino ideale. Ma dopo la pubblicazione del suo saggio dal titolo «Relatività perfetta» diceva di essere riuscito «a liberarsi dei demoni». Che invece sono tornati a tormentarlo venerdì e, dopo l’ultimo litigio, ha fracassato la testa di Mazzoleni con le gambe di una sedia e poi ha sgozzato il suo cane. L’assassino, in stato catatonico, non ha confessato [Massenzio, CdS].
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«Ho ammazzato mia madre, è nell’armadio, venite». Massimo Barberio ha confessato così, in una telefonata al 112, alle 2 di notte, di aver ucciso la madre Igidia, 88 anni, e di aver nascosto il suo cadavere da ben dieci giorni.
L’orrore era celato in un’anonima palazzina di via Pietro Gasparri, quartiere Primavalle, periferia difficile a nord della Capitale. L’uomo non riusciva a sopportare che la madre scoprisse di quel debito condominiale di nemmeno tremila euro, un peso sulle loro vite già gravate da problemi economici. Il massacro per coprire l’indicibile.
È mattina quando Barberio, 59 anni, ex dipendente Inps, decide che non ce la fa più. È in cucina con l’anziana, prende un coltello dal cassetto, la colpisce alle spalle. Forse per non guardarla e farsi guardare. Almeno tre fendenti, all’altezza del collo. Poi capisce che deve prendere una decisione, atroce. Afferra i sacchi dell’immondizia, ma sono piccoli. Avvolge le varie parti di quella che era sua madre, poi li chiude con lo scotch. Trascina il cadavere fino alla camera da letto della donna, lo mette nell’armadio, si chiude la porta della stanza alle spalle.
Per giorni esce di casa, riprende la sua routine, fa la spesa, inventa scuse con i vicini che, preoccupati, chiedono notizie dell’anziana. «Sta a letto, si sente poco bene, non bussate», mente lui. Ma l’odore filtra, non sparisce come nemmeno il senso di ineluttabilità. Alle 2 di sabato notte Barberio capisce che è finita. Quando i carabinieri di Montespaccato e del Nucleo Operativo di Trastevere arrivano nella casa, l’uomo confessa e indica l’armadio. Spiega anche i motivi presunti che lo hanno spinto al brutale assassinio. «Non potevo dirle del debito, non ce la facevamo a sopravvivere», ha raccontato prima di essere arrestato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. L’uomo non ha precedenti penali né problemi psichici.
Vivevano l’una per l’altro, madre e figlio, soli e sempre insieme a sopravvivere con la pensione di Igidia. Da mezzo secolo abitavano nella palazzina dove è avvenuto il delitto. «Molto riservati, ma persone tranquille», secondo i vicini di casa. «Un tipo introverso, Massimo – dice sconvolto Francesco Olivieri, residente al primo piano —. Usciva sempre con il suo marsupio: triste ma non aggressivo, riservato ma non per cattiveria. Lo salutavo e lui a testa bassa si allontanava. Ma questo non spiega una violenza del genere». Negli ultimi giorni alcuni abitanti avevano sentito un forte odore nelle scale. «Mi ero convinto che fosse un piccione morto. Poi stanotte il tramestio dei carabinieri e la porta aperta. Allora sì che lo abbiamo sentito», racconta ancora Francesco. «La mattina andava in edicola e comprava i giornali, un abitudinario – suggerisce anche Annamaria Olivieri —. Lei non usciva più da tanto tempo, aveva problemi agli occhi».
Chissà quando la convivenza si era trasformata in agonia, in sofferente quotidianità. Disperati e soli a Primavalle, lo stesso luogo dove lo scorso giugno è stata trucidata la 17enne Michelle Causo, poi avvolta in un sacco della spazzatura e abbandonata in un carrello della spesa. Altro delitto, stessa periferia [
Sacchettoni, CdS].