Corriere della Sera, 30 settembre 2023
Putin e i suoi dissidenti
«Con questa opposizione, Vladimir Putin governerebbe tra due ali di popolo anche se fosse un sincero democratico». A parlare è una delle figure citate in questo articolo, che nel caso specifico tiene al proprio anonimato. Perché ci sono delle apparenze da salvare, rivolte a noi, al mondo occidentale che continua a coltivare l’illusione di una resistenza politica allo zar solida come un monolite.
Mai abbaglio fu più clamoroso. Premesso che opporsi all’attuale potere, in Russia e all’estero, rimane uno dei mestieri più pericolosi del mondo, in questi giorni negli ambienti della dissidenza moscovita non si parla d’altro che dell’ennesima faida interna. Il Forum della Russia libera è stato creato nel 2016 dal campione di scacchi e irriducibile antiputiniano Garry Kasparov. Tra gli altri, fanno parte del Comitato permanente anche l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky e l’ex deputato della Duma Ilya Ponomariov, che oggi vive a Kiev. L’organizzazione si riunisce due volte l’anno in Lituania per aggiornare la cosiddetta «lista Putin», che segnala per eventuali sanzioni ai governi occidentali oligarchi, funzionari e propagandisti che collaborano con il Cremlino.
Nel nuovo elenco, accanto a blogger ultranazionalisti e ultrà nazional-bolscevichi, è stato annunciato anche il nome di Nikolaj Rybakov, giovane presidente del partito Yabloko che alle recenti elezioni amministrative si è presentato con lo slogan «Per la pace», ottenendo risultati inattesi. L’esponente di punta dell’opposizione liberale, vicino al dissidente Vladimir Kara-Murza di recente spedito in Siberia, è accusato di aver preso parte «a vari talk-show propagandistici», come se in Russia esistessero tribune televisive imparziali. Anche tra Khodorkovsky e Kasparov, entrambi da tempo in Occidente, non c’è grande intesa. Tramite i canali Telegram che lo sostengono, il primo rinfaccia all’altro teorie dal vago sapore nazionalista sul mondo russo e la tutela della lingua russa come valori da preservare, espresse solo quando si rivolge ai propri compatrioti. I social vicini all’ex scacchista ricambiano invece con oscuri riferimenti al passato di Khodorkovsky e alle sue ambizioni future, «non giustificate da un seguito inesistente in madre patria».
Massimalisti, riformistiLa principale linea di frattura, non l’unica, è tra opposizione liberale, della quale seppur in contrasto tra loro fanno parte Kasparov e Rybakov, e quella di natura più progressista, da noi si direbbe dura e pura, tacciata spesso di estremismo dall’altra fazione. Dieci giorni fa, il quotidiano Vedomosti ha pubblicato un articolo nel quale, citando fonti vicine al Cremlino, affermava che alle presidenziali del prossimo marzo potrebbe presentarsi come candidato unico delle forze liberali Aleksej Venediktov, l’ex direttore della gloriosa Radio Eco di Mosca, sciolta l’anno scorso. Un personaggio al quale nell’aprile del 2022 è stata appioppata l’etichetta di agente straniero, quindi un indesiderato, ma che al tempo stesso non rinnega, anzi rivendica, di avere avuto fino a quel momento una frequentazione costante con Putin. Apriti cielo.
La reazione più dura è arrivata da Alexej Navalny. Già nel marzo scorso la Fbk, la sua Fondazione anticorruzione, aveva accusato Venediktov e la figlia dell’ex sindaco di San Pietroburgo mentore di Putin, Ksenija Sobchak, candidata liberale alle elezioni del 2018, di avere intascato denaro per promuovere l’immagine del sindaco di Mosca Sergey Sobianin, di recente rieletto con il 76 per cento dei voti. Ma ora il nemico pubblico numero uno Navalny, al quale viene riservata una solidarietà pelosa dal resto del gruppo, che in realtà lo considera un populista se non un nazionalista, ha diffuso dal carcere una analisi sulle prospettive di lotta nella quale non viene solo «bruciato» Venediktov, definito «fantoccio del regime», ma anche ogni altra forma di dissenso, compresa quella esercitata all’estero. Tranne una, la sua. «Le alleanze elettorali dell’opposizione sono una vuota perdita di tempo. Andate a farvi fottere con le vostre coalizioni. Sono un falso. Il nostro Fondo non ha tempo da perdere. Soltanto quando sarà chiaro il quadro dei candidati e delle nostre possibilità, definiremo la strategia delle nostre azioni. Le riunioni a Parigi e i coffee break con croissant in compagnia di fannulloni non ci interessano».
Putin, sonni tranquilliA farla breve, tutti contro tutti. E ognuno per sé. Come dimostra anche lo scarso successo del «Congresso dei deputati del popolo» con sede in Polonia, gestito e molto reclamizzato da Ilya Ponomariov. Ogni sua convocazione serve se non altro a mettere in risalto il carattere eterogeneo, per non dire disgregato, dell’opposizione a Putin. Perché non risponde mai nessuno dei dissidenti più importanti. L’ex deputato della Duma viene giudicato da ogni parte, liberale o progressista che sia, come un finto radicale che millanta di essere dietro alle azioni delle milizie filo-ucraine, interessato solo a farsi pubblicità. A questi oppositori, che non riescono a mettersi d’accordo tra loro neanche per prendere un caffè, i media occidentali, nessuno escluso, chiedono spesso la ricetta per una Russia deputinizzata. Al Cremlino ridono.