Corriere della Sera, 30 settembre 2023
Manovra, il 53% è pessimista: non influirà sulla crescita
La Nadef, definita nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri, sembra registrare tutte le difficoltà che il Paese attraversa. La prima è relativa alla crescita economica: la fiammata della prima metà dell’anno, che ci collocava tra i Paesi migliori in Europa, è rientrata. La seconda è invece relativa al deficit, in crescita, imputato principalmente agli effetti del Superbonus, con un’incidenza rilevante sul 2023. Infine, tende ad aggravarsi il costo del debito da finanziare, con lo spread che aumenta e gli interessi che salgono. Da qui la scelta di far crescere il deficit previsto dal 3,6% al 4,3%, recuperando risorse. Gli italiani percepiscono solo in parte la gravità del contesto prima descritto: il 37% infatti ritiene che le risorse disponibili siano inferiori rispetto agli scorsi anni, mentre più di un quarto non vede grandi differenze. Opinioni naturalmente correlate alle posizioni politiche degli intervistati: più pessimisti gli elettori delle forze di opposizione, meno critici (ma certo non ottimisti) gli elettori del centrodestra.
Tre sono i temi cui i nostri intervistati prestano maggiore attenzione e rispetto ai quali si aspetterebbero interventi nella manovra: lavoro, sanità, sostegni al potere d’acquisto delle famiglie fortemente intaccato dall’inflazione. Le priorità rimangono identiche presso tutti gli elettorati, pur con accentuazioni almeno in parte differenti.
Richiesti però di una previsione su quali saranno i settori su cui si concentrerà la manovra, la maggioranza relativa non sa esprimersi (37%) e diminuiscono sensibilmente coloro che allineano richieste e interventi, che cioè pensano che la manovra risponderà effettivamente alle attese prima manifestate. L’esempio più evidente è relativo alla sanità: il 36% esprime la speranza che si intervenga in questo settore, ma solo il 10% pensa che lo si farà effettivamente. Cresce invece la percezione che la manovra interverrà sul fisco, cosa peraltro corretta, visto che si interverrà innanzitutto sul cuneo fiscale.
Nel giudizio sull’efficacia della manovra emergono grandi perplessità: meno di un terzo, infatti, pensa che essa avrà un influsso positivo sulla crescita del Paese, mentre la maggioranza assoluta (53%) ritiene che sostanzialmente non ci saranno effetti. Anche qui differenze nette per orientamento politico: vedono rosa gli elettori di FdI (due terzi scommettono sugli effetti positivi), ottimisti ma con evidenti aspetti critici gli altri elettori di centrodestra, fortemente negativi gli elettori di opposizione. Prevale infine la certezza che a beneficiare di queste scelte non saranno i più poveri: lo pensa solo l’11%, mentre il 27% ritiene che ne beneficerà chi è già ricco e il 15% crede che se ne avvantaggerà il ceto medio. Sono gli elettori di centrodestra a pensare che staranno meglio i meno ricchi, mentre l’opposizione vede una manovra sbilanciata verso i più abbienti.
Il Superbonus
Per il 32% ha creato una «voragine», per il 30% è costato molto ma ha portato benefici
Rimane infine da dire del Superbonus, fortemente criticato dal governo e imputato di aver danneggiato i conti pubblici. I pareri espressi dai nostri intervistati vedono sostanzialmente appaiate due opinioni: la prima (32%), nettamente critica, di chi ritiene che il Superbonus abbia aperto una voragine nei conti pubblici; la seconda (30%) più sfumata, di chi da un lato ritiene che si sia aumentata la spesa pubblica, ma pensa anche che il Superbonus abbia apprezzabilmente contribuito alla crescita del Paese dopo la pandemia. Solo pochi infine (12%) assolvono del tutto questo provvedimento. Emergono prevedibili le differenze per orientamento politico, con la demonizzazione da parte degli elettori di FdI, le forti critiche degli altri elettori di centrodestra, il parziale salvataggio da parte degli altri e in particolare degli elettori pentastellati.
I dati di oggi confermano la sensazione di «disincanto» che abbiamo cominciato a vedere agli inizi di questo mese trattando delle opinioni sul governo. Calano le attese e si riducono le speranze di ripresa e di risposte ai ceti più in difficoltà. Il rischio, per chi guida il Paese, è che la delusione lasci progressivamente posto al risentimento.