la Repubblica, 1 ottobre 2023
Un tentativo di ripopolare sette piccoli paesi di montagna friulani
DI FRANCESCA SANTOLINI Savogna è un piccolo Comune di 356 anime nelle Valli del Natisone, nel cuore d’Europa, un ideale punto di incontro fra la cultura latina e quella balcanica.Siamo in Friuli-Venezia Giulia, “paese di temporali e di primule”, scriveva Pasolini nel più friulano dei suoi libri, e qui è in corso un vero e proprio esperimento di “welfare di prossimità”, basato sull’accoglienza e su un’idea rinnovata di condivisione.Proprio nei giorni scorsi ci sono state le prime visite di chi ha partecipato al progetto sperimentale “Vieni a Vivere e Lavorare in Montagna”, ideato dalla cooperativa sociale Cramars e dalla Fondazione Friuli per ripopolare antichi borghi montani della Carnia. Un progetto pensato per tutte quelle persone che ricercano uno stile di vita all’insegna della qualità, a stretto contatto con la natura, lontano dai grossi centri urbani. Ma anche un modo per arginare la frana demografica con cui da decenni sono alle prese in questo pezzo di montagna friulana.Sono sette i Comuni che hanno scommesso su questa opportunità di futuro: Comeglians, Resia, Resiutta, Stregna, Savogna, Tramonti di Sopra e Tramonti di Sotto. Una scommessa vinta, vista l’enorme e inattesa adesione. Sono trecento le domande arrivate ai Comuni, con tanto di lettera di motivazione, ma complessivamente le persone coinvolte sono quasi 700, di diverso livello sociale: nonne multitasking, giovani, psicologi, ingegneri ma anche liberi professionisti che desiderano “provare a vivere” nella montagna friulana.Nessuna casa gratuita o a prezzi stracciati, né facili promesse di lavoro, bensì sette comunità che si mettono a disposizione per promuovere il proprio territorio e accogliere i nuovi abitanti: «Abbiamo ribaltato il paradigma dalle cose alle persone – precisa subito la presidente della cooperativa Stefania Marcocci – da un anno e mezzo stiamo lavorando con sette comunità che si sono messe in gioco per sviluppare la possibilità di essere “comunità accogliente” nei confronti di quanti vogliano realizzare un sogno: vivere e lavorare in montagna». Chi decideràdi trasferirsi, verrà aiutato a integrarsi da persone del luogo, veri e propri ciceroni.«Mi è piaciuta l’idea di essere accompagnati dalla comunità nell’inserimento e di ricambiare mettendosi a servizio delle iniziative sociali». Claudia ha 32 anni, è originaria del lido di Venezia, ed è un’insegnante di scuola primaria: «La città non fa per me, abbiamotanta scelta ma siamo sempre più soli. È un sogno della mia vita, vivere in un luogo vicino a boschi e fiumi, in cui si riesca a ricostruire il valore della comunità, intesa come “l’intero villaggio” indispensabile per far crescere ogni bambino nel modo migliore, come sostiene un famoso detto africano». Chi decide di rimanere, a sua volta, dovrà fare un anno di volontariato all’interno di un’associazione locale, è una catena: «Un risultato non atteso dal progetto è l’aver riattivato le nostre comunità, perché l’obiettivo non è solo riempire le case vuote, ma integrare il nuovo potenziale abitante con il tessuto sociale attuale e creare comunità», racconta la sindaca di Savogna Tatiana Bragalini.«Abbiamo intercettato, in modo più o meno consapevole, un bisogno piuttosto diffuso di uno stile di vita diverso, che viene identificato nella montagna», prosegue Marcocci.Ma da dove viene questa voglia di montagna? Il cambiamento climatico, con le ondate di calore estive in particolare, sta giocando a favore delle terre alte e il Covid ha restituito senso ed appartenenza alle comunità locali, soprattutto a quelle che sanno reinventarsi. La ragione più profonda è però più difficile da spiegare a parole. Il grande alpinista Ed Viesturs, a chi gli chiede perché vada in montagna, risponde: «Se me lo chiedi non lo saprai mai».