La Lettura, 30 settembre 2023
Il testamento di Cormac McCarthy
Prima di morire quasi novantenne, il 13 giugno scorso, Cormac McCarthy ha scritto due romanzi: Il passeggero, pubblicato in Italia a maggio, e Stella Maris, uscito in questi giorni e che non ho ancora letto. Il passeggero è un testamento spirituale dove non conta tanto la storia quanto l’ultima volontà dell’autore, la sua visione finale della vita. Però la storia, pur se non declinata fino in fondo, è molto suggestiva e assolutamente novecentesca. Bobby Western (cognome non gratuito) è un sommozzatore, figlio di un fisico che costruì la bomba atomica a Los Alamos con J. Robert Oppenheimer (che «fumava come una ciminiera e aveva la tosse cronica e i denti guasti. Occhi di un azzurro folgorante. Un accento indefinibile. Quasi irlandese. Portava vestiti buoni ma che gli ballavano addosso. Non pesava niente»). Bobby è un fisico anche lui, ma poi diventa pilota di auto da corsa (!) e, infine, sommozzatore (!!). In quest’ultima veste si imbatte in un jet precipitato nel delta del Mississippi con i nove cadaveri dei passeggeri ancora compostamente seduti ai loro posti. Ci sono cose che non tornano. Secondo la lista d’imbarco, le persone a bordo erano dieci. Nessun giornale riporta la notizia dell’incidente. E due figuri, vestiti come i Blues Brothers ma senza allegria, al servizio di qualche segreta agenzia governativa, importunano, interrogano, perseguitano Bobby. L’uomo è già provato di suo dalla storia familiare: aveva una sorella bellissima, Alicia, genio matematico, mattissima (vittima di allucinazioni capitanate da un inquietante focomelico), suicida. Fratello e sorella si amavano, incestuosamente. E lui la ama ancora, disperatamente. Trama epocale, ambiziosa (troppo?) narrata di sghimbescio attraverso i dialoghi di molti personaggi e non facile da seguire (ma McCarthy è un maestro difficile, alla stregua di James Joyce, William Faulkner, Malcolm Lowry). Direte: e il testamento di cui si parla all’inizio? Lo apriremo la prossima volta.