La Lettura, 30 settembre 2023
Biografia di Geppetto
Figura di padre che ha plasmato l’immaginario collettivo? Certo. Falegname (anche se tecnicamente non lo era) tra i più celebri della narrativa mondiale? Altrettanto vero. Ma siccome i grandi personaggi dei romanzi crescono con il tempo, si può scoprire che Geppetto è anche altro. Da quel blocco di legno, «un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze», Geppetto estrae «vivo» il suo burattino meraviglioso, un insieme di coni, sfere, cilindri, la sporgenza sottile del naso: forme di un personaggio imprendibile, in tutti i sensi. E se così quel vecchio bizzarro diventa di diritto il primo designer della letteratura, la sua creatura è un pezzo clamoroso di made in Italy, interpretato e declinato all’infinito in questi 140 anni, trasformato in macinapepe, vaso, imbuto, sgabello, portacandele... Per questi motivi, e per festeggiare il compleanno del libro italiano più tradotto, l’Adi Design Museum di Milano ha deciso di produrre la mostra Carissimo Pinocchio. Designer e grafici italiani ridisegnano il burattino più famoso del mondo. Inaugurazione il 29 novembre. Con, tra gli altri, 62 progetti inediti.
L’esposizione è curata da Giulio Iacchetti, designer che tra i vari riconoscimenti può contare due Compassi d’oro (nel 2001 e nel 2014, oltre a due menzioni d’onore) e il Premio dei Premi per l’innovazione (2009). «La mostra – spiega – nasce dall’idea condivisa che Pinocchio appartiene all’immaginario di tutti, è un regalo dell’Italia al mondo, così birbante, radicale e tenero, potentissimo. Vivo fin da subito: Geppetto deve solo estrarlo dal blocco di legno. Ecco, questo ottenere tutto dal niente è, secondo me, l’essenza del fare design italiano». Altro aspetto fondamentale: «A differenza di altri personaggi delle favole e non solo, Pinocchio non ha una configurazione precisa, lo abbiamo visto illustrato in tanti modi diversi, non ne esiste uno definitivo. E allora questa continua reinterpretazione formale fa di lui una magia geometrica: con pochi segni grafici lo si rende subito riconoscibile, tutti possono disegnarlo. Partendo da queste riflessioni ho chiesto a 31 designer e 31 grafici di scrivere una lettera a Pinocchio». Fatta di oggetti e illustrazioni.
La mostra – il progetto è di Matteo Vercelloni – si snoderà lungo quattro aree tematiche. Una prima parte, iconografica, raccoglierà tavole e volumi che ripercorrono 140 anni di edizioni. Quindi, dopo la riflessione sul libro, una seconda sala accoglierà i pezzi del design italiano che negli ultimi decenni hanno trovato ispirazione nella figura di Pinocchio, quelli entrati in migliaia di case, non solo italiane: l’imbuto Pino di Alessi creato da Stefano Giovannoni e Miriam Mirri; il reggilibro Pinocchio di Alfredo Häberli per Danese, poi posate, cavatappi (come quello di Alessandro Mendini, sempre per Alessi), lampade. Un trionfo di creatività per una figura eternamente sfuggente.
Terza sezione, quella inedita, il cuore dell’esposizione con i 62 Pinocchi nuovi. Da capogiro. E non è una metafora: l’allestimento della mostra prevede che i 31 espositori con altrettanti manufatti siano disposti a cerchio. Al centro di questa «corona» di Pinocchi (i cui «Geppetti» del 2023 sono tra gli altri Matteo Cibic, Duilio Forte, Matteo Ragni, Elena Salmistraro, Paola Navone, Luca Madonini), sarà montata una giostra rotante, di quelle che si vedono al parco, con la pedana e il corrimano. Basta spingersi e via, il Paese dei balocchi prende forma. Un caleidoscopio di burattini racconta la capacità del design italiano di realizzare oggetti «dotati di anima, visto che in fondo la creatura di Collodi è stato il primo manufatto portatore d’anima...».
Non aspettatevi, però, il «solito» design applicato alla vita quotidiana, come quello che si vede – e si compra – nelle fiere. Il curatore avverte: «Sono pezzi dichiaratamente inutili: ho detto ai designer di non farsi tormentare dalla funzione. Lo ripeto, volevo in mostra oggetti “inutili” come una poesia o una canzone, 31 “lettere solide” rivolte a Pinocchio». Per quelle bidimensionali, cioè le grafiche con gli altri 31 Pinocchi inediti (tra i nomi in rassegna Paolo Berra-Studio Grand Hotel, Alex Calcatelli, Omar Tonella, Chiara Cognigni), bisognerà raggiungere il retro della quinta circolare. «Pinocchio – continua Iacchetti – è una figura ancestrale che si presta a esercitare più funzioni. Il naso bidimensionale può essere il manico di un tagliere, quello tridimensionale un portaoggetti. La sua forma semplice arriva direttamente al cuore, ha una forza propulsiva che Arlecchino e Pulcinella, molto più vecchi di lui, non hanno. Pinocchio non è mai stato solo un burattino: ci interroga e ci chiede: cosa sono io? E cosa siete voi?». Non a caso in mostra ci sarà anche uno specchio. L’esposizione – che rimarrà aperta fino al 4 febbraio 2024 – si concluderà con i disegni che un altro maestro del design, Andrea Branzi, ha dedicato alla sua ossessione, contenuta anche nel volume Pinocchio? (Libri Scheiwiller, 2023).
Archetipo e simbolo, Pinocchio provoca, reclama, chiede. Soprattutto onestà, lui mentitore seriale. Su questo tema insiste Luciano Galimberti, presidente di Adi, l’associazione per il disegno industriale: «La mostra diventa un’occasione di riflessione sulle piccole o grandi bugie che il design ha detto, a sé stesso e alla società. Per esempio rispetto a certe ideologie che immaginavano spazi abitativi così minimali da poter essere abitati solo da persone dotate della forza spirituale di san Francesco; o rispetto ai bisogni che venivano indotti dal consumismo. Riflettere sul ruolo delle menzogne, sulla loro utilità consolatoria, è occasione importante per misurare il progetto di design riformista che il nostro tempo, lontano dalle ideologie o dagli -ismi postideologici, deve affrontare».